lunedì 21 novembre 2011

non toglieteci lo studio.. contro la soppressione della quarta classe dell’istituo d’arte nel carcere di spoleto


Il tema di questo post è molto delicato, e nasce da una fortissima delusione e  indignazione che ha suscitato tra i detentuti di spoleto l’eliminazione del 4° anno del Corso di Istituto d’Arte presso la Casa Circondariale di Spoleto. L’indignazione si aggiunge alla profonda amarezza, specie dei detenuti studenti del Corso d’Arte che quest’anno avrebbero dovuto frequentare il quarto anno, tra cui Gerti Gjenerali (tutta la sua amarezza potete leggerla al link..http://urladalsilenzio.wordpress.com/2011/11/03/7750/).

Nella lettera che pubblico oggi rivolta al Dirigente scolastico Prof.ssa Roberta Galassi, e per conoscenza a tutta una serie di altri soggetti, Giovanni Mafrica, uno dei detenuti studenti, fa emergere, in una lunga e circostanziata lettera le ragioni di tutti gli studenti investiti dalla soppressione di questa classe, contestando la scelta posta in essere; richiamandosi, nel fare ciò, a valutazioni concernenti la Costituzione, la dignità della persona, e l’essenziale valore dello studio e della cultura per la crescita umana e il rinnovamento esistenziale della persona detenuta.
La lettera di Giovanni Mafrica -che seppure a firma individuale, va ritenuta rappresentativa di un idem comune sentire dei detenuti studenti di Spoleto- va a contestare, anche, nella forma e nel merito, la lettera che il Dirigente Prof.ssa Roberta Galassi aveva a sua volta scritto rispondendo alle contestazioni iniziali dei detenuti studenti di Spoleto.
Io per avere un quadro globale sono andato a leggere anche la lettera della Prof.ssa Roberta Galassi. E voglio provare a vederla lucidamente. La Dott.ssa Galassi svolge un dettagliato prospetto dell’andamento numerico delle varie classi, arrivando a puntare il dito sulla scarsissima composizione che arrivano ad avere le ultime classi dell’Istituto d’Arte presso la Casa di reclusione di Spoleto. I numeri sono effettivamente bassi. Inoltre la Prof.ssa Galassi contesta il fatto che, a sua volta, tra gli studenti iscritti, una parte consistente non frequenterebbe tutti i corsi, ma ne frequenterebbe solo alcuni (i preferiti) o solo i laboratori. Si indicano anche problematiche organizzative imputabili all’Amministrazione penitenziaria e, nello specifico, vi è un concreto riferimento alla gestione, al riguardo, da parte della stessa Casa di reclusione di Spoleto (la Dott.ssa Galassi allude anche ad una lettera, non portatrice di concreti effetti, da lei inviata al Direttore della Casa di reclusione di Spoleto Ernesto Padovani.
E tutto sullo sfondo  della considerazione di sistema attinente alla gestione delle risorse, drasticamente macellate dall’inqualificabile Ministro Gelmini e i doveri di buona organizzazione ascrivibili al Dirigente.
Questa di sintesi l’impostazione argomentativa della Prof.ssa Galassi, che ho voluto analizzare con la mente sgombra da pregiudizi. Premesso che Così come va ricordato che i Dirigenti scontano i limiti posti dai tagli del bilancio, i suoi argomenti numerici possono anche essere comprensibili, e attestano problematiche reali, come i pochi studenti e la disorganizzazione del carcere.
Bene, ma la Prof.ssa non ce ne vorrà, la comprensione dei suoi argomenti, non rende comunque l’impostazione finale a cui giunge.. condivisibile. Vista la lettera in un senso globale, sussiste una grave carenza relativa alla comprensione reale del ruolo della dimensione scolastica e formativa in genere, e soprattutto all’interno di un Istituto penitenziario.
Alcune affermazioni lasciano fortemente perplessi..
Ad esempio quando la Prof.ssa Galassi scrive..
“Come ripeto, è probabile che tra i firmatari della missiva ci siano alcuni tra gli studenti più seri che i corsi in CdR abbiano mai registrato, ma se di serietà e maturità vogliamo parlare, tali principi avrebbero dovuto esplicitarsi in primo luogo nella capacità di esporre una situazione nella sua globalità e complessità, nella sua evoluzione storica, senza fermarsi all’epifenomeno conclusivo: ma forse neppure la frequenza di un corso di scuola superiore è riuscito a forgiare tali strumenti di comprensione  e di espressione della realtà”.
Innanzitutto invito chi legge a considerare l’ultimo passaggio..
ma forse neppure la frequenza di un corso di scuola superiore è riuscito a forgiare tali strumenti di comprensione  e di espressione della realtà”
E singolare un tale modo di esprimersi da parte di un Dirigente scolastico, nei confronti di quelli che fanno parte, comunque la si veda, dei “Suoi” studenti. Sarebbe insolito anche in un “semplice” professore. Un Dirigente sa che sono inevitabili le contestazioni, e che queste andrebbero affrontate sul piano tecnico-giuridico-argomentativo, e non alludendo a eventuali limiti di comprensione mentale dei “Suoi” studenti. Perfino se le eventuali contestazioni fossero esagerate.
Ma il passaggio che suscita maggiori perplessità è il secondo..
“Ciò detto, ritengo che non si debba chiedere perchè, per l’anno in corso, si siano attivate solo le classi 1°, 2° e 3°, ma se; per quale ragione; a quali condizioni; si debba mantenere un corso di Istituto d’Arte presso la Casa di Reclusione di Maiano-Spoleto, atteso che, ovviamente a mio modo di vedere, non ne esistono al momento tutti i presupposti, che debbono essere: numerici, in primo luogo; di condizioni e sostenibilità organizzativa da parte dell’Amministrazione Penitenziaria; di prerequisiti di apprendimento; di impegno alla frequenza; di impegno di studio; di reale spendibilità del titolo conseguito”.
Vedete, se si fossero esposti come condizioni problematiche, alcune di queste hanno la loro validità, come ho premesso all’inizio. Ma
Premesso che ci sono espressioni come “prerequisiti di apprendimento”, che ritengo equivoche. Alcuni dei detenuti studenti si sono davvero impegnati. Altri sicuramente no. Ma espressa in tal modo la frase, probabilmente non era l’intenzione della Dott.ssa Galassi, sembrerebbe quasi che la specie “homo detenutus spoletanus” manchi dei requisiti mentali e culturali adeguati all’apprendimento.
Sono le valutazioni globali che ritengo, con Giovanni Mafrica, contestabili.
La modalità con cui si pone in dubbio la stessa utilità e opportunità di  mantenere un corso di Istituto d’Arte nella Casa di Reclusione di Spoleto non considera il senso più profondo che un corso di istruzione ha, soprattutto per chi è detenuto. Il valore dell’istruzione è confinato a considerazioni esclusivamente organizzative e di pura efficacia pratica. Il richiamo alla “spendibilità del titolo” è allo stesso tempo emblematico e irrispettoso. Irrispettoso perchè sembra far riferimento al fatto che, per il tipo di pena da scontare (ergastolo, lunghe detenzioni), quel titolo si finirà probabilmente col non utilizzarlo mai (ma alcuni detenuti comunque prima o poi escono, chi può dire che non potranno mai utilizzare il loro titolo). Emblematico, perchè manca il senso più alto e profondo che la scuola e l’istruzione hanno un detenuto. Senso che può essere concentrato in una parola molto semplice.. DIGNITA’.
L’istruzione ha, per tantissimi detenuti, in primo luogo, la funzione di riscatto personale, di riaffermazione di una nuova possibilità esistenziale, e di conseguimento di una rinnovata identità, implementata da una ricchezza di orizzonti e di possibilità che il detenuto fa propri, grazie proprio alla diemensione scolastica e al proprio rapporto con essa. La spendibilità di un titolo, non è affato l’unica cosa veramente importanta per detenuti studenti. Attraverso lo studio e la cultura alcuni detenuti hanno potuto attuare un profondo rinnovamente personale che li ha portati a diventare davvero esseri coscienti, consapevoli, e interiormente liberi; esseri che un giorno, se e quando usciranno, saranno tra coloro capaci di dare, capaci di lasciare un segno. Parlo di persone come Carmelo Musumeci, Giuseppe Barreca, Pasquale De Feo e tanti altri. Per detenuti come questi la scuola, lo studio e la cultura hanno avuto senso a prescindere da qualunque futura possibile spendibilità del titolo.
E questo per quanto riguarda il discorso in generale.
Nello specifico concreto poi della soppressione della 4° classe dell’Istituto d’Arte di Spoleto, ci si dimentiche uno studente ha anche dei diritti. Che una persona che ha frequentato tre anni di una scuola, investendo tempo, impegno, energie fisiche e mentali, magari anche soldi (se per conto proprio ha acquistato testi o altro per approfondire) non può essere lasciato “appiedato” perchè ha la sventura (tra le altre cose) di essere tra pochissimi che giungono a un certo livello di classe. Anche se in questo caso, va onestamente considerato che i Dirigenti debbono tenere conto dei limiti di bilancio dati da un’impostazione gestionale collettiva che sta dissanguando dissenatamente le risorse per la scuola. Avrei potuto comprendere, allora, un onesto riconoscimento che non ci sono fondi a sufficienza, accompagnato però da un’ulteriore riconoscimento del fato che  SE ANCHE UNA SOLA PERSONA SI ISCRIVA AD UN LEGALE CORSO STATALE DI STUDI, E SUPERA LA CLASSE PRECEDENTE, HA DIRITTO DI FREQUENTARE LA SUCCESSIVA CLASSE.
Prima di lasciarvi alla lettera scritta da Giovanni Mafrica -detenuto a Spoleto- al Dirigente scolastico Prof.ssa Roberta Galassi- voglio riportarvi i progetti realizzati all’interno del carcere con l’Istituto d’Arte, e l’elenco degli studenti che si sono iscritti all’Università grazie al diploma conseguito presso l’Istituto d’Arte all’interno del carcere di Spoleto.
Tanto per parlare di.. utilità… e del senso di un corso del genere.
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PROGETTI REALIZZATI ALL’INTERNO DEL CARCERE CON L’ISTITUTO D’ARTE
- Realizzazione di scenografie e costumi per La Boheme (rappresentata in Irlanda);
- Realizzazione di scenografie e costumi per Il Rigoletto;
Logo celebrativo per la marcia Perugia-Assisi;
- Progetto Bolzano (ricostruzione grafica in 3D di un campo di concentramento nazista per l’ANED Milano ed Umbria) presentato in molte città italiane – Spoleto inclusa – in occasione della giornata della Memoria (27 gennaio 2010);
- Progetto Panta rei (ricerca storica e fotografica delle fontane di Spoleto);
- Murales all’interno del carcere di Maiano;
- Affresco cappella del carcere di Maiano;
- Realizzazione costumi e scenografie per il presepe vivene di Cerreto;
- Realizzazione costumi e scenografie per il presepe di Borgaccio;
- Realizzazione della scenografia per lo spettacolo Il Lozzu (San Niccolò);
- Realizzazione delle scenografie per lo spettacolo La Maschera:
- Realizzazione delle scenografie per La Bella e la Bestia rappresentata presso il teatro di Spoleto;
- Realizzazione di scenografie per uno spettacolo teatrale per la parrocchia di Spoleto;
- Realizzazione di scenografie per gli spettacoli teatrali rappresentati in carcere;
- Realizzazione di scenografie e costumi per balletti e danza classica;
- Ralizzazione di Bambole (Pigotte) in collaborazione con l’UNICEF;
- Progetto Arte e Spazio in città (Foligno) per l’allestimento di spazi pubblici;
- Realizzazione del plastico Mura ciclopiche;
- Adesione al progetto (a livello nazionale) sui Longobardi.
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STUDENTI CHE SI SONO ISCRITTI ALL’UNIVERSITA’ GRAZIE AL DIPLOMA CONSEGUITO PRESSO L’ISTITUTO D’ARTE ALL’INTERNO DEL CARCERE DI SPOLETO
- Spadaro Tommaso: laureato in Filosofia con votazione di 110/110;
- Spada Giovanni: laureato in Filosofia con votazione di 110/110 e lode; ora iscritto al Corso di Laurea Magistrale in Filosofia ed Etica delle Relazioni;
- Sarno Ciro: laureato in Scienze dei Beni storico-artistici.
- Dettori Nicola: 4 esami alla laurea in Scienze dei Beni storico-artistici.
- Manuele Salvatore: 4 esami alla laurea in Scienze dei Beni storico-artistici;
- Barreca Giuseppe: 6 esami alla laurea in Scienza della Comunicazione;
- Barreca Santo: iscritto al 2° A.A. in Scienze della Comunicazione;
- Burzan Mario: iscritto al corso di laurea triennale in Ingegneria informatica;
- Ye Jian Dong: iscritto al 3° A.A. al corso di laurea in Economia Aziendale;
- Mariano Ciro: iscritto al 1° A.A. al corso di laurea triennale in Scienze dei Beni storico-artistici.
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LETTERA APERTA AL DIRIGENTE SCOLASTICO “PONTANO SANSI – LEONCILLO LEONARDI”
E Per conoscenza
- Al Direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale per l’Umbria, Dott.ssa M.L. Melina,
- Al Direttore del C.d.R. di Spoleto, Dott. Ernesto Padovani,
- All’Educatore della C.d.R., Dott. Pietro Busetti,
- Ai Docenti dell’Istituto d’Arte sede associata Casa di Reclusione
Egregia Prof.ssa Galassi,
Sono Giovanni Mafrica, uno dei firmatari della lettera inviata alle Autorità preposte, e avendo letto la Sua missiva, inviataci per presa visione, con la quale spiega la situazione cui versa la scuola all’interno del C.d. R. Spoleto, mi è venuto spontaneo sciverLe, poichè credo che ancora oggi, forse, Lei non abbia compreso il fine della scuola all’interno delle carceri.
Ella, persona di cultura e dal linguaggio forbito, dovrebbe sapere che la finalità non può essere equiparata alla scuola, come la definisce lei, “normale”. Diversamente, ha una sostanziale differenza di obiettivo, la quale va oltre la spendibilità del diploma, ovvero rientra nei principi contenuti nell’art. 27 della Costituzione, il quale statuisce che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità, ma devono tendere alla rieducazione del condannato. E ciò avviene, in primo luogo, proprio attraverso la scuola. Ritorno al termine di spendibilità, poichè Lei ritiene, a mio avviso a torto, che il conseguimento del diploma da aprte di uno studente detenuto in sostanza non valga nulla. Acrimoniosa affermazione che, oltre a denotare il Suo preconcetto per la persona detenuta, come , l’evoluzione intellettiva del soggetto non comprendesse anche la persona detenuta, dimostra il poco rispetto e la poca conoscenza dei “Suoi” Studenti.
Forse non frequentando l’istituto associato, pensa che il detenuto sia antropologicamente diverso dagli altri. Peccato, se favorisse il dialogo e frequentasse di più il carcere, si farebbe un patrimonio di conoscenze di un sentimento che in Lei sembra latiti, ovvero la sensibilità per il simile. Questa sì, spendibile, in relazioni umane. 
E certamente si renderebbe conto che siamo tali e quali a Lei, e cioè, che abbiamo due occhi, due orecchie, due gambe, due braccia, una bocca. Quest’ultima, proprio per poter dire di sì o di no a scelte che, a torto o a ragione, riteniamo essere ingiuste e dannose per la nostra crescita culturale. Ma, cosa più importante, oltre a queste parti anatomiche che accomunano l’umano, abbiamo soprattutto una testa pensante, e questo  a Lei, può darsi, dia dolore.
Forse Lei, arroccata nella Sua “cittadella”, non è abituata alla voce di dissenso proprio perchè, oggigiorno, il mondo è pieno di adulatori, di assogettati, di pochi retti, e cioè persone che sanno ancora dire di no a ciò che è lesivo per la propria dignità.
Nella Sua missiva rimprovera di non avere ampiamente esplicitato tutta la situazione afferente la scuola in carcere. Legittimo, anche se non condiviso, perchè credo che i problemi concernenti ai numeri, forse, andrebbero arginati incentivando lo studente con proposte concrete; cercando magari la causa dell’abbandono e non l’effetto che, a volte, dipende dai trasferimenti non oculati; attuando, in sinergia con la Direzione, i bandi scolastici negl’altri Istituti, al fine di riempire le classi in cui mancano i “numeri”, che io definirei non tali, ma persone! Ma la cosa che Lei non può arrogarsi, però, è il diritto di giudicare la qualità di crescita individuale senza mai essere relazionata, né tanto meno conoscermi, ma solo perchè ho la libertà di pensiero di sapere ancora dire no a scelte che ritengo lesive dei diritti soggettivi. Questo credo che non Le sia consentito, poichè già si è avocata decisioni svantaggiose relative alla mia persona. A proposito di ciò, Le ricordo che essendomi iscritta al 3° anno dell’Istituto d’Arte associato, indirizzo tessitura, senza alcuna spiegazione, d’ufficio, mi sono visto incluso nell’altro indirizzo disponibile, e cioè quello di scenotecnica. E visto che Lei è tanto figlia delle regole, Le conteto che tale indirizzo non è stata la scelta che io avevo indicato al momento dell’iscrizione in cui mi si richiedeva, nell’apposito modulo, di scegliere l’orientamento fra tessitura e scenotecnica. In buona sostanza, qualcuno ha scelto per me, come se non avessi una testa pensante, tale da consentirmi di scegliere liberamente.
Che, avendo acquisito nozioni totalmente diverse dall’indirizzo cui attualmente sono facente parte, potrebbe danneggiare il corrente anno scolastico. Ma Lei di questo non se ne cura, perchè Lei guarda i numeri. Ma Le ricordo che io sono una persona e, in quanto tale, titolare di dirittti. Certo la cosa pubblica prima di tutto, ma vorrei ricordarLe che anche io faccio parte della cosa pubblica. Avrei tanto da dire in tal senso. Ad esempio: gli enormi investimenti fatti alla Maddalena per il G.8. O dell’enorme evasione fiscale (le statistiche parlano di circa 250 miliardi di euro annui) che pongono in essere, non i detenuti, ma i perbenisti, e cioé quelli che urlano galera, galera e ancora galera! O ancora, dei braccialetti elettronici per controllare detenuti in stato di detenzione domiciliare e mai utilizzati, 11 milioni di euro per dieci anni. O, come fanno certi ministri, a non sapere chi gli compra la casa… Non credo che ad un comune cittadino, con la crisi attuale, gli piombi tanta grazia!!! C’è un’infinità, tra l’Italia che è chiamata a fare tanti sacrifici e quella spendacciona che li chiede. Insomma, benefici di ogni natura! Ma Lei di questo non si indigna. Certo, mi potrebbe confutare che non è di Sua pertinenza, ed è vero, ma sa, tacere significa accettare, non credo?
Che, a parere mio, Lei assumendo a sé la scelta dell’indirizzo cui frequento, avrebbe quanto meno dovuto avvertire di tale decisione l’interessato, proprio per il rispetto della persona -Le ricordo che è un criterio rientrante nel reciproco scambio di rapporto umano che dovrebbe esserci tra Dirigente scolastico e Studente detenuto, il quale va sempre favorito e reso operativo proprio perchè ci si occupa delle persone. Perdoni la mia insolenza, ma sa, ancora non avendo maturato un grado di “civilizzazione” tale da  potermi raffrontare con persone della cosiddetta “società civile”. Quindi, da barbaro, vorrei ricordarLe che laddove ci si occupa di uomini, dei loro bisogni e difficoltà, delle loro attese, ci si occupa non di pratiche ma di problemi umani, e i problemi umani esigono sempre una risposta e la esigono con la massima e attenta sensibilità. E credo che il carcere sia la costante di tali bisogni e problemi i quali vanno ben oltre i numeri tanto cari a Lei…
Vede Prof.ssa Galassi, la scuola e lo studio formano le persone. Le formano a livello intellettuale e le preparano al lavoro per contribuire, con la loro opera, allo sviluppo e al miglioramento di se stessi e della loro attitudine. Che tali principi vagono anche per le persone detenute e la loro capacità intellettuale non deve essere limitata da norme consuetudinarie, solo per il piacere di segregare le persone ed indebolirle nella loro capacità di creare i presupposti per uno sviluppo della personalità, perchè ritengo che l’istituzione sia la condizione necessaria per raggiungere il primo passo dell’identità personale.
Infine, rammento a me stesso, che nei dizionari della lingua italiana la cultura è definita come l’insieme della tradizione, del sapere scientifico e letteraio di un popolo. Da ciò ritengo che ogni individuo debba potere avere la possibilità di formarsi liberamente senza nessuna preclusione di carattere sociale.
In chiusura della Sua lettera afferma <<Ciò detto, ritengo che non si debba chiedere perchè, per l’anno in corso, si siano attivate solo le classi 1°, 2° e 3°, ma se, per quale ragione, a quali condizioni, si debba mantenere un corso di Istituto d’Arte presso la Casa di Reclusione di Maiano-Spoleto, atteso che, ovviamente a mio modo di vedere, non ne esistono al momento tutti i presupposti, che debbono essere: numerici, in primo luogo; (…) di prerequisiti di apprendimento (…)>>.
Mi colpisce il fatto di come sia radicato in Lei il pensiero dell’esclusione sociale. Comportamenti caratteristici dell’indifferenza che risultano  irrispettosi  in una società che basa la propria visione democratica sulla Carta Costituzionale. Nella Sua missiva, trasmessa al Ministro Gelmini, sono contenute alcune considerazioni assolutamente non condivisibili. Ha sommariamente ritenuto che non ci siano i prerequisiti di apprendimento, a mio avviso, congetture gratuite. Piuttosto, se valutate a dovere dalle persone deputate al Suo controllo, la smentirebbero clamorosamente sull’efficacia della scuola in carcere, e troverebbero invece proprio la ragione per la quale si debba mantenere la scuola in tale contesto. E sa perchè? Perchè se oggi posso dare forma ai miei pensieri, se oggi credo di avere raggiunto la minima soglia di crescita culturale, se oggi ho scoperto un mondo che m’affascina e mi delizia per la sua bellezza, è solo grazie al mio costante impegno e alla scuola in carcere, proprio quella che  Lei, per un pregiudizio nei confronti delle persone prigioniere, vuole cancellare, poichè la ritiene uno spreco per la cosa pubblica. A mio avviso, gli sprechi vanno individuati altrove, certo non sono quelli che contribuiscono, anche se in piccolo, a migliorare le persone appartenenti alla collettività.
Spoleto 25.10.2013
Distinti saluti,
Giovanni Mafrica,
Ergastolano ostativo in lotta per la vita

fonte: Le Urla dal Silenzio

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