sabato 17 marzo 2012

Da inizio anno al 17 febbraio scorso sono otto i detenuti che si sono tolti la vita e 21 è il totale dei decessi avvenuti nelle carceri, di cui 9 per cause ancora da accertare. Nel 2011 si sono suicidati 63 detenuti (38 italiani, 25 stranieri) su un totale di 186 persone decedute per cause naturali o da accertare (in 23 casi sono in corso indagini giudiziarie).
Dal 2000 al febbraio 2012, si sono uccisi 700 detenuti e ammonta a 1.954 il totale dei “morti di carcere”. Con l’obiettivo di prevenire e ridurre i tentativi di suicidi nelle carceri, con provvedimento del 2 marzo scorso, il capo del Dipartimento amministrazione penitenziaria, Giovanni Tamburino, ha disposto con effetto immediato la riattivazione dell’Umes, l’Unità di monitoraggio degli eventi di suicidio, che da direttore dell’ufficio studi del Dap aveva attivato nel 2001, anno in cui si toccò un picco di 69 casi di suicidio. L’Unità ha l’incarico di verificare l’applicazione e l’efficacia delle direttive emanate dal Dipartimento, a partire dal 2000 per la prevenzione del fenomeno.
Il carcere fa vittime anche tra le fila della Polizia Penitenziaria: dal duemila ad oggi, 85 per suicidio e 6 per incidenti sul lavoro. I numeri sono della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato, che ha approvato nei giorni scorsi il “Rapporto sullo stato dei diritti umani negli istituti penitenziari e nei centri di accoglienza e trattenimento per migranti in Italia”. Con la presidenza di Tamburino, l’unità di monitoraggio è composta da Simonetta Matone, vice capo dipartimento, Luigi Pagano, vice capo dipartimento, Calogero Piscitello, direttore generale del personale e Pietro Buffa, direttore della casa circondariale di Torino. Per Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, l’Umes “è uno strumento che serve, ma una buona efficienza penitenziaria - sottolinea all’Adnkronos - può avere una grande capacità dissuasiva rispetto ai tentativi di suicidio. Dobbiamo per esempio facilitare la possibilità per i detenuti di telefonare e parlare con i propri parenti, nei momenti in cui ne hanno bisogno”. “Un detenuto al quale viene in mente di togliersi la vita ed è disperato - sottolinea Gonnella - e telefonando a una persona che lo ascolta, può essere una madre o una moglie, potrebbe svelare quella sua disperazione oltre che trovare elenenti che possano dissuaderlo dal proposito. Se invece la telefonata si fa solo la mattina alle 10 -conclude il presidente di Antigone- questo non potrà mai avvenire”. (Adnkronos - 12 marzo)



sabato 10 marzo 2012

LE DICONO CHE HA ARIA NELLA PANCIA, MA E' UN TUMORE

DENUNCIA BERNARDINI (RADICALI),TUTELARE SEMPRE DIRITTO SALUTE 

(ANSA) - ROMA, 9 MAR 

Aveva forti dolori addominali, ma secondo il medico del carcere non aveva nulla di grave, solo aria nella pancia. Dopo diversi giorni ed altri accertamenti le e' stato diagnosticato un sospetto carcinoma, una massa di tipo cistico di oltre 30 centimetri, piu' due altre formazioni a carico dell'ovaio. La donna, una detenuta del carcere romano di Rebibbia e' stata cosi' sottoposta a un intervento chirurgico per asportare ovaie, utero e appendice. Il caso e' stato denunciato in Commissione Giustizia, con una interrogazione parlamentare, dalla deputata radicale Rita Bernardini.
La donna 'reclusa con ancora sei anni da scontare e ammessa al lavoro esterno (articolo 21) - spiega la deputata - prestava servizio in un laboratorio del Consorzio Artemisia poco distante dall'istituto, dove lavorava pelle e cuoio. Ed e' proprio alla presidente volontaria del Consorzio che la donna si era rivolta alla comparsa dei dolori, il 14 gennaio scorso. Su sua indicazione, la detenuta si era cosi' fatta visitare dal medico del carcere, il quale 'in modo alquanto infastidito' le aveva detto che non c'era nulla di grave, ma semplicemente aria, come riferito l'indomani dalla detenuta alla volontaria.
Rassicurazioni erano arrivate anche dalla radiologa del carcere che alcuni giorni piu' tardi aveva eseguito l'ecografia addominale riscontrando la presenza nella pancia di aria e liquido, mentre il 20 gennaio la dottoressa di turno a Rebibbia le aveva consigliato di sottoporsi a una Tac in una struttura privata esterna e di concordare con un medico, sempre privatamente, un ricovero per fare ulteriori accertamenti'.
Secondo il racconto della Bernardini, 'il giorno successivo la detenuta, in preda a dolori fortissimi, viene portata al pronto soccorso del policlinico Umberto I dove le viene diagnosticato un 'sospetto carcinoma ovario', mentre la Tac mette in risalto una 'massa di tipo cistico di oltre 30 centimetri che comprime sigma e dislocazione utero e vescica, pancreas, reni e area mesenterica'. Piu' due 'altre formazioni a carico dell'ovaio''.
'Il diritto alla salute, sancito dall'articolo 32 della Costituzione - rappresenta un diritto inviolabile della persona umana' ma 'il trattamento sanitario riservato alla detenuta in questione non e' conforme alle leggi dello Stato', conclude la deputata radicale che ai Ministri della Giustizia e della Salute chiede nell'interrogazione di fare chiarezza sulla vicenda per 'individuare eventuali responsabilita' e assicurare un'adeguata tutela del diritto alla salute dei detenuti'.(ANSA).

venerdì 9 marzo 2012

Carcere di Pontedecimo: “Struttura efficiente ma pesanti contraddizioni”


Piredda in visita al carcere di Pontedecimo: “Struttura efficiente ma pesanti contraddizioni”

Genova. “Una struttura molto efficiente con personale preparato, che però soffre di pesanti contraddizioni che devono essere risolte”. E’ questo il primo commento della consigliera regionale Maruska Piredda al termine della visita al carcere di Pontedecimo.
“La contraddizione tra chi cerca di svolgere al meglio il suo lavoro e si ritrova di fronte a carenze strutturali pesantissime” dice Piredda.
Il carcere di Pontedecimo è l’unico carcere femminile della Liguria. Attualmente le detenute sono 95, di cui 53 extracomunitarie. La capienza ottimale sarebbe di 45 detenuti. Dal 2005 nel carcere è stata aperta una sezione maschile, dove oggi sono presenti 88 detenuti di cui 52 extra-Ue.
“Il contesto è molto curato anche grazie ai lavori di ristrutturazione realizzati la scorsa estate: ci sono spazi per i laboratori e nuove aree per i colloqui con i famigliari” spiega Piredda. In carcere con una detenuta c’è anche un bamino: “Per la legge non dovrebbe stare qui ma in strutture ad hoc per detenute madri con figli piccoli, ma in Liguria queste strutture non sono ancora state realizzati”.
I tagli delle varie Finanziarie intanto si stanno facendo sentire: “Gli operatori ci hanno detto che spesso a mancare sono i beni primari, dai generi alimentari alla benzina per le macchine della penitenziaria, è difficile lavorare bene in questo modo” dice la consigliera regionale.
Un problema specifico riguarda la sanità carceraria che, dal 2010 è di competenza della Asl3: “Il medico in carcere è presente fino alle 15. Dopo resta solo un infermiere e la sera più nulla: se un detenuto si sente male occorre chiamare il 118″.
Il ginecologo va a Pontedecimo una volta alla settimana, il dentista due, ma per tutte le visite specialistiche occorre “tradurre” i detenuti verso gli ospedali vicini e questo comporta tempi e costi notevoli: “Alla mia domanda su cosa sarebbe più utile per migliorare il suo lavoro il medico del carcere ha risposto un ecografo,per evitare di andare a far visite continuamente fuori dal carcere” ha spiegato Piredda che ha assicurato che presenterà al più presto un’interrogazione in Regione.
Katia Bonchi
fonte:http://www.genova24.it/         





martedì 6 marzo 2012

OSSERVATORIO sulla REPRESSIONE: Caso Uva: "C'era molto sangue sui jeans di Beppe "...

OSSERVATORIO sulla REPRESSIONE: Caso Uva: "C'era molto sangue sui jeans di Beppe "...: Il sangue trovato sul cavallo dei pantaloni che indossava Giuseppe Uva appartiene a lui stesso e ha un’origine anale. Tuttavia, non si re...

La giustizia dell'uomo.







Aprile1985: due macchine con a bordo varie persone(anni dopo una parte di loro implicate  e poi condannate in sede definitiva per un delitto di un commerciante di nome Giovanni Battista Pinna)erano in procinto di fare una rapina.Una delle vetture  venne bloccata dai carabinieri e all'interno vennero trovate delle armi.La macchina risultò rubata al magistrato Sergio De nicola.il P.M. che arrestò ingiustamente per il delitto del commerciante Aldo Scardella sempre lo stesso inquirente che non colse il nesso assieme al capo della squadra omicidi di allora Oreste Barbella ,tra alcuni dipendenti  che lavoravano dal commerciante ,con le persone fermate dai carabinieri:quei dipendenti erano amici e parenti con alcuni di quei malavitosi fermati dai carabinieri.Dodici anni dopo a seguito della nuova inchiesta ,che portò a escludere in maniera inequivocabile il coinvolgimento di Aldo, gli amici e parenti di alcune persone fermate dai carabinieri nell'aprile 1985 che lavoravano nel negozio del commerciante furono identificati e interrogati uno di questi accusato di essere il basista.
Il 23 dicembre 1985,verso le ore 22,30,tre individui armati e mascherati fecero irruzione in un supermarket di Cagliari.Rimase ucciso,con tre colpi d'arma da fuoco,il titolare:Giovanni Battista Pinna.Assieme a lui vi era il genero,Marco Collu,per il quale ancora oggi non è chiara la dinamica della fuga dai rapinatori assassini.Il giorno dopo gli investigatori,chiamati da una donna,rilevarono,in un giardino vicino al supermarket e a due palazzi da casa nostra,un passamontagna usato presubilmente,secondo gli inquirenti,dai malviventi.La donna trovò il copricapo bel occultato,ma i poliziotti scrissero nel verbale che era ben visibile.Il 26 dicembre 1985 il capo della squadra omicidi, Oreste Barbella,procedette alla perquisizione in casa Nostra,poichè una fonte anonima,mai registrata dalla polizia e dall'autorità giudiziaria,dichiarò al dirigente di avere notato mio fratello Aldo,due o tre giorni prima della rapina-delitto,passare nei pressi del supermarket in compagnia di altre due persone.Daltronde,da dove sarebbe dovuto passare se quello era il passaggio obbligatorio per tornare a casa?
La mia famiglia venne sottoposta a interrogatori e a esami giudiziali,mio fratello Mario fu protagonista di una prova oscena:un cane doveva annusare il copricapo incriminato e individuarne il proprietario.I poliziotti che rilevarono il passamontagna erano l'ispettore Sergio Suergiu e l'ispettrice Maria Paola Pani,ora vice prefetto aggiunto a Cagliari:furono sempre loro a predisporre con il P.M. De Nicola l'esperimento giudiziale nel quale venne coinvolto anche Mario.Il copricapo dimostrava "l'umidità"della notte,questo era in evidente contrasto con il rilievo avvenuto alle ore 13,cioè dopo diverse ore "diurne" durante le quali l'indumento-per di più se posto all'esterno del cespuglio-avrebbe  avuto tutto il tempo per asciugarsi.L'umiliazione fu lacerante,Mario era un briganiere della Guardia di Finanza e non resse a quella umiliazione:dodici mesi dopo la morte di Aldo,Mario morì di leucemia.Colpevole di essere stato il fratello dell'indiziato Aldo Scardella accorso in questura solamente per sapere notizie in ogni caso  avrebbero dovuto esonerarlo dal'esperimento per motivi di opportunità.Giudicate voi come è morto.Mio fratello Franco che anche lui fu sottoposto anche lui ad esami giudiziali gli fu chiesto dal P.M. De Nicola di firmare un verbale di interrogatorio,ma poichè quanto riportato nel verbale non corrispondeva a quanto detto,mio fratello si rifutò di firmare e a quel punto  fu sottoposto a minacce,come del resto mia madre:interrogandola in piena notte per tante ore,ma ciò nonostante,non firmò.I magistrati nelle loro argomentazioni hanno sempre considerato quel verbale non firmato da Franco come una testimonianza..Gli inquirenti sapevano inoltre dove fosse stato trovato il passamontagna e non fecero nessun comunicato alla stampa quando dichiarava incessantemente:che il copricapo era  trovato nel nostro giardino.Tutto questo motivò i giustizieri a procedere contro di noi,con dispetti ,danneggiamenti.. ormai eravamo diventati i parenti dell'assassino..Franco è morto in un incidente in mare in una splendida giornata di sole nel giugno del 1992.Magistrato di turno era Enrico Altieri lo stesso che fu di turno in cui morì Aldo e si occupò della censura dei telegrammi in cui invitammo Aldo alla nomina dell'avvocato Anedda, sembrerebbe che con De Nicola preparò a risposta in parlamento all'iterrrogazione del mio amico Marco Pannella:la risposta non fu fedele alla realtà dei fatti.Anni dopo,lo si vede ancora come P.M.:sosteneva che Aldo non si voleva uccidere bensì simulare un suicidio per uscire dall'isolamento..(speriamo che quando muoia io non ci si sia sempre lui se no l'inchiesta la chiudono dopo venti secondi)e chi si occupò degli accertamenti per la morte di Franco era il procuratore Mura.Gli agenti che fecero irruzione mandati dal commissario Barbella procedetterò con la motivazione dell'art.41 delle leggi di pubblica sicurezza:ovvero quando vi è un sospetto che in una casa ci siano armi o materiale esposivo,non è necessario il mandato del magistrato.Eppure non sussisteva alcun collegamento di Aldo con le armi.Ricordiamo che per procedere, anche in quei casi, ci vuole l'indizio di reato.Inoltre nel rapporto che redasse tre giorni dopo l'omicidio,l'ispettore Giuseppe Rotella alla dirigenza della squadra mobile menzionò Aldo come uno degli autori dell'efferatto delitto.La fonte gli avrebbe riferito questo,invece l'ispettore non avrebbe mai contattato l'informatore,lo disse espressamente lui quindici giorni dopo al magistrato De Nicola:(Quando l'ispettore Rotella testimoniò davandi al P..M. De Nicola,sarebbe dovuto scattare il reato di calunnia ai danni di Aldo per avere scritto nel rapporto che la fonte lo indicava come l'assassino o quanto meno chiedergli conto di quella grave incongruenza.15 anni anni dopo in un processo dove poi condannarono altri persone per il delitto per il quale fu accusato ingiustamente Aldo l'ispettore Sergio Suergiu disse la stessa frase di Rotella e anche altro.. e anche in quella circostanza i magistrati rimasero a guardare pur conoscendo gli atti della vicenda.Tempo dopo il sottoscritto denunciava il L'ispettore Suergiu per  calunnia alla memoria di un morto innocente) All'indomani dell'efferato delitto del commerciante,gli investigatori commentarono alla stampa:"chi ha sparato è un "frillo"(il termine usato fu davvero "frillo",forse intendevano dire "schizato",o inetto").non solo commisero un grave errore ad arrestare Aldo,ma furono anche penosi nel tentativo di individuare la psicologia del soggetto criminoso,visto e considerato che i personaggi coinvolti anni dopo per l'omicidio del commerciante,erano malavitosi affermati.Si rileva dagli interrogatori svolti dal P.M. Sergio De Nicola,che il maggior "indizio" di colpevolezza lo ricavò dal fatto che Aldo,che la mattina del giorno dopo di a quello in cui avvenne il delitto,comprò,come era sua abitudine,il giornale.E al magistrato parve strana quella sete di notizie.Il difensore Gian Franco Anedda chiese la scarcerazione per assoluta mancanza di indizi,considerando anche il fatto che la prova del guanto di paraffina era risultata negativa.Ma il magistrato rispondeva in un istanza che il guanto di paraffina non lo scagionava,perchè poteva essere tra quelli che non aveva sparato.In pratica,  nel momento stesso che il P.M. De NIcola pubblicava quell'istanza, lo scagionava:De Nicola aveva emesso il 29 dicembre del 1985 un ordine di cattura identificando nella persona di mio fratello,seppur basandosi soltanto sull'altezza,come quello che sparò al commerciante..poi rispondendo al difensore dichiarava che poteva essere tra quelli che non avevano sparato.Sarebbe bastato questo a dichiarare la custodia cautelare nulla.Anzi tutta la procedura doveva essere dichiarata nulla sin dall'inizio,da quando non gli permisero di nominare un avvocato difensore per una settimana dal momento dell'arresto.Il giudice istruttore Carmelina Pugliese e il Tribunale delle Libertà,composto da Carlo Piana,Francesco Sette e Bruno Alfonsi ebbero modo di vedere di verificare quella grave incongruenza,ma nulla fecero,tennero segregato in isolamento per sei mesi un  ragazzo per dei semplici sospetti o meglio per un giornale e perche aveva la stessa altezza di uno dei banditi quando all'epoca con quell'altezza c'era mezza Sardegna maschile.Strano trattamento per un censurato nemmeno al capo di cosa nostra fecero un trattamento del genereI magistrati Carlo Piana,Francesco Sette e Bruno Alfonsi col giudice istruttore Carmelina Pugliese avvallarono,le "incongruenze del P.M. De Nicola(si vedano il provv.del G.I. del 04-02-1986 e l'ordinanza del T.d.L. del 24-01.1986).Detti oprgani di giustizia hanno pertanto una indiscutibile responsabilità della carcerazione di Aldo Scardella...sì tratta di una responsabilità anche più grave.per essere emersa in sede di riesame,quindi con una maggiore possibilirà di riflessione e di valutazione degli elementi?Il Giudice Istruttore Carmelina Pugliese non interrogò mai mio fratello nonostante la legge glie l'ho imponesse obbligata anche dal fatto che Aldo era stato denunciato per presunto  reato di oltraggio nei confronti di due servitori dello  Stato.Reato che si contestava per direttissima invece a  lui gli è stato contestato dopo 13 giorni dopo nel primo, nell'altro neanche l'hanno sentito.Aldo fu arrestato nel momento in cui fu accreditata l'ipotesi di un delitto per vendetta(sentenza)ma a lui fu contestata la motivazione della tentata rapina.Circa tre mesi dopo la morre del commerciante il perito balistico Luchi confermava nella sua relazione l'ipotesi della vendetta nella quale il P.M. De Nicola la faceva sua sollecitando il giudice Pugliese, con ampie argomentazioni a riguardo, a indagare su quel versante..ma nonostante ciò Aldo rimaneva in carcere con la motivazione della tentata rapinaAldo Scardella venne trovato impiccato nella sua cella il 02 luglio 1986, ancora oggi la sua morte è circondata da molti dubbi e misteri.Il giorno della sua morte la direzione carceraria avvisò telefonicamente l'ufficio istruzione di Carmelina Pugliese per motivi legati allo stato di Isolamento di cui pativa Aldo ma il motivo principale di quella telefonata è ancora oggi oggetto di mistero.Di certo si sa che il giudice confermava l'isolamento.e dopopo che ore Aldo venne trovato impiccato.Dagli atti del C.S.M. nell'anno 1986 si rileva che il giudice Pugliese accusò ;ingiustamente,davanti ai supremi giudici il prof.Luigi Concas del foro di Cagliari.:lo riteneva responsabile di tutti gli attacchi dei media nei suoi confronti in relazione alla vvicenda di mio fratello;inoltre,secondo il giudice in questione,fu a causa sua di tale avvocato che non potè interrogare Aldo,poichè in quel periodo dovette andare a Roma per essere ascoltata da alcuni giudici a causa di un esposto che proprio l'esimio avvocato aveva sposto nei suoi confronti.Nel giugno 1998 la giudice venne intervistata dal giornalista Sardo Giorgio Pisano, dichiarava: che per chiarire quella vicenda avrebbe dovuto riferire i rapporti con alcune persone,dell'ambiente di lavoro e altro.Come andavavano le cose al palazzo di giustizia di Cagliari.Quindi sarebbe stato scomodo per molti:giudici,avvocati e altro.Il giorno si aspettava una replica degli avvocati Sardi,invece un silenzio tombale.Il ministro della giustizia di allora Mino Martinazzoli diede disposizione dopo la morte di Aldo di togliere tutti i detenuti d'Italia dall'isolamento..dopo che una cella si era aperta aperta riempendo di luce un cadavere penzolante sinistramente dalle sbarre:effetto Scardella ha tuonato radio carcere,quel morto ha fatto un piccolo miracolo.L'ingiusta incriminazione di Aldo  e la prolungata sua detenzione in regime d'isolamento,conclusasi solo con la morte dell'imputato,scossero all'epoca dei fatti l'opinione pubblica locale e nazionale,creando un vasto movimento d'opinione sul tema della giustizia in Italia e su quello,in particolare della responsabilità dei magistrati...
Il caso a lungo irrisolto,tornò nelle pagine dei giornali a seguito della riapertura delle indagini e successiva condanna di due esponenti della malavita Cagliaritana,appartenenti alla cosidetta banda di Is Mirrionis,quartiere di Cagliari ad alto tasso di criminalità.Il caso poi continuò ancora con un'altra serie di colpi scena,anzi si può dire che non è ancora conluso...negli anni non si è mai smesso,anche a costo di dare fastidio,di cercare la verità sulle vere cause dell suo arresto e della sua morte provocando diverse reazioni in un sistema corrotto e farraginoso..
Il suo caso giudiziario grazie anche al nostro apporto servì per affrontare in Parlamento nuove proposte e iniziative di legge come l'isolamento e l'interrogazione di garanzia infatti 3 anni dopo furono recepiti dal nuovo codice di procedura penale. 12 giugno 1990.Sentenza di proscioglimento di archiviazione degli altri indiziati del delitto del Bevimarket. Nella requisitoria del P.M. Mario marchetti e nella sentenza del giudice Roberto Melis: la fonte che permise al commissario Barbella di procedere all'irruzione in casa Scardella figura come testimone.Inoltre il P.M. Marchetti(sempre in questa sentenza) disse che Liberato Spina,un altro imputato, in sede di confronto con Aldo il 07-02-1986 ritrattò un fatto che dichiarò il 16-01-1986 sempre davanti al P.M..Questa rittrazione la confermò al G.I. il 28-02-1986Sempre in questa citata sentenza i magistrati sostennero che Spina il 28-01-1986 confermò ciò che disse al P.M. il 16-01-1986.Leggendo Marchetti sembra di vedere una giustizia presa come gioco.
Com'è possibile che una figura determinante dell'impianto accusatorio non sia mai stata in alcun modo identificata,neppure quando non si frapponevano più istruttorie,sopratutto in considerazione del fatto che sulla testimonianza,mezzo di prova in questione(del confidente),è stata basata più di una sentenza.(Come ad esempio:questa sentenza dove c'è Marchetti)Alla fine del 1996,un esponente della  della mala Cagliaritana,in un certo modo sensibilizzato da me,confessò il suo coinvolgimento per il delitto di cui fu accusato ingiustamente Aldo,e chiamò in causa altre persone le quali furono condannate in via definitiva.Il dato più desolante da questa vicenda processuale,è che tutta la mala Cagliaritana e come si rileva dagli atti processuali anche la polizia era a conoscenza della innocenza di mio fratello e se un giorno dovesse venire confermato anche i magistrati ne avevano avuto sentore.Nel 1988 e nel 1998 sono venuti allo scoperto altri due confidenti,le cui dichiarazioni sono state rilevate dall'ispettore Biagio Trapani,il quale in ambedue i casi fece una relazione di servizio che poi trasmise al dirigente della squadra mobile di Cagliari.Nella relazione del 1988,(trasmessa alla procura della Repubblicadi Cagliari nel 1997),il confidente indicò due nomi quali probabili killer del commerciante;uno di questi è colui che è stato condannato proprio per questo fatto.Nel 1989 il G.I. Roberto Melis chiese per iscritto,alla questura di Cagliari,se in merito all'omicidio del commerciante vi erano novità.La Questura rispose:che non vi era nessuna notizia...Nel 2000,riuscì ad ottenere dal  C.S.M la documentazione riguardante la morte in carcere, i supremi giudici mi fecero gentilmente osservare che se avessi divulgato il contenuto della documentazione sarebbe incorso in gravi conseguenze penali facendo riferimento ad una precisa norma della legge sulla privacy.In ogni caso, sto ancora aspettando gli atti dell'inchiesta del procuratore Gian Carlo Caselli piombato a Cagliari subito dopo la morte di mio fratello per poter finalmente avere una valutazione serena e globale di quell'incresciosa vicenda. Il plenum del C.S.M. fece figurare che il magistrato Sergio De Nicola svolse l'indagine sommaria nei termini consentiti,quando invece li oltrepassò eccome!Quell'infrazione comportava la scarcerazione immediata non era un interpretazione del magistratoNegli atti non si parla del fatto che per una settimana Aldo non ebbe la possibilità di nominare un difensore, nemmeno quello d'ufficio.Tutti questi atti illegitimi e altri ancora erano e sono rilevabili e visibili anche da altre inchieste parallele come l'istruttoria che ha coinvolto Aldo.Il procuratore Caselli è uscito indenne da varie "avventure"lavorative e certo non sarà il peso di un ragazzo ucciso a causa del comportamento processuale dei magistrati e ucciso tante altre volte sempre dai magistrati offendendone la memoria..a preoccupare la sua reputazione.Infine non è menzionato neanche che non gli fecero passare la biancheria personale incorrendo in questo caso in atti contro l'umanità,Maggio del 2002un crimine che mai si prescrive..alla mia richiesta il C.S.M. per avere gli atti di Caselli non mi rispose.invece la procura generale Nelle lettere ad Amnnesty Interrnational(che già scrissi nel 1998) e al Tribunale di Strasburgo Manifestavo tutta la mia amarezza per quello che stavo vivendo a causa di un sistema corrotto che influenzava tutto il nostro vivere civile. Espressi forti preoccupazioni sull'incomprensioni che avrei potuto avere con personaggi come il commissario Oreste Barbella e l'ispettore Sergio Suergiu.Sono stato un veggente poichè la fondatezza dei  miei timori venero confermati sette anni dopo con l'arrivo in casa mia della squadra mobile diretti all'epoca da Oreste Barbella.Il 21 giugno 2005 deci un esposto denuncia per omicidio volontario ai danni di Aldo alla procura di Cagliari dopo che riscontrai riscontrai che dall'autopsia gli fu menzionato del metadone.Ma guardando la cartella clinica non vi era menzionato il metadone,quindi decisi di vederci più chiaro e feci un istanza alle due carceri dove era stato recluso,chiedendo se avesse,nel periodo di dtenzione,fatto uso di metadone.Le carceri da me interpellate mi risposerò subito:egli non è mai durante la detenzione in terapia metadonica.Pensai tutto è spiegabile:magari glie l'hanno fatto avere in qualche modo ,ma non riuscivo a capire perchè i medici(il prof.Cortis in primis sino a poco tempo fa consulente della procura di Cagliari) fecero figurare nel referto autoptico quantità e dosaggi che avrebbe preso mio fratello visto che non era in terapia metadonica durante il periodo di detenzione.Mi opposi alla richiesta di archiviazione del P.M.Moi(18 novembre 2005) e il G.I:P: Malavasi (5 dicembre2006)mi diede ragione ma la procura fece ricorso in Cassazione ravvisando invasione di competenze del G.I.P.ai danni della procura.e in quell'occasione il Procuratore Mauro Mura col collega Moi organizzarono una conferenza stampa ponendo in rilievo le mie denuncie del passato ,tra i quali,quelle contro la polizia,(come se avessi denunciato Gesù Cristo)e un esposto,che invece non ho mai fatto.Credo in questo non l'abbiano fatto per male sicuramente non seppero leggere gli atti.Anche se non ho mai capito il nesso che c'era queste denuncie fatte contro la polizia con la denuncia per omicidio volontario ai danni di Aldo:che bisogno  c'era di darmi in pasto al ministero degli interni tanto e vero che anni dopo sentendosi legittimati da un procuratore le forze dell'ordine sono venuti a casa mia a intimorire me e mia madre:vecchia e malata.Vorrei ricordare a questi personaggi come Barbella che non è morto un loro uomo, se c'è qualcuno che ha avuto un familiare delle forze dell'ordine ucciso paradossalmente da altri tutori delle delle forze  dell'ordine con la complicità un P.M.quello sono io con la morte di Mario brigadiere del Guardia di Finanza.Alla fine del 2007 l'inchiesta venne archiviata nonostante sollecitassi un indagine più ampia.Nel 2009 ho richiesto la riapertura dell'indagini,credo che si avvicini un'altra archiviazione.Nel novembre 2009 fecero irruzione(poco tempo dopo la mia nuova istanza) in casa mia la polizia,e mi trovavo addormentato nella mia stanza.Mi sottoposero ad una serie di domande,ma mai che mi dicessero la motivazione della loro visita.Nell'occasione era presente,mia madre,anziana e affetta dal morbo di alzhemer,ed è stata testimone di tutta l'operazione delle forze dell'ordine.Alla fine,nel momento in cui mi stavano portando con loro,mi dissero che il mio scooter era simile(aveva lo stesso colore)a quello che aveva appena tentato di compiere un crimine.Ma il mio motore era freddo,sancendo con questo la mia estraneità al fatto delittuoso.La squadra mobile che è piombata in casa mia era diretta dallo stesso dirigente che rivelò le confidenze della fonte che nominò mio fratello,è sempre lui ordinò la perquisizione:Oreste BarbellaCome si suol Dire:ironia della sorte!!!Mio fratello fu arrestato e il luogo in cui fu ristretto lo venimmo sapere dopo 9 giorni anzi del suo arresto lo venimmo a sapere dalla stampa come la notizia della sua morte.A noi poteva stare bene un indagine rigorosa per quel terribile omicidio ma in questo caso con noi usarono un metodo Cileno invece con me e mia madre la squadra mobile di Cagliari ha usato un metodo mafioso e nazista!!:con la scusa di un colore.Utilizzando una procedura scorretta hanno messo in pericolo la vita mia e di mia madre in ogni aso hanno aggravato il nostro stato d'animo.Il 15 gennaio del 2010 presentai denuncia in procura di Cagliari per questo vergognoso episodio e a fine del 2010 la deputata Rita Bernardini presentava un un interrogazione parlamentare(ancora in attesa di risposta)Archiviata nel 2011  la denuncia(del 15 gennaio del 2010) contro la squadra mobile di Cagliari.la procura di Cagliari non mi ha dato la possibilità di fare opposizione nonostante avesse scritto di essere avvisato nell'eventualità che il P.M. richiedesse l'archiviazione.
Inoltre un avvocato di Cagliari,tale Alfonso Olla,,si è spacciato per il mio legale per ragioni di cui non so, e ha frugato negli atti dell'ultima istanza da me fatta per la riapertura del caso.In un primo momento il cancelliere del Tribunale di Cagliari impedì l'accesso ai documenti a me e al mio avvocato.Era presente anche la mia amica Simona Diotallevi(la quale ringrazio per lamicizia e il sostegno psicologico)perchè era convinto che quello che gli disse Olla fosse la verità.Anche se non capisco la loro faciloneria e superficialità:prima di dare una pratica si controlla,inoltre sino ad oggi che io  sappia nessun magistrato che abbia aperto un fascicolo.nonostante il cancelliere abbia preso atto del grave gesto di tale avvocato..Questo legale 26 anni fa nei primi accertamenti svolti dalla polizia per il delitto del commerciante,era l'avvocato d'ufficio degli indiziati,ricordo nel periodo della detenzione di Aldo Olla fu sottoposto ad un procedimento disciplinare e il il procuratore Giuseppe Testaverde invitò Sergio De Nicola a presiedere l'accusa ma egli si rifiutò.Il rifiuto di De Nicola portò a delle incomprensioni e malumori col procuratore influendo sulla carcerazione di Aldo,inoltre questo contrasto lasciò in completa autonomia De Nicola.In pratica mentre vi erano queste guerre a palazzo di giustizia lasciavano morire un innocente.Il procuratore Testaverde ricavò la netta impressione che l'isolamento venisse utlizzato con lo scopo di dar confessare e accusare  tra i magistrati sospettati di fare questo uso secondo Testaverde vi era anche Carmelina Pugliese.(Dagli atti del C.S.M)In quasi 30 anni che dura e persiste storia giudiziaria di mio fratello vi sono ancora coinvolti  molti degli personaggi di allora.Il procuratore Mura se non erro,nel periodo che arrestarono e morì Aldo era giudice di sorveglianza.Il P.M .Marchetti c'è stato un pò e poi è intervenuto anche quando dovevano dedicare una piazza ad Aldo :non era di parere positivo.Infine Il commissario Barbella e l'avvocato Alfonzo Olla.Tutto questo non mi sembra deontologicamente corretto!!Di recente una mia amica mi ha detto:Amica:Dobbiamo tutelare la nostra vita e tu in modo particolare devi difenderla ad oltranza la storia di tuo fratello ha dato fastidio a parecchia gente.Tutte le iniziative che hai intrapreso in questi anni giudiziarie e culturali,hanno provocato delle reazioni a catena.Inoltre quella lettera (1998)che girò in tutto il mondo convinse il responsabile del Consiglio d'Europa,Fabrice Kellens, a far intervenire in Italia il comitato della prevenzione contro la tortura..in relazione sopratutto alla cattiva gestione dei pentiti e degli informatori.. innervosì ulteriormente quella gente..Era evidente che quelle iniziative non erano tutta farina del tuo sacco poichè solo chi ti stava vicino all'epoca poteva comprendere e gestire la tua "follia".Nonostante tu sia stato e sei l'unico obiettivo di quelle persone infauste,ha colpito altre persone tra le quali lei.Desisti a cercare la giustizia fallo almeno per lei che ti salvò dal Tribunale peggiore:quello del popolo:E ti salvò da quel muro di indifferenza.Tu non lo devi a Dio che è la ragione per cui stai in piedi,non lo devi nemmeno al resto della tua famiglia sopravissuta..ma lo devi a lei!Cristiano:Mio fratello ebbe il destino di avere comprato un giornale la mattina del giorno dopo in cui accade quel tragico fatto di sangue e sicuramente per questa società era sbagliato anche lui.Io nel ripercorrere questa vicenda e nel cercare di contrastare la loro verità processuale e violando il loro sistema, che ha fatto acqua da tutte le parti , pur  andando  a vantaggio di un mondo, sempre più distratto ai problemi umani,non avrei dovuto neanche elemosinare dei documenti, che mi spettano di diritto,da me richiesti alla procura generale di Cagliari e gli atti al C.S.M relativi alle indagini di Caselli ,tanto che prima ero un ossessionato infine sono diventato un colpevole.La stampa ha assunto un atteggiamento blando nei confronti di quei magistrati non chiamando per il loro nome le irregolarità procedurali degli inquirenti, gli stessi operatori del diritto negavano tali abusi, come Giuliano Pisapia in una trasmissione televisiva dichiarava:che il vecchio codice di procedura penale non prevedeva l'assistenza di un avvocato nel momento in cui veniva arrestato,riferendosi al caso di Aldo.Credo che un avvocato debba favorire la giustizia non l'ingiustizia.Oggi più che mai mi sono reso conto cosa voleva dire Sciascia nella sua frase:la mafia si combatte col diritto.Amica:Cris,Pisapia è un politico!E come tutti politici:ha la predisposizione a sparare cazzate.Cristiano:Cara amica non si negano violazioni dei diritti umani tanto meno su persone martirizzate dalla giustizia è come negare l'olocausto degli Ebrei..Sono fermamente convinto,alla sintesi da me prodotta in questo scritto, che in questa storia dove ha coinvolto tutti miei fratelli e tutti gli altri come loro sia stato ordito un freddo e calcolato progetto criminale laddove i criminali sono proprio i tutori della legalità.Mi sento come un pugile all'apice della sua carriera,dopo aver sostenuto 120 incontri:sono troppo vecchio per stare ancora in questo ring:quella gente non dimentica.Amica:Tieni duro,Cris:devi partecipare,ospite inatteso,a molti funerali.
                                                                               P.S.
Credo che senza il fratello Cristiano,Aldo Scardella sarebbe morto il giorno in cui fu sepellito invece vive ancora con le leggi nate dal suo caso giudiziario e vive sopratutto per tutti le altre vittime di ingiustizie.Purtroppo i dormienti non possono rispondere a chi veglia e vuol sapere.
Dottoressa Daniela Concas.

lunedì 5 marzo 2012

Lettera di un detenuto di Villa Fastiggi: “Paghiamo la pena 3, 4 o forse 5 volte più di quel che ci spetta”


Da Giorgio Magnanelli, presidente dell’associazione Un Mondo a Quadretti, riceviamo la lettera di un detenuto della Casa circondariale di Villa Fastiggi, sulla situazione del carcere pesarese.
“In questi giorni di gelo, di freddo intenso siamo stati sommersi da metri di neve e valanghe di notizie che hanno riempito i media con storie tragiche, persone ed interi paesi isolati, disservizi ovunque e rabbia per la latitanza delle istituzioni. Tante le proteste, ognuno si sente in dovere di lamentarsi, rifugiandosi poi al caldo e al comfort delle proprie case.
Di sicuro a nessuno interessa sapere che i detenuti delle nostre carceri quel comfort e quel calore lo sognano ogni giorno, lo cercano nei termosifoni del carcere di Villa Fastiggi da giorni ghiacciati e fuori uso, lo accarezzano nelle bottiglie riempite di acqua riscaldata nel fornello, lo implorano agli agenti di custodia, ignari del problema e sempre pronti a rimbalzare le lamentele con un “io non ne so niente”.
Esorto, chi volesse provare, a farsi una doccia all’aperto: avrà emulato la nostra situazione.
Cerchiamo di combattere il freddo sfruttando il fatto che siamo ammassati come polli, ma credeteci… non basta! Non credete a chi vi dice che “il carcere non deve essere punizione ma riabilitazione”; ognuno di noi paga la propria pena 3, 4 o forse 5 volte più di quel che gli spetta, e non meravigliatevi se una volta fuori rischiamo di diventare cattivi, recidivi e vendicativi.
Ci dispiace per tutti quelli che perdono il lavoro, che stentano a tirare avanti e soffrono le ingiustizie tipiche del nostro Paese; anche noi viviamo nell’ingiustizia e presto faremo parte del numero crescente di persone senza futuro; in queste condizioni non ci è dato di sperare in una vita dignitosa, “normale”.
Una volta credevo che il mio Paese fosse il più bello del mondo, il più giusto e vivibile, ora spero solo di uscire al più presto da questo bidone e scappare via, dove gli uomini sono trattati da uomini, dove la dignità umana viene prima di tutto”.
fonte:http://www.oltrefano.it/

domenica 4 marzo 2012

Avete ucciso Gregorio Durante


Fonte: LE URLA DAL SILENZIO

Questa è una brutta storia amici miei, una storia bruttissima, una storia che se non vi esplode dentro un moto di indignazione vuol dire che non siete vivi.
Alcune settimane fa mi chiama una signora, il cui nome è Ornella Chiffi. E mi dice che voleva parlarmi del figlio, Gregorio Durante, morto in carcere il 31 dicembre del 2011, da pochissimi mesi.  E rimaniamo d’accordo per sentirci meglio, dopo qualche giorno. Giorni dopo la chiamo, e lei comincia a raccontarmi la sua storia. Una storia che, mentre la signora procede nel racconto, si rivela intollerabile e odiosa, per quello che un ragazzo ha dovuto subire, fino alla morte, e per la negligenza, l’ottusità e l’incapacità di chi avrebbe dovuto agire e non ha agito.
Questa è una storia di quelle di cui, se è possibile, non va rimandata la lettura. E’ una di quelle storie che vanno affrontate adesso, perché a un ragazzo che ha passato le pene dell’inferno, glielo dobbiamo. Andate fino in fondo nella lettura, non interrompetela. Perché un ragazzo è morto solo come un cane e merita almeno un po’ del nostro tempo, e lo merita sua madre, e tutti coloro che adesso sono in una posizione simile alla sua e ora rischiano di fare la stessa fine.
Adesso procedo con la storia, per poi, alla conclusione della narrazione, fare delle considerazioni finali.
Nel 1995 Gregorio, all’età di diciassette anni fu colpito da una meningalncefalovirarle. Questa lo portò a quaranta giorni in coma, e, in totale, a tre mesi e mezzo d’ospedale.
Da questa malattia non se ne esce vivi, o se si resta in vita, se ne esce con gravi deficit. Gregorio ne uscì vivo e sano. Ma con gravi crisi epilettiche.
Le crisi le curava con un farmaco, il gardenale.
Riusciva a fare una vita normalissima, e ad andare avanti senza crisi.
Nel 2004 si ripresenta una crisi epilettica. Aveva 25 anni allora. Questa unica crisi lo portò ad uno scombussolamento completo di tutto il suo equilibrio. Ne derivarono gesti in consulti, tremori, balbettii, momenti di lucidità e no. In quei frangenti di crisi non riusciva a parlare, non riusciva a deglutire. Nel complesso ciò che gli accadeva di frequente, dopo avere avuto una crisi epilettica, viene chiamato “crisi psicomotoria”. Di crisi epilettica ne aveva avuta solo una. Ma succedettero, nei giorni, tutta una serie di crisi psicomotorie. Durante queste crisi si contorceva come un animale, sbatteva le mani e sbatteva le gambe. La madre gli stava vicino per evitare che lui si facesse male.
Venne ricoverato nell’ospedale di Lecce per dieci giorni. Fu dimesso con queste crisi che erano arrivate ad un livello molto lieve. Stette a casa tre mesi. La madre lo seguiva come un bambino. Momenti di lucidità che si alternavano a momenti di lucidità.
La madre aveva appreso tutta una serie di modalità con cui approcciarsi con lui nei momenti di crisi. Non appena arrivava una crisi, lui la avvisava e lei lo faceva stendere sul divano, e lo aiutava nei movimenti che non riusciva a controlla, per evitare che si facesse male.
Adesso non bastava più il Gardanale, ma dovettero aggiungere un altro farmaco, il Tolep 600. Dopo tre mesi e mezzo, riprese a vivere decentemente. Le crisi scomparvero. Stava anche lavorando, nelle pompe funebri. A conti fatti, stava bene. Era sposato, ed aveva due bambini. Guidava regolarmente, anche.
Due anni fa fu arrestato. Il fatto scatenante l’arresto furono degli schiaffi che diede al figlio di una guardia penitenziaria. Ma l’arresto non si reggeva solo sul singolo fatto violento. Ma anche sul fatto che era stato già precedentemente condannato, per associazione mafiosa –condanna che aveva già scontato agli arresti domiciliari, e che aveva comportato la misura della sorveglianza speciale. L’atto violento, considerato in questo contesto, fu valutato come reato in violazione della sorveglianza speciale, e da questo ne derivava un livello sanzionatorio più elevato. Resta, comunque, a parer mio, la totale eccessività di una sanzione, che portò questo ragazzo ad essere condannato ad una pena di sei anni, che sembra totalmente esagerata per l’atto commesso. In appello la pena venne ridotta a tre anni e mezzo. Pena riconfermata in Cassazione. Proprio un mese dopo la sentenza definitiva, Gregorio Durante morì, dopo due anni precisi di detenzione. Era stato arrestato il sette novembre 2009. E è morto il 31 dicembre 2011. Due anni pieni, due anni integrali. Senza avere mai un permesso. Ricordiamo che era giovane, e che aveva due figli minori. Ma non gli venne mai concesso alcun beneficio. Tutte le sue richieste -come i domiciliari- gli furono rigettai in quanto socialmente pericoloso.
Il suo primo luogo di detenzione fu nel carcere di Lecce, il Nuovo Complesso di Borgo San Nicola. Ma qui stette solo venti giorni, in quando c’era una incompatibilità ambientale, per il fatto che il padre del ragazzo lavorava lì dentro. Da lì lo trasferirono a Bari.
Sia a Lecce che a Bari Gregorio riceveva regolarmente la terapia. Tutto, da questo punto di vista, funzionava bene, con i dovuti controlli e i dovuti dosaggi.
Ma a Bari la sezione era pericolante, e suo figlio, nell’aprile del 2011 venne trasferito nel carcere di Trani. E questo segnò la sua condanna a morte.
Di colpo gli venne soppressa la compressa di Tolep. Era stato mantenuto solo il gardenale. Gregorio lo dice alla madre, e la madre gli risponde di insistere per ottenerla, ma lui le risponde che tutto il giorno andava ad insistere per avere queste compresse. Ma il dirigente sanitario diceva che l’ASL non la passava..
“Durante, sa come vanno queste cose.. proprio per te adesso ce la farebbero arrivare?”.
Per otto mesi Gregorio non avrà quel farmaco. La madre fece istanza al Magistrato di Sorveglianza, per evidenziare questa situazione. Ma il Magistrato.. non ha mai risposto a quelle istanze.
Gregorio rassicurava la madre dicendo che lui stava bene. Ma lei sapeva che la bomba sarebbe scoppiata da un momento all’altro.
Gregorio è stato bene fino al 4 dicembre. Da lì iniziò un allucinante mese da incubo che lo porterà alla tomba.
La sera del 4 dicembre Gregorio fu colpito da una crisi epilettica. Lui scrisse alla moglie la mattina del 5, e quella fu l’ultima lettera che scrisse. In quella lettera raccontava le dinamiche della crisi che aveva avuto. All’inizio aveva avuto fortissimi tremori in tutto il lato sinistro del corpo, la lingua storta di fuori, e altri segni di perdita della consapevolezza e del controllo psicofisico. Doveva essere sorretto dai compagni. Venne poi condotto in infermeria, dove gli viene somministrato il valium, per poi essere riportato in cella.
Ma dopo altre tre ore, viene colpito da un’altra crisi epilettica, ancora più forte della precedente. Va detto che lui non ricordava nulla di quest’altra crisi. Sono stati i compagni a raccontare le dinamiche della vicenda. Gli stessi compagni che, in quel momento, avvisarono chi di dovere. Gregorio venne condotto nuovamente in infermeria, gli venne nuovamente somministrato il valium e ricondotto in cella. Venne però chiamato il 118. Il 118 arrivò ma non ritenne opportuno portarlo in ospedale. Si limitarono a praticargli un altro , poi gli somministrarono un altro medicinale, e lo lasciarono in carcere. Dormirà fino alla mattina presto. Quando si sveglia, si sente tutto sommato normale. Prende carta e penna, scrivendo alla moglie, fu l’ultima lettera che scrisse.
Dal giorno di quella crisi avesti diversi colloqui con lui, circa quattro. E più lo vedevi, più ti stringeva il cuore per come lo vedevi combinato. Ed era sempre peggio. Era talmente confuso in quei colloqui, che spesso dovevi essere tu ad alzarti dalla sedia e bloccarlo, perché lui, di prima battuta, non vi riconosceva.
Dal 4 al 31 dicembre Gregorio ha avuto fortissime crisi psicomotorie. Il 118 venne molteplici volte, anche nell’arco della stessa giornata (come risulta dal diario clinico carcerario). Ma ogni volte fu la stessa scenetta. Il 118 che arriva, ma che non l’ha mai portato in ospedale, limitandosi al massimo a somministrargli qualche calmante.
Il 10 la madre un colloquio con lui. E lui ebbe una crisi psicomotoria proprio in quel momento, in sala colloquio. Mentre altri cercavano di farlo riprendere, la madre faceva un casino in sala colloqui, chiedendo di parlare con chiunque fosse in grado di fare qualcosa, e che lui fosse trasferito. La madre quel giorno parlò con il medico di turno, con l’ispettore, con il comandante e con decine di agenti penitenziari.
Il dialogo col medico fu particolarmente emblematico. Tu esponevi al medico le condizione di tuo figlio, e quello che sarebbe successo se fosse rimasto in carcere. Il medico con le mani in tasca, ti rispose:
“Signora, è già un miracolo che lei stia parlando con me”.
La madre insisteva, chiedendo se erano stati fatti gli esami adeguati..
“E’ stata fatta la Tac, la risonanza magnetica, l’esame del liquor (una puntura lombare che serve per accertare se via siano infezioni in atto)?”.
Ma mentre diceva questo, lui continuava a stare con le mani in tasca, e faceva spallucce, non dando risposta.
Ma dietro tua insuperabile insistenza, e dopo avere minacciato che non ti saresti mossa di lì finché non fosse chiamata un’ambulanza che portasse tuo figlio in ospedale, lui fu portato finalmente in ospedale. Venne condotto nel reparto psichiatrico. Ma il primario di quel reparto vi disse che non era da psichiatria, ma da neurologia. Tu rispondesti che andava bene pure il reparto di ortopedia perché fosse fuori dal carcere. Rimase nel reparto solo due giorni, in cui ebbe anche crisi psicomotorie. E venne poi dimesso, per essere rimandato in carcere, con la glicemia di molto di sotto dalla norma.
Avete capito, amici che state leggendo? Un ragazzo in quelle condizioni, dopo che durante il ricovero ebbe delle crisi psicomotorie, e con inoltre la glicemia molto al di sotto della norma, venne rispedito dall’ospedale in carcere.
Ma le assurdità continuarono. La madre ci racconta che medici del carcere, direttore sanitario e Direttore della struttura del carcere di Trani, si erano fatti la convinzione che Gregorio simulasse per avere benefici penitenziari. E queste valutazioni risulterebbero nel “diario clinico carcerario”. E quindi, si decide, appena ritorna in carcere, di “punire” questo povero Cristo, stabilendo l’isolamento diurno.
Suo figlio già devastato dagli attacchi epilettici, e poi da due giorni di crisi psicomotorie, e con la glicemia bassa, venne mandato, dalle autorità del carcere di Trani, in isolamento. E questa misura durò tre giorni. Solo in cella. Solo con le sue crisi e con tutto quello che ne comporta.
Dopo questi tre giorni, venne messo in una cella dell’infermeria, dove non vi era alcun oggetto o suppellettile. Questo perché, il trattamento che gli era inflitto determinava, come era preventivabile, dei momenti di aggressività. E allora, per evitare che facesse atti pericolosi, lo piazzarono in una cella dove non c’era niente oltre al letto. Gli venne affidato un piantone. Ovvero un detenuto che non stava in cella con lui, ma che lo lavava, lo vestiva e gli dava da mangiare. Lui ormai era sempre più debilitato e incapace di agire. Non riusciva più a farsi la barba, e tante altre cose. E, a un certo punto, non riusciva più neanche a parlare. Non riusciva più a camminare, e doveva essere trasportato sulla sedia a rotelle.
La famiglia, viste le sue devastanti condizioni, aveva scritto a Magistrato di Sorveglianza che Gregorio ricevesse la sospensione della pena per gravi motivi di salute. Ma il Magistrato di Sorveglianza, invece di dare la sospensione della pena, pensò bene di stabilire per Domenico trenta giorni di ospedale psichiatrico giudiziario, per capire se Gregorio stesse simulando o meno. Fatemi capire. Un ragazzo è in fin di vita, risulta un pregresso stato patologico, con ricorrenti crisi, è stato anche ricoverato in ospedale, si trova probabilmente in una condizione di forte rischio, e vengono stabiliti altri trenta giorni di osservazione, per capire se stava simulando o no.
Ma all’Ospedale psichiatrico giudiziario non sarebbe mai arrivato, perché morì prima. L’atto del Magistrato di Sorveglianza giunse il 14 dicembre, ma l’Ospedale psichiatrico giudiziario in quel momento era pieno. E quando si sarebbe liberato un posto, Gregorio aveva già lasciato questo mondo.
Nel mondo “esterno”, Gregorio era assistito da un luminare della neuropsichiatria, il professore Luigi Specchio. Fu lui che nel 2003 lo aveva letteralmente tirato fuori dalla morte. Gregorio, quando cominciò il suo tunnel nero, nel dicembre 2011, chiedeva costantemente di potere avere la visita del suo medico di fiducia, il professore Luigi Specchio appunto. Ma doveva fare la domandina, lo sapete che tutto in carcere funziona con la domandina, no? Il piccolo problema era che Gregorio non era proprio nelle condizioni materiali di riuscire a compilare una domandina.
Il 14 dicembre la madre ebbe un altro colloquio con Gregorio. Viste le sue condizioni sempre più deterioriate, e la costante possibilità di una crisi distruttiva, la madre chiese alle guardie non lasciarli completamente soli, e di stare nelle vicinanze. Le guardie rimasero vicino alla porta della saletta in cui si svolgeva il colloquio. In quell’ora di colloquio, Gregorio non riuscì a dire quasi una parola. Ma l’impressione, non era che fosse in stato di incoscienza, ma che riuscisse comunque a capire. Questa impressione era confermata dai cenni che dava con la testa. Aveva gli occhi semichiusi. Fu proprio da quel giorno che Gregorio incominciò a non parlare. E dal 17 dicembre non fu più in grado di dire una parola.
Torniamo al colloquio del 14. Sul finire del colloquio di quel giorno, compaiono nella sala il Direttore e lo psichiatra del carcere. Lo psichiatra le disse..
“Signora, non so più che cosa devo fare con suo figlio. Sto cercando di stimolarlo in tutti i modi”.
Al che la madre rispose sdegnata..
“Lui non aveva bisogno di stimoli, ma di essere ricoverato”.
“Chiede del professor Specchio”, continua lo psichiatra del carcere.
“Sì, è il suo medico curante”, dice la madre.
E a questo punto è il Direttore ad intervenire..
“Sì, sì, proprio stamattina ho autorizzato la domandina perché venga a visitarlo il medico di fiducia”.
Il Direttore disse proprio così. Famiglia e avvocati aspettarono un paio di giorni, ma dal medico non giungeva nessuna novità, continuava a non essere chiamato dal carcere. E si cominciò a pensare che il Direttore vi avesse preso in giro.
Adesso, sostiene la madre, è emerso che la richiesta del Direttore non è mai partita dal carcere. E non sono questioni di dettaglio. Può un Direttore di carcere essere stato davvero capace di ingannare la madre di un ragazzo in condizioni così disperate, e lasciare disattesi gli stessi appelli del ragazzo, dando ad intendere che avrebbe fatto una cosa che in realtà non ha fatto? Può davvero essere accaduta una cosa del genere?
Dopo due giorni la madre fece arrivare al carcere uno dei due legali che seguivano il caso. L’avvocato, trovandosi nella sala con Gregorio, prese la sua mano e l’accompagnò per fargli firmare la domandina. E lo fece davanti a due ispettori come testimoni”. Il Direttore, chiamato per autenticare la firma disse:
“E’ lei che sta firmando al poso del ragazzo”.
Ma l’avvocato rispose: “Ci sono due testimoni, e i movimenti della testa del ragazzo”.
A quel puntò finalmente partì la domandina.
Il 17 la madre ebbe un altro colloquio. Trovò il figlio ulteriormente peggiorato. Totalmente impotente e debilitato, incapace di fare ormai assolutamente niente. Tutta l’ora del colloquio passò con la madre che lo abbracciava, che abbracciava un corpo abbandonato e con gli occhi semichiusi. Tuttavia, vi fu un’ultima fiammata di questo ragazzo. Al momento del saluto, il figlio di colpo ritrovò un ultima scintilla di vitalità, e strinse forte la mamma con una forza inaudita, e la baciò sulla bocca. Quando lo stavano portando via, poi, ti cadde sulle braccia. Gli agenti lo presero e lo portarono via sulla sedia a rotelle. Quel fortissimo abbraccio, e quel bacio in bocca, fu l’ultimo estremo saluto di Gregorio alla madre, l’ultimo suo grande atto d’amore.
Passa un’altra settimana, e arriviamo al 24 dicembre. La madre arriva in carcere per un altro colloquio. Il figlio gli viene portato completamente inerte, sulla sedia a rotelle, e con gli occhi ormai completamente chiusi. Neanche il capo reggeva più, ed era la madre a tenerlo, mentre la nuora (la moglie del ragazzo), che era venuta a colloquio con la madre, gli teneva le mani. Gli era stato messo anche il pannolone.
Sul finire di quel colloquio, un detenuto chiama la madre in disparte e le dice “fate qualcosa, o lui di qui esce morto”.
Finito il colloquio, le guardie se lo portano via, e madre e nuora tornano a Lecce. Uno dei legali, quello stesso giorno, fa sapere alla madre che la visita del dott. Specchio a Gregorio è stata fissata per il 27. Il 27 mattina a Trani, la madre incontra il prof. Specchio. Poi lui entra in carcere, e la madre resta fuori ad attendere. All’uscita il prof. Specchio dice che suo figlio lo ha riconosciuto, ma non è riuscito a dire una parola. E aggiunge che doveva essere portato urgentemente in ospedale, perché ormai poteva succedere di tutto. Voi allora chiedete al dott. Specchio una relazione scritta da consegnare urgentemente al Magistrato di Sorveglianza. In questa relazione il prof. Specchio sosteneva che le condizioni di salute di Gregorio Durante imponevano un ricovero urgente in ospedale. Nella relazione si faceva anche menzione del fatto che era stato (dopo il ricovero del 10) rinviato in carcere nonostante l’ipoglicemia, e che, successivamente l’ipoglicemia non era stata posta sotto controllo. La relazione fu consegnata al Magistrato di Sorveglianza.
E che fa a questo punto il Magistrato di Sorveglianza?
Fa un atto col quale chiede al carcere di accertare le attuali condizioni di salute di Durante Gregorio. Lo stesso carcere che per un bel periodo aveva considerato Gregorio un simulatore. Lo stesso carcere che aveva lasciato inevase le drammatiche richieste della madre. Lo stesso carcere dove il medico si permetteva di fare spallucce davanti ad una madre col cuore a pezzi. Lo stesso carcere dove il Direttore poteva dire una cosa, rivelatasi poi non vera, come quella per cui, la domandina per la visita del prof. Specchio era stata autorizzata. Era a questo carcere che il Magistrato di Sorveglianza chiedeva fossero accertate le condizioni del ragazzo. Nonostante una relazione scritta da un luminare della medicina, che ci metteva la faccia nel dire, senza mezze parole, che il ragazzo si trovava in condizioni di drammatico pericolo di vita.
Il 31 mattina la madre e la nuora mentre stanno arrivando in carcere per un nuovo colloquio, ricevono una telefonata in cui vengono avvisate che Gregorio non ce l’ha fatta. Gregorio è stato trovato morto proprio nella mattina del 31, nella cella numero cinque, durante un’ispezione.
La madre ha una forza straordinaria. Continua il tragitto verso il carcere per riprendersi il corpo del figlio. E appena arriva, vede la finestra del Direttore, che da la sopra la guarda e gli dice “Animale, animale”. Il direttore alza braccia e mano e fa il gesto di mandare a fare in culo. E’ accaduto davvero questo? E se è accaduto, può un Direttore di carcere fare mai un gesto del genere? E, soprattutto, può farlo ad una madre che ha perso il figlio da poco, e, probabilmente, anche grazie alla sua azione o inazione?
Comunque, dopo un paio d’ore il Direttore li riceve nel suo ufficio e dice LORO..
“Signora, proprio questa mattina mi ero deciso ad attivarmi presso il Magistrato di Sorveglianza per chiedere la sospensione della pena…”.
Proprio quella mattina.. che coincidenza..
Il Direttore continua dicendo che lui non è di quei direttori che vanno in carcere solo di tanto in tanto a mettere la firma, ma che lui tutte le mattine è là a farsi il mazzo. E la madre ribatte.
“E quando vedeva mio figlio, cosa vedeva? Nn vedeva un ragazzo che stava morendo? Io le ho consegnato una montagna. E adesso è stato ridotto ad un corpo denutrito fino alla morte”.
Denutrito..
Sì, perché Gregorio oltre a non essere curato, non è stato neanche messo in condizioni di mangiare.
Quando nel 2003, lui si trovò in condizioni simili, venne nutrito con un sondino naso gastrico.
Nel dicembre del 2011 lui era di nuovo in condizioni di non potersi nutrire da solo. Ma in carcere non pensarono mica a trovare un modo per nutrirlo. Ma intesero e rappresentarono la sua impossibilità a nutrirsi, come rifiuto del cibo. Sul diario clinico del carcere è scritto..
“Rifiuta il cibo”.
Rifiuta il cibo una persona che non riesce più a mangiare?
Rifiuta il cibo una persona che non riesce più neanche a deglutire un sorso d’acqua ?
E nessuna delle menti sanitarie del carcere di Trani ha pensato che molto probabilmente non poteva mangiare, che non poteva deglutire, e si doveva cercare di alimentarlo in qualche modo?
Quando il 24 il prof. Specchio andò a visitarlo, raccontò poi di avere visto sul labbro di Gregorio, uno strano impasticciamento rosato. Fu solo dopo che la madre ebbe un momento di improvvisa intuizione, come un flash, e ricordò che le comprese di Tolep, che suo figlio prendeva a suo tempo, insieme al Gardenale, erano di colore rosato. Sì, le stesse compresse che per otto mesi, da quando giunse nel carcere di Trani, non gli vennero più date. E lei credette a quel punto di capire cosa era accaduto. Quell’impasticciamento rosa erano le pillole di Tolep che non potendo il ragazzo ingoiare, perché ormai incapace di deglutire, si scioglievano lentamente in bocca, per poi formarsi una pasta rosa, che fuoriusciva all’esterno sul labbro, cristallizzandosi sopra di esso. E ricordò che effettivamente Gregorio, nella lettera che il 5 dicembre scrisse alla moglie, dopo la devastante crisi epilettica del 4, a un certo punto diceva..
“Miracolosamente, subito dopo la crisi epilettica, si è trovato il Tolep”.
Ma non si era detto, alle ripetute e angosciate pressioni del ragazzo, che l’Asl non lo stava aspettando e “aspetta e spera”? E già, comunque, fosse stato esattamente così, il comparto sanitario del carcere avrebbe dovuto fare il diavolo a quattro perché queste pillole giungessero. Ma.. se non erano in carcere.. come mai compaiono, stando alla lettera di Gregorio, esattamente la mattina dopo la sua crisi epilettica del giorno dopo. Anche se il carcere avesse fatto istanza all’Asl, sarebbero passati sempre dei giorni? A meno che non si tratta di un’Asl molto particolare, che in poche ore recepisce le istanze e fa pervenire le risposte. Mai vista un’Asl così efficiente. Se no, non è per caso che le pillole erano già nel reparto sanitario del carcere, e questo ragazzo è dovuto stare quasi otto mesi senza uno dei due farmaci essenziali per la terapia?
E la cosa spaventosa è che una volta che sono “magicamente” uscite fuori, non ci fosse un cane che capisse che questo povero disperato non poteva più neanche deglutire. Ma, se l’intuizione della madre corrisponde al vero, gliela ficcavano in bocca, la ficcavano in bocca a una persona ormai incapace di reggersi in piedi, di parlare, di fare alcunché. La ficcavano in bocca, e magari non davano neanche l’acqua? E non controllavano neanche se riusciva ad ingoiare? Gli ficcavano la pillola in bocca come a una cavia da laboratorio. E questa si scioglieva lentamente. Ma loro hanno avuto mai il dubbio che lo strato rosa sulle labbra di Gregorio era la stessa pillola rosa, sciolta però, che loro gli davano (sempre se la intuizione della madre corrisponde al reale)?
Altro dato “di dettaglio”. La madre viaggiava sempre con le cartelle cliniche del figlio. Lo ha fatto per tutti questi 25 giorni di orrore. Quando il 10 ebbe la sua crisi psicomotoria durante il colloquio, la madre voleva dare le cartelle cliniche ad un’ ispettore. Le cartelle cliniche risalivano al 2003. Ma era evidente il senso che aveva il presentarle. Ovvero, quello che era avvenuto nel 2003, si sta verificando nuovamente adesso (2011), basta intervenire allo stesso modo e si eviterà l’inevitabile situazione che altrimenti, se non si agisce come si deve agire, si verificherà.. debilitamentoe.. coma.. morte. La madre diede in mano quelle cartelle cliniche ad un ispettore. Questi le aprì, lesse il primo foglio, e disse che essendo del 2003, erano vecchie. Tu cercasti di fargli capire che vi era una logica chiara che rendeva importante consultare quelle cartelle. Una logica che avrebbe capito anche un bambino. Ma quell’ispettore gliele ridiede in mano e le disse:
“Se ci servono, ce le consegnerà”.
Se ci servono…
L’analisi del corpo del ragazzo, è stata causa di ulteriore sofferenza per la madre. Non solo perché è un corpo denutrito, devastato e pieno di ecchimosi. Ma anche per le modalità in cui sembra essere giunta la sua morte.
“Mio figlio è morto durante crisi violente. I pugni sono stretti incredibilmente e le dita sembrano artigli. E’ morto solo. Quando il blindato era chiuso veniva lasciato sulla sedia a rotelle, da solo. Senza suppellettili, senza che nessuno lo controllasse, gli mettevano un pannolone se ne andavano. Lo hanno lasciato morire da solo”.
Morto come un cane, in una condizione di totale impotenza ed abbandono. Morto solo in una cella col blindo chiuso, nonostante fosse ormai totalmente non autosufficiente, e avrebbe dovuto avere qualcuno sempre con lui, ad aiutarlo per eventuali esigenze, o pronto ad intervenire in caso di pericolo. Invece era solo, solo, incapace di andare in bagno, incapace di mangiare, incapace di muoversi, inchiodato su una sedia, come un sacco di patate.
Circa sette o otto giorno dopo la morte di Gregorio… casualmente… i detenuti a lui vicino sono stati trasferiti. Ma la famiglia ha i loro nominativi, li ha contattati, e loro sono disponibili a testimoniare. Anzi, hanno fatto proprio richiesta per farsi sentire. La madre e la nuora hanno chiesto anche l’acquisizione dei nastri delle telecamere delle sale colloqui.
Tra poco avrà inizio l’istruttoria, la prima fase di un procedimento giudiziario. Più di dieci indagati.
Un’ultima piccola annotazione “di dettaglio”, o “di colore”, come si diceva un tempo. Durante quei 25 giorni in cui un ragazzo di nome Gregorio Durante conobbe la morte, in un lungo e doloroso disfacimento, senza che chi di dovere attuasse veri interventi risoluti, la madre telefonava spesso in carcere. Vedeva il figlio accartocciarsi in se stesso, voleva quanto meno sapere quello che stava accadendo. Alle prime telefonate le hanno dato ascolto. Ma dopo.. le hanno fatto capire che li stava infastidendo.
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Conclusa la storia, e prima di farvi una proposta, mi permetto di fare alcune domande riepilogative finali..
1) E’ normale che da aprile del 2011 (da quando entrò nel carcere di Trani), fino al 5 dicembre del 2011 (quando Gregorio ebbe il suo attacco epilettico), Gregorio non venne messo in condizione di utilizzare il secondo farmaco che regolarmente prendeva (insieme al gardenale), il tolep 600? Ci è attivati veramente in quei mesi per fare giungere quel farmaco nella struttura carceraria, invece di dare risposte mediocri come quella data dal Dirigente sanitario del carcere di Trani <<sa come vanno queste cose.. proprio per te adesso ce la farebbero arrivare?>>?
2) E’ normale che quel farmaco apparve “miracolosamente” il 5 dicembre, il giorno dopo l’attacco epilettico di Gregorio? Se non c’era fino al 4, come è potuto uscire fuori il 5? Hanno adottato una procedura supersonica di contatto dell’ Asl e di risposta della stessa Asl, o il farmaco era già presente in carcere?
3) E’ normale che il 4 dicembre, nonostante la sua crisi epilettica, il 118 nono riterrà opportuno portarlo in ospedale? Ed è normale che tra il 4 e il 31 dicembre, nonostante molteplici crisi psicomotorie, il 118 non provvederà a portarlo in ospedale?.
4) E’ normale che, durante il colloquio del 10 dicembre 2010, quando il figlio avrà una crisi psicomotoria davanti a lei, il figlio andrà in ospedale, solo per il “casino” che farà la madre, e per la minaccia di non muoversi da là finchè non lo si sarà fatto andare in ospedale? Se la situazione meritava il ricovero.. non ci sarebbe dovuto essere bisogno di nessuna “minaccia da parte della madre”.
5) E’ normale che, sempre lo stesso giorno 10 dicembre, da uno dei medici  del carcere a cui la madre stava esponendo la situazione, cercando di fargli capire quello che sarebbe successo se fosse rimasto in carcere, riceverà anche affermazioni come questa? :“Signora, è già un miracolo che lei stia parlando con me”.
6) E’ normale che quando allo stesso medico la madre chiederà  se fossero stati fatti gli esami adeguati (Tac, risonanza magnetica, liquor).. il medico invece di rispondere adeguatamente, starà con le mani in tasca a fare spallucce? E’ un medico questo? E può lavorare in un carcere una figura del genere? E tollerabile che dinanzi ad una madre reduce da un attacco psicomotorio del figlio, e in preda all’angoscia e alla paura, un medico possa avere frasi del tipo “lei è fortunata a parlare con me”, rimanere evasivo nelle risposte, fare spallucce e stare con le mani in tasca? E’ pieno di bravi medici che potrebbero fare un ottimo lavoro in carcere. Si consiglia un rapido rinnovamento, con sostituzione di persone adeguate a persone inadeguate.
7) E’ normale che, avvenuto il ricovero del 10 dicembre, ottenuto dalla madre, il ragazzo, dopo solo due giorni, nonostante la glicemia fosse molto bassa e le crisi psicomotorie continuassero, fosse rimandato in carcere?
8) E’ normale che quel ragazzo, tornato in carcere, venga messo in isolamento per tre giorni, perchè le “Autorità” del carcere di Trani, Direttore e Dirigente sanitario in primis, credevano che simulasse per ottenere benefici penitenziari? Un ragazzo di cui gli stessi compagni di cella avevano assistito alla crisi epilettica. Un ragazzo di cui lo stesso ospedale accertò che aveva crisi psicomotorie e la glicemia bassa. Questo ragazzo, scombussolato fisicamente e mentalmente, come “primo intervento”, al suo ritorno dal ricovero in ospedale ricevette tre giorni di isolamento.
9) E’ normale che il Magistrato di Sorveglianza, dietro pressanti istanze drammatiche della famiglia e degli avvocati, abbia stabilito che dovesse andare 30 giorni nell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario, per capire se Gregorio stesse simulando o meno (a cui non arriverà mai, perché non c’erano posti)?
10) E’ normale che, durante il colloquio del 14, tenendo presente che il ragazzo da tempo voleva essere visitato dal medico che già a suo tempo lo aveva salvato – l’apprezzato neuropsichiatra prof. Luigi Specchio- il Direttore  dica alla madre “Sì, sì, proprio stamattina ho autorizzato  la domandina perché venga a visitarlo il medico di fiducia”… quando poi nessuna comunicazione arriverà dal carcere, e si accerterà che la richiesta del Direttore non è mai partita dal carcere? E’ normale che un Direttore di carcere prima prenda un impegno davanti alla madre di un detenuto in condizioni disperate e poi non faccia nulla? Se, davvero non ha fatto nulla, come risulterebbe, è accettabile, in un contesto così delicato, dire una bugia ad una madre e darle una aspettativa che poi non verrà a concretizzarsi?
11) E’ normale che, dopo che il prof. Specchio, avendo visitato il 27 dicembre Gregorio Durante e avendolo trovato in condizioni disperate e in evidente pericolo di vita, abbia preparato una relazione scritta, dove sosteneva che le condizioni di salute di Gregorio Durante imponevano un ricovero urgente in ospedale, e dove si faceva anche menzione del fatto che era stato (dopo il ricovero del 10) rinviato in carcere nonostante l’ipoglicemia, e che, successivamente l’ipoglicemia non era stata posta sotto controllo.. relazione questa consegnata urgentemente al Magistrato di Sorveglianza… e a tutto ciò l’intervento del Magistrato di Sorveglianza, invece di autorizzare un ricovero urgente, sia stato un atto col quale chiede al carcere di accertare le attuali condizioni di salute di Durante Gregorio?
12) E’ normale che la mattina del 31 dicembre, alla madre giunta in carcere, poche ore dopo che aveva saputo della morte del figlio, il Direttore dalla sua finestra, a lei che inveiva verso di lui (le era morto un figlio, ogni reazione doveva essere compresa), lui l’avrebbe, a gesti, mandata a fare in culo? Può un Direttore di carcere mandare a fare in culo la madre di un ragazzo detenuto, morto da poco tra l’altro? Può proprio avere atteggiamenti del genere, nell’ambito dello svolgimento delle sue funzioni?
13) E’ normale che ad un ragazzo che non poteva alimentarsi da sé, che non poteva neanche deglutire, non si sia pensato di alimentarlo in altro modo, ad esempio con un sondino nasograstrico, come era avvenuto nel 2003, quando aveva avuto un altro devastante crollo? Se tutto questo viene confermato, è normale che nessuno abbia pensato di intervenire per alimentarlo, portandolo così ad una situazione di denutrimento che lo debiliterà ulteriormente?
13) E’ normale che Gregorio Durante sia morto solo come un cane? E’ normale che un ragazzo del genere, che si trovava in una condizione di totale impotenza ed abbandono, sia morto solo in una cella col blindo chiuso, nonostante fosse ormai totalmente non autosufficiente, e avrebbe dovuto avere qualcuno sempre con lui, ad aiutarlo per eventuali esigenze, o pronto ad intervenire in caso di pericolo? Invece era solo, solo, incapace di andare in bagno, incapace di mangiare, incapace di muoversi, inchiodato su una sedia, come un sacco di patate. Come dice la madre “gli mettevano solo un pannolone e se ne andavano”.
13) E’ normale che circa sette o otto giorni la morte di Gregorio, i detenuti a lui vicini sono stati trasferiti?
14) E.. consentitemi anche questa domanda.. è normale che, in quei 25 giorni di calvario, in quel dicembre 2011, alla madre che vedeva il figlio accartocciarsi sempre di più in se stesso e avviarsi inesorabilmente alla paralisi e alla morte, alle sue incessanti e SACROSANTE chiamate al carcere di Trani, per sapere come si evolveva la situazione, dopo le prime risposte, cominciarono a farle capire che con le sue chiamate disturbava?
Noi chiediamo che a queste domande qualcuno risponda.
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Amici che avete avuto la pazienza di leggere fino alla fine, che farete adesso?
Penserete che è un’altra brutta storia del mondo cattivo, e passerete oltre o farete anche solo UN gesto?
Io comunque vi ringrazio per avere letto finora, ma, se volete fare qualcosa per questo ragazzo, per sua madre, per chi potrebbe vivere una realtà simile, bene due cose potete sicuramente fare.
I- Scrivete al Direttore del Carcere di Trani, Salvatore Bolumetti per manifestare la vostra incredulità, la vostra indignazione, per fare le vostre, riflessioni, per chiedere semplicemente chiarimenti. Adesso vi darò l’indirizzo. Per chiunque di voi non voglio scrivere una lettera di suo pugno, mi scriva alla mia email (erasmuszed77@yahoo.it) e gli invierò un prestampato da stampare e sottoscrivere. Sullo spazio dedicato ai destinatari sulla busta della lettera potete scrivere.
All’attenzione del Dott. Salvatore Bolumetti
Casa Circondariale – via Andria 300
70059 Trani (Bari)
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II- Avvisate chiunque di questa vicenda.. contattate associazioni e siti internet.. scrivete a giornali e programmi televisivi. Facciamo emergere sempre di più questa intollerabile storia. Questa storia dove un ragazzo avrebbe potuto facilmente essere ancora in vita, invece adesso è morto. Facciamolo per lui, per la madre e per tutti coloro che rischiano di fare una fine come la sue.
Grazie..
E adesso.. alcune foto.. com’era prima di finire in carcere. E com’era dopo otto mesi di “trattamento” nel carcere di Trani.
nn

ggg