domenica 4 marzo 2012

Avete ucciso Gregorio Durante


Fonte: LE URLA DAL SILENZIO

Questa è una brutta storia amici miei, una storia bruttissima, una storia che se non vi esplode dentro un moto di indignazione vuol dire che non siete vivi.
Alcune settimane fa mi chiama una signora, il cui nome è Ornella Chiffi. E mi dice che voleva parlarmi del figlio, Gregorio Durante, morto in carcere il 31 dicembre del 2011, da pochissimi mesi.  E rimaniamo d’accordo per sentirci meglio, dopo qualche giorno. Giorni dopo la chiamo, e lei comincia a raccontarmi la sua storia. Una storia che, mentre la signora procede nel racconto, si rivela intollerabile e odiosa, per quello che un ragazzo ha dovuto subire, fino alla morte, e per la negligenza, l’ottusità e l’incapacità di chi avrebbe dovuto agire e non ha agito.
Questa è una storia di quelle di cui, se è possibile, non va rimandata la lettura. E’ una di quelle storie che vanno affrontate adesso, perché a un ragazzo che ha passato le pene dell’inferno, glielo dobbiamo. Andate fino in fondo nella lettura, non interrompetela. Perché un ragazzo è morto solo come un cane e merita almeno un po’ del nostro tempo, e lo merita sua madre, e tutti coloro che adesso sono in una posizione simile alla sua e ora rischiano di fare la stessa fine.
Adesso procedo con la storia, per poi, alla conclusione della narrazione, fare delle considerazioni finali.
Nel 1995 Gregorio, all’età di diciassette anni fu colpito da una meningalncefalovirarle. Questa lo portò a quaranta giorni in coma, e, in totale, a tre mesi e mezzo d’ospedale.
Da questa malattia non se ne esce vivi, o se si resta in vita, se ne esce con gravi deficit. Gregorio ne uscì vivo e sano. Ma con gravi crisi epilettiche.
Le crisi le curava con un farmaco, il gardenale.
Riusciva a fare una vita normalissima, e ad andare avanti senza crisi.
Nel 2004 si ripresenta una crisi epilettica. Aveva 25 anni allora. Questa unica crisi lo portò ad uno scombussolamento completo di tutto il suo equilibrio. Ne derivarono gesti in consulti, tremori, balbettii, momenti di lucidità e no. In quei frangenti di crisi non riusciva a parlare, non riusciva a deglutire. Nel complesso ciò che gli accadeva di frequente, dopo avere avuto una crisi epilettica, viene chiamato “crisi psicomotoria”. Di crisi epilettica ne aveva avuta solo una. Ma succedettero, nei giorni, tutta una serie di crisi psicomotorie. Durante queste crisi si contorceva come un animale, sbatteva le mani e sbatteva le gambe. La madre gli stava vicino per evitare che lui si facesse male.
Venne ricoverato nell’ospedale di Lecce per dieci giorni. Fu dimesso con queste crisi che erano arrivate ad un livello molto lieve. Stette a casa tre mesi. La madre lo seguiva come un bambino. Momenti di lucidità che si alternavano a momenti di lucidità.
La madre aveva appreso tutta una serie di modalità con cui approcciarsi con lui nei momenti di crisi. Non appena arrivava una crisi, lui la avvisava e lei lo faceva stendere sul divano, e lo aiutava nei movimenti che non riusciva a controlla, per evitare che si facesse male.
Adesso non bastava più il Gardanale, ma dovettero aggiungere un altro farmaco, il Tolep 600. Dopo tre mesi e mezzo, riprese a vivere decentemente. Le crisi scomparvero. Stava anche lavorando, nelle pompe funebri. A conti fatti, stava bene. Era sposato, ed aveva due bambini. Guidava regolarmente, anche.
Due anni fa fu arrestato. Il fatto scatenante l’arresto furono degli schiaffi che diede al figlio di una guardia penitenziaria. Ma l’arresto non si reggeva solo sul singolo fatto violento. Ma anche sul fatto che era stato già precedentemente condannato, per associazione mafiosa –condanna che aveva già scontato agli arresti domiciliari, e che aveva comportato la misura della sorveglianza speciale. L’atto violento, considerato in questo contesto, fu valutato come reato in violazione della sorveglianza speciale, e da questo ne derivava un livello sanzionatorio più elevato. Resta, comunque, a parer mio, la totale eccessività di una sanzione, che portò questo ragazzo ad essere condannato ad una pena di sei anni, che sembra totalmente esagerata per l’atto commesso. In appello la pena venne ridotta a tre anni e mezzo. Pena riconfermata in Cassazione. Proprio un mese dopo la sentenza definitiva, Gregorio Durante morì, dopo due anni precisi di detenzione. Era stato arrestato il sette novembre 2009. E è morto il 31 dicembre 2011. Due anni pieni, due anni integrali. Senza avere mai un permesso. Ricordiamo che era giovane, e che aveva due figli minori. Ma non gli venne mai concesso alcun beneficio. Tutte le sue richieste -come i domiciliari- gli furono rigettai in quanto socialmente pericoloso.
Il suo primo luogo di detenzione fu nel carcere di Lecce, il Nuovo Complesso di Borgo San Nicola. Ma qui stette solo venti giorni, in quando c’era una incompatibilità ambientale, per il fatto che il padre del ragazzo lavorava lì dentro. Da lì lo trasferirono a Bari.
Sia a Lecce che a Bari Gregorio riceveva regolarmente la terapia. Tutto, da questo punto di vista, funzionava bene, con i dovuti controlli e i dovuti dosaggi.
Ma a Bari la sezione era pericolante, e suo figlio, nell’aprile del 2011 venne trasferito nel carcere di Trani. E questo segnò la sua condanna a morte.
Di colpo gli venne soppressa la compressa di Tolep. Era stato mantenuto solo il gardenale. Gregorio lo dice alla madre, e la madre gli risponde di insistere per ottenerla, ma lui le risponde che tutto il giorno andava ad insistere per avere queste compresse. Ma il dirigente sanitario diceva che l’ASL non la passava..
“Durante, sa come vanno queste cose.. proprio per te adesso ce la farebbero arrivare?”.
Per otto mesi Gregorio non avrà quel farmaco. La madre fece istanza al Magistrato di Sorveglianza, per evidenziare questa situazione. Ma il Magistrato.. non ha mai risposto a quelle istanze.
Gregorio rassicurava la madre dicendo che lui stava bene. Ma lei sapeva che la bomba sarebbe scoppiata da un momento all’altro.
Gregorio è stato bene fino al 4 dicembre. Da lì iniziò un allucinante mese da incubo che lo porterà alla tomba.
La sera del 4 dicembre Gregorio fu colpito da una crisi epilettica. Lui scrisse alla moglie la mattina del 5, e quella fu l’ultima lettera che scrisse. In quella lettera raccontava le dinamiche della crisi che aveva avuto. All’inizio aveva avuto fortissimi tremori in tutto il lato sinistro del corpo, la lingua storta di fuori, e altri segni di perdita della consapevolezza e del controllo psicofisico. Doveva essere sorretto dai compagni. Venne poi condotto in infermeria, dove gli viene somministrato il valium, per poi essere riportato in cella.
Ma dopo altre tre ore, viene colpito da un’altra crisi epilettica, ancora più forte della precedente. Va detto che lui non ricordava nulla di quest’altra crisi. Sono stati i compagni a raccontare le dinamiche della vicenda. Gli stessi compagni che, in quel momento, avvisarono chi di dovere. Gregorio venne condotto nuovamente in infermeria, gli venne nuovamente somministrato il valium e ricondotto in cella. Venne però chiamato il 118. Il 118 arrivò ma non ritenne opportuno portarlo in ospedale. Si limitarono a praticargli un altro , poi gli somministrarono un altro medicinale, e lo lasciarono in carcere. Dormirà fino alla mattina presto. Quando si sveglia, si sente tutto sommato normale. Prende carta e penna, scrivendo alla moglie, fu l’ultima lettera che scrisse.
Dal giorno di quella crisi avesti diversi colloqui con lui, circa quattro. E più lo vedevi, più ti stringeva il cuore per come lo vedevi combinato. Ed era sempre peggio. Era talmente confuso in quei colloqui, che spesso dovevi essere tu ad alzarti dalla sedia e bloccarlo, perché lui, di prima battuta, non vi riconosceva.
Dal 4 al 31 dicembre Gregorio ha avuto fortissime crisi psicomotorie. Il 118 venne molteplici volte, anche nell’arco della stessa giornata (come risulta dal diario clinico carcerario). Ma ogni volte fu la stessa scenetta. Il 118 che arriva, ma che non l’ha mai portato in ospedale, limitandosi al massimo a somministrargli qualche calmante.
Il 10 la madre un colloquio con lui. E lui ebbe una crisi psicomotoria proprio in quel momento, in sala colloquio. Mentre altri cercavano di farlo riprendere, la madre faceva un casino in sala colloqui, chiedendo di parlare con chiunque fosse in grado di fare qualcosa, e che lui fosse trasferito. La madre quel giorno parlò con il medico di turno, con l’ispettore, con il comandante e con decine di agenti penitenziari.
Il dialogo col medico fu particolarmente emblematico. Tu esponevi al medico le condizione di tuo figlio, e quello che sarebbe successo se fosse rimasto in carcere. Il medico con le mani in tasca, ti rispose:
“Signora, è già un miracolo che lei stia parlando con me”.
La madre insisteva, chiedendo se erano stati fatti gli esami adeguati..
“E’ stata fatta la Tac, la risonanza magnetica, l’esame del liquor (una puntura lombare che serve per accertare se via siano infezioni in atto)?”.
Ma mentre diceva questo, lui continuava a stare con le mani in tasca, e faceva spallucce, non dando risposta.
Ma dietro tua insuperabile insistenza, e dopo avere minacciato che non ti saresti mossa di lì finché non fosse chiamata un’ambulanza che portasse tuo figlio in ospedale, lui fu portato finalmente in ospedale. Venne condotto nel reparto psichiatrico. Ma il primario di quel reparto vi disse che non era da psichiatria, ma da neurologia. Tu rispondesti che andava bene pure il reparto di ortopedia perché fosse fuori dal carcere. Rimase nel reparto solo due giorni, in cui ebbe anche crisi psicomotorie. E venne poi dimesso, per essere rimandato in carcere, con la glicemia di molto di sotto dalla norma.
Avete capito, amici che state leggendo? Un ragazzo in quelle condizioni, dopo che durante il ricovero ebbe delle crisi psicomotorie, e con inoltre la glicemia molto al di sotto della norma, venne rispedito dall’ospedale in carcere.
Ma le assurdità continuarono. La madre ci racconta che medici del carcere, direttore sanitario e Direttore della struttura del carcere di Trani, si erano fatti la convinzione che Gregorio simulasse per avere benefici penitenziari. E queste valutazioni risulterebbero nel “diario clinico carcerario”. E quindi, si decide, appena ritorna in carcere, di “punire” questo povero Cristo, stabilendo l’isolamento diurno.
Suo figlio già devastato dagli attacchi epilettici, e poi da due giorni di crisi psicomotorie, e con la glicemia bassa, venne mandato, dalle autorità del carcere di Trani, in isolamento. E questa misura durò tre giorni. Solo in cella. Solo con le sue crisi e con tutto quello che ne comporta.
Dopo questi tre giorni, venne messo in una cella dell’infermeria, dove non vi era alcun oggetto o suppellettile. Questo perché, il trattamento che gli era inflitto determinava, come era preventivabile, dei momenti di aggressività. E allora, per evitare che facesse atti pericolosi, lo piazzarono in una cella dove non c’era niente oltre al letto. Gli venne affidato un piantone. Ovvero un detenuto che non stava in cella con lui, ma che lo lavava, lo vestiva e gli dava da mangiare. Lui ormai era sempre più debilitato e incapace di agire. Non riusciva più a farsi la barba, e tante altre cose. E, a un certo punto, non riusciva più neanche a parlare. Non riusciva più a camminare, e doveva essere trasportato sulla sedia a rotelle.
La famiglia, viste le sue devastanti condizioni, aveva scritto a Magistrato di Sorveglianza che Gregorio ricevesse la sospensione della pena per gravi motivi di salute. Ma il Magistrato di Sorveglianza, invece di dare la sospensione della pena, pensò bene di stabilire per Domenico trenta giorni di ospedale psichiatrico giudiziario, per capire se Gregorio stesse simulando o meno. Fatemi capire. Un ragazzo è in fin di vita, risulta un pregresso stato patologico, con ricorrenti crisi, è stato anche ricoverato in ospedale, si trova probabilmente in una condizione di forte rischio, e vengono stabiliti altri trenta giorni di osservazione, per capire se stava simulando o no.
Ma all’Ospedale psichiatrico giudiziario non sarebbe mai arrivato, perché morì prima. L’atto del Magistrato di Sorveglianza giunse il 14 dicembre, ma l’Ospedale psichiatrico giudiziario in quel momento era pieno. E quando si sarebbe liberato un posto, Gregorio aveva già lasciato questo mondo.
Nel mondo “esterno”, Gregorio era assistito da un luminare della neuropsichiatria, il professore Luigi Specchio. Fu lui che nel 2003 lo aveva letteralmente tirato fuori dalla morte. Gregorio, quando cominciò il suo tunnel nero, nel dicembre 2011, chiedeva costantemente di potere avere la visita del suo medico di fiducia, il professore Luigi Specchio appunto. Ma doveva fare la domandina, lo sapete che tutto in carcere funziona con la domandina, no? Il piccolo problema era che Gregorio non era proprio nelle condizioni materiali di riuscire a compilare una domandina.
Il 14 dicembre la madre ebbe un altro colloquio con Gregorio. Viste le sue condizioni sempre più deterioriate, e la costante possibilità di una crisi distruttiva, la madre chiese alle guardie non lasciarli completamente soli, e di stare nelle vicinanze. Le guardie rimasero vicino alla porta della saletta in cui si svolgeva il colloquio. In quell’ora di colloquio, Gregorio non riuscì a dire quasi una parola. Ma l’impressione, non era che fosse in stato di incoscienza, ma che riuscisse comunque a capire. Questa impressione era confermata dai cenni che dava con la testa. Aveva gli occhi semichiusi. Fu proprio da quel giorno che Gregorio incominciò a non parlare. E dal 17 dicembre non fu più in grado di dire una parola.
Torniamo al colloquio del 14. Sul finire del colloquio di quel giorno, compaiono nella sala il Direttore e lo psichiatra del carcere. Lo psichiatra le disse..
“Signora, non so più che cosa devo fare con suo figlio. Sto cercando di stimolarlo in tutti i modi”.
Al che la madre rispose sdegnata..
“Lui non aveva bisogno di stimoli, ma di essere ricoverato”.
“Chiede del professor Specchio”, continua lo psichiatra del carcere.
“Sì, è il suo medico curante”, dice la madre.
E a questo punto è il Direttore ad intervenire..
“Sì, sì, proprio stamattina ho autorizzato la domandina perché venga a visitarlo il medico di fiducia”.
Il Direttore disse proprio così. Famiglia e avvocati aspettarono un paio di giorni, ma dal medico non giungeva nessuna novità, continuava a non essere chiamato dal carcere. E si cominciò a pensare che il Direttore vi avesse preso in giro.
Adesso, sostiene la madre, è emerso che la richiesta del Direttore non è mai partita dal carcere. E non sono questioni di dettaglio. Può un Direttore di carcere essere stato davvero capace di ingannare la madre di un ragazzo in condizioni così disperate, e lasciare disattesi gli stessi appelli del ragazzo, dando ad intendere che avrebbe fatto una cosa che in realtà non ha fatto? Può davvero essere accaduta una cosa del genere?
Dopo due giorni la madre fece arrivare al carcere uno dei due legali che seguivano il caso. L’avvocato, trovandosi nella sala con Gregorio, prese la sua mano e l’accompagnò per fargli firmare la domandina. E lo fece davanti a due ispettori come testimoni”. Il Direttore, chiamato per autenticare la firma disse:
“E’ lei che sta firmando al poso del ragazzo”.
Ma l’avvocato rispose: “Ci sono due testimoni, e i movimenti della testa del ragazzo”.
A quel puntò finalmente partì la domandina.
Il 17 la madre ebbe un altro colloquio. Trovò il figlio ulteriormente peggiorato. Totalmente impotente e debilitato, incapace di fare ormai assolutamente niente. Tutta l’ora del colloquio passò con la madre che lo abbracciava, che abbracciava un corpo abbandonato e con gli occhi semichiusi. Tuttavia, vi fu un’ultima fiammata di questo ragazzo. Al momento del saluto, il figlio di colpo ritrovò un ultima scintilla di vitalità, e strinse forte la mamma con una forza inaudita, e la baciò sulla bocca. Quando lo stavano portando via, poi, ti cadde sulle braccia. Gli agenti lo presero e lo portarono via sulla sedia a rotelle. Quel fortissimo abbraccio, e quel bacio in bocca, fu l’ultimo estremo saluto di Gregorio alla madre, l’ultimo suo grande atto d’amore.
Passa un’altra settimana, e arriviamo al 24 dicembre. La madre arriva in carcere per un altro colloquio. Il figlio gli viene portato completamente inerte, sulla sedia a rotelle, e con gli occhi ormai completamente chiusi. Neanche il capo reggeva più, ed era la madre a tenerlo, mentre la nuora (la moglie del ragazzo), che era venuta a colloquio con la madre, gli teneva le mani. Gli era stato messo anche il pannolone.
Sul finire di quel colloquio, un detenuto chiama la madre in disparte e le dice “fate qualcosa, o lui di qui esce morto”.
Finito il colloquio, le guardie se lo portano via, e madre e nuora tornano a Lecce. Uno dei legali, quello stesso giorno, fa sapere alla madre che la visita del dott. Specchio a Gregorio è stata fissata per il 27. Il 27 mattina a Trani, la madre incontra il prof. Specchio. Poi lui entra in carcere, e la madre resta fuori ad attendere. All’uscita il prof. Specchio dice che suo figlio lo ha riconosciuto, ma non è riuscito a dire una parola. E aggiunge che doveva essere portato urgentemente in ospedale, perché ormai poteva succedere di tutto. Voi allora chiedete al dott. Specchio una relazione scritta da consegnare urgentemente al Magistrato di Sorveglianza. In questa relazione il prof. Specchio sosteneva che le condizioni di salute di Gregorio Durante imponevano un ricovero urgente in ospedale. Nella relazione si faceva anche menzione del fatto che era stato (dopo il ricovero del 10) rinviato in carcere nonostante l’ipoglicemia, e che, successivamente l’ipoglicemia non era stata posta sotto controllo. La relazione fu consegnata al Magistrato di Sorveglianza.
E che fa a questo punto il Magistrato di Sorveglianza?
Fa un atto col quale chiede al carcere di accertare le attuali condizioni di salute di Durante Gregorio. Lo stesso carcere che per un bel periodo aveva considerato Gregorio un simulatore. Lo stesso carcere che aveva lasciato inevase le drammatiche richieste della madre. Lo stesso carcere dove il medico si permetteva di fare spallucce davanti ad una madre col cuore a pezzi. Lo stesso carcere dove il Direttore poteva dire una cosa, rivelatasi poi non vera, come quella per cui, la domandina per la visita del prof. Specchio era stata autorizzata. Era a questo carcere che il Magistrato di Sorveglianza chiedeva fossero accertate le condizioni del ragazzo. Nonostante una relazione scritta da un luminare della medicina, che ci metteva la faccia nel dire, senza mezze parole, che il ragazzo si trovava in condizioni di drammatico pericolo di vita.
Il 31 mattina la madre e la nuora mentre stanno arrivando in carcere per un nuovo colloquio, ricevono una telefonata in cui vengono avvisate che Gregorio non ce l’ha fatta. Gregorio è stato trovato morto proprio nella mattina del 31, nella cella numero cinque, durante un’ispezione.
La madre ha una forza straordinaria. Continua il tragitto verso il carcere per riprendersi il corpo del figlio. E appena arriva, vede la finestra del Direttore, che da la sopra la guarda e gli dice “Animale, animale”. Il direttore alza braccia e mano e fa il gesto di mandare a fare in culo. E’ accaduto davvero questo? E se è accaduto, può un Direttore di carcere fare mai un gesto del genere? E, soprattutto, può farlo ad una madre che ha perso il figlio da poco, e, probabilmente, anche grazie alla sua azione o inazione?
Comunque, dopo un paio d’ore il Direttore li riceve nel suo ufficio e dice LORO..
“Signora, proprio questa mattina mi ero deciso ad attivarmi presso il Magistrato di Sorveglianza per chiedere la sospensione della pena…”.
Proprio quella mattina.. che coincidenza..
Il Direttore continua dicendo che lui non è di quei direttori che vanno in carcere solo di tanto in tanto a mettere la firma, ma che lui tutte le mattine è là a farsi il mazzo. E la madre ribatte.
“E quando vedeva mio figlio, cosa vedeva? Nn vedeva un ragazzo che stava morendo? Io le ho consegnato una montagna. E adesso è stato ridotto ad un corpo denutrito fino alla morte”.
Denutrito..
Sì, perché Gregorio oltre a non essere curato, non è stato neanche messo in condizioni di mangiare.
Quando nel 2003, lui si trovò in condizioni simili, venne nutrito con un sondino naso gastrico.
Nel dicembre del 2011 lui era di nuovo in condizioni di non potersi nutrire da solo. Ma in carcere non pensarono mica a trovare un modo per nutrirlo. Ma intesero e rappresentarono la sua impossibilità a nutrirsi, come rifiuto del cibo. Sul diario clinico del carcere è scritto..
“Rifiuta il cibo”.
Rifiuta il cibo una persona che non riesce più a mangiare?
Rifiuta il cibo una persona che non riesce più neanche a deglutire un sorso d’acqua ?
E nessuna delle menti sanitarie del carcere di Trani ha pensato che molto probabilmente non poteva mangiare, che non poteva deglutire, e si doveva cercare di alimentarlo in qualche modo?
Quando il 24 il prof. Specchio andò a visitarlo, raccontò poi di avere visto sul labbro di Gregorio, uno strano impasticciamento rosato. Fu solo dopo che la madre ebbe un momento di improvvisa intuizione, come un flash, e ricordò che le comprese di Tolep, che suo figlio prendeva a suo tempo, insieme al Gardenale, erano di colore rosato. Sì, le stesse compresse che per otto mesi, da quando giunse nel carcere di Trani, non gli vennero più date. E lei credette a quel punto di capire cosa era accaduto. Quell’impasticciamento rosa erano le pillole di Tolep che non potendo il ragazzo ingoiare, perché ormai incapace di deglutire, si scioglievano lentamente in bocca, per poi formarsi una pasta rosa, che fuoriusciva all’esterno sul labbro, cristallizzandosi sopra di esso. E ricordò che effettivamente Gregorio, nella lettera che il 5 dicembre scrisse alla moglie, dopo la devastante crisi epilettica del 4, a un certo punto diceva..
“Miracolosamente, subito dopo la crisi epilettica, si è trovato il Tolep”.
Ma non si era detto, alle ripetute e angosciate pressioni del ragazzo, che l’Asl non lo stava aspettando e “aspetta e spera”? E già, comunque, fosse stato esattamente così, il comparto sanitario del carcere avrebbe dovuto fare il diavolo a quattro perché queste pillole giungessero. Ma.. se non erano in carcere.. come mai compaiono, stando alla lettera di Gregorio, esattamente la mattina dopo la sua crisi epilettica del giorno dopo. Anche se il carcere avesse fatto istanza all’Asl, sarebbero passati sempre dei giorni? A meno che non si tratta di un’Asl molto particolare, che in poche ore recepisce le istanze e fa pervenire le risposte. Mai vista un’Asl così efficiente. Se no, non è per caso che le pillole erano già nel reparto sanitario del carcere, e questo ragazzo è dovuto stare quasi otto mesi senza uno dei due farmaci essenziali per la terapia?
E la cosa spaventosa è che una volta che sono “magicamente” uscite fuori, non ci fosse un cane che capisse che questo povero disperato non poteva più neanche deglutire. Ma, se l’intuizione della madre corrisponde al vero, gliela ficcavano in bocca, la ficcavano in bocca a una persona ormai incapace di reggersi in piedi, di parlare, di fare alcunché. La ficcavano in bocca, e magari non davano neanche l’acqua? E non controllavano neanche se riusciva ad ingoiare? Gli ficcavano la pillola in bocca come a una cavia da laboratorio. E questa si scioglieva lentamente. Ma loro hanno avuto mai il dubbio che lo strato rosa sulle labbra di Gregorio era la stessa pillola rosa, sciolta però, che loro gli davano (sempre se la intuizione della madre corrisponde al reale)?
Altro dato “di dettaglio”. La madre viaggiava sempre con le cartelle cliniche del figlio. Lo ha fatto per tutti questi 25 giorni di orrore. Quando il 10 ebbe la sua crisi psicomotoria durante il colloquio, la madre voleva dare le cartelle cliniche ad un’ ispettore. Le cartelle cliniche risalivano al 2003. Ma era evidente il senso che aveva il presentarle. Ovvero, quello che era avvenuto nel 2003, si sta verificando nuovamente adesso (2011), basta intervenire allo stesso modo e si eviterà l’inevitabile situazione che altrimenti, se non si agisce come si deve agire, si verificherà.. debilitamentoe.. coma.. morte. La madre diede in mano quelle cartelle cliniche ad un ispettore. Questi le aprì, lesse il primo foglio, e disse che essendo del 2003, erano vecchie. Tu cercasti di fargli capire che vi era una logica chiara che rendeva importante consultare quelle cartelle. Una logica che avrebbe capito anche un bambino. Ma quell’ispettore gliele ridiede in mano e le disse:
“Se ci servono, ce le consegnerà”.
Se ci servono…
L’analisi del corpo del ragazzo, è stata causa di ulteriore sofferenza per la madre. Non solo perché è un corpo denutrito, devastato e pieno di ecchimosi. Ma anche per le modalità in cui sembra essere giunta la sua morte.
“Mio figlio è morto durante crisi violente. I pugni sono stretti incredibilmente e le dita sembrano artigli. E’ morto solo. Quando il blindato era chiuso veniva lasciato sulla sedia a rotelle, da solo. Senza suppellettili, senza che nessuno lo controllasse, gli mettevano un pannolone se ne andavano. Lo hanno lasciato morire da solo”.
Morto come un cane, in una condizione di totale impotenza ed abbandono. Morto solo in una cella col blindo chiuso, nonostante fosse ormai totalmente non autosufficiente, e avrebbe dovuto avere qualcuno sempre con lui, ad aiutarlo per eventuali esigenze, o pronto ad intervenire in caso di pericolo. Invece era solo, solo, incapace di andare in bagno, incapace di mangiare, incapace di muoversi, inchiodato su una sedia, come un sacco di patate.
Circa sette o otto giorno dopo la morte di Gregorio… casualmente… i detenuti a lui vicino sono stati trasferiti. Ma la famiglia ha i loro nominativi, li ha contattati, e loro sono disponibili a testimoniare. Anzi, hanno fatto proprio richiesta per farsi sentire. La madre e la nuora hanno chiesto anche l’acquisizione dei nastri delle telecamere delle sale colloqui.
Tra poco avrà inizio l’istruttoria, la prima fase di un procedimento giudiziario. Più di dieci indagati.
Un’ultima piccola annotazione “di dettaglio”, o “di colore”, come si diceva un tempo. Durante quei 25 giorni in cui un ragazzo di nome Gregorio Durante conobbe la morte, in un lungo e doloroso disfacimento, senza che chi di dovere attuasse veri interventi risoluti, la madre telefonava spesso in carcere. Vedeva il figlio accartocciarsi in se stesso, voleva quanto meno sapere quello che stava accadendo. Alle prime telefonate le hanno dato ascolto. Ma dopo.. le hanno fatto capire che li stava infastidendo.
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Conclusa la storia, e prima di farvi una proposta, mi permetto di fare alcune domande riepilogative finali..
1) E’ normale che da aprile del 2011 (da quando entrò nel carcere di Trani), fino al 5 dicembre del 2011 (quando Gregorio ebbe il suo attacco epilettico), Gregorio non venne messo in condizione di utilizzare il secondo farmaco che regolarmente prendeva (insieme al gardenale), il tolep 600? Ci è attivati veramente in quei mesi per fare giungere quel farmaco nella struttura carceraria, invece di dare risposte mediocri come quella data dal Dirigente sanitario del carcere di Trani <<sa come vanno queste cose.. proprio per te adesso ce la farebbero arrivare?>>?
2) E’ normale che quel farmaco apparve “miracolosamente” il 5 dicembre, il giorno dopo l’attacco epilettico di Gregorio? Se non c’era fino al 4, come è potuto uscire fuori il 5? Hanno adottato una procedura supersonica di contatto dell’ Asl e di risposta della stessa Asl, o il farmaco era già presente in carcere?
3) E’ normale che il 4 dicembre, nonostante la sua crisi epilettica, il 118 nono riterrà opportuno portarlo in ospedale? Ed è normale che tra il 4 e il 31 dicembre, nonostante molteplici crisi psicomotorie, il 118 non provvederà a portarlo in ospedale?.
4) E’ normale che, durante il colloquio del 10 dicembre 2010, quando il figlio avrà una crisi psicomotoria davanti a lei, il figlio andrà in ospedale, solo per il “casino” che farà la madre, e per la minaccia di non muoversi da là finchè non lo si sarà fatto andare in ospedale? Se la situazione meritava il ricovero.. non ci sarebbe dovuto essere bisogno di nessuna “minaccia da parte della madre”.
5) E’ normale che, sempre lo stesso giorno 10 dicembre, da uno dei medici  del carcere a cui la madre stava esponendo la situazione, cercando di fargli capire quello che sarebbe successo se fosse rimasto in carcere, riceverà anche affermazioni come questa? :“Signora, è già un miracolo che lei stia parlando con me”.
6) E’ normale che quando allo stesso medico la madre chiederà  se fossero stati fatti gli esami adeguati (Tac, risonanza magnetica, liquor).. il medico invece di rispondere adeguatamente, starà con le mani in tasca a fare spallucce? E’ un medico questo? E può lavorare in un carcere una figura del genere? E tollerabile che dinanzi ad una madre reduce da un attacco psicomotorio del figlio, e in preda all’angoscia e alla paura, un medico possa avere frasi del tipo “lei è fortunata a parlare con me”, rimanere evasivo nelle risposte, fare spallucce e stare con le mani in tasca? E’ pieno di bravi medici che potrebbero fare un ottimo lavoro in carcere. Si consiglia un rapido rinnovamento, con sostituzione di persone adeguate a persone inadeguate.
7) E’ normale che, avvenuto il ricovero del 10 dicembre, ottenuto dalla madre, il ragazzo, dopo solo due giorni, nonostante la glicemia fosse molto bassa e le crisi psicomotorie continuassero, fosse rimandato in carcere?
8) E’ normale che quel ragazzo, tornato in carcere, venga messo in isolamento per tre giorni, perchè le “Autorità” del carcere di Trani, Direttore e Dirigente sanitario in primis, credevano che simulasse per ottenere benefici penitenziari? Un ragazzo di cui gli stessi compagni di cella avevano assistito alla crisi epilettica. Un ragazzo di cui lo stesso ospedale accertò che aveva crisi psicomotorie e la glicemia bassa. Questo ragazzo, scombussolato fisicamente e mentalmente, come “primo intervento”, al suo ritorno dal ricovero in ospedale ricevette tre giorni di isolamento.
9) E’ normale che il Magistrato di Sorveglianza, dietro pressanti istanze drammatiche della famiglia e degli avvocati, abbia stabilito che dovesse andare 30 giorni nell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario, per capire se Gregorio stesse simulando o meno (a cui non arriverà mai, perché non c’erano posti)?
10) E’ normale che, durante il colloquio del 14, tenendo presente che il ragazzo da tempo voleva essere visitato dal medico che già a suo tempo lo aveva salvato – l’apprezzato neuropsichiatra prof. Luigi Specchio- il Direttore  dica alla madre “Sì, sì, proprio stamattina ho autorizzato  la domandina perché venga a visitarlo il medico di fiducia”… quando poi nessuna comunicazione arriverà dal carcere, e si accerterà che la richiesta del Direttore non è mai partita dal carcere? E’ normale che un Direttore di carcere prima prenda un impegno davanti alla madre di un detenuto in condizioni disperate e poi non faccia nulla? Se, davvero non ha fatto nulla, come risulterebbe, è accettabile, in un contesto così delicato, dire una bugia ad una madre e darle una aspettativa che poi non verrà a concretizzarsi?
11) E’ normale che, dopo che il prof. Specchio, avendo visitato il 27 dicembre Gregorio Durante e avendolo trovato in condizioni disperate e in evidente pericolo di vita, abbia preparato una relazione scritta, dove sosteneva che le condizioni di salute di Gregorio Durante imponevano un ricovero urgente in ospedale, e dove si faceva anche menzione del fatto che era stato (dopo il ricovero del 10) rinviato in carcere nonostante l’ipoglicemia, e che, successivamente l’ipoglicemia non era stata posta sotto controllo.. relazione questa consegnata urgentemente al Magistrato di Sorveglianza… e a tutto ciò l’intervento del Magistrato di Sorveglianza, invece di autorizzare un ricovero urgente, sia stato un atto col quale chiede al carcere di accertare le attuali condizioni di salute di Durante Gregorio?
12) E’ normale che la mattina del 31 dicembre, alla madre giunta in carcere, poche ore dopo che aveva saputo della morte del figlio, il Direttore dalla sua finestra, a lei che inveiva verso di lui (le era morto un figlio, ogni reazione doveva essere compresa), lui l’avrebbe, a gesti, mandata a fare in culo? Può un Direttore di carcere mandare a fare in culo la madre di un ragazzo detenuto, morto da poco tra l’altro? Può proprio avere atteggiamenti del genere, nell’ambito dello svolgimento delle sue funzioni?
13) E’ normale che ad un ragazzo che non poteva alimentarsi da sé, che non poteva neanche deglutire, non si sia pensato di alimentarlo in altro modo, ad esempio con un sondino nasograstrico, come era avvenuto nel 2003, quando aveva avuto un altro devastante crollo? Se tutto questo viene confermato, è normale che nessuno abbia pensato di intervenire per alimentarlo, portandolo così ad una situazione di denutrimento che lo debiliterà ulteriormente?
13) E’ normale che Gregorio Durante sia morto solo come un cane? E’ normale che un ragazzo del genere, che si trovava in una condizione di totale impotenza ed abbandono, sia morto solo in una cella col blindo chiuso, nonostante fosse ormai totalmente non autosufficiente, e avrebbe dovuto avere qualcuno sempre con lui, ad aiutarlo per eventuali esigenze, o pronto ad intervenire in caso di pericolo? Invece era solo, solo, incapace di andare in bagno, incapace di mangiare, incapace di muoversi, inchiodato su una sedia, come un sacco di patate. Come dice la madre “gli mettevano solo un pannolone e se ne andavano”.
13) E’ normale che circa sette o otto giorni la morte di Gregorio, i detenuti a lui vicini sono stati trasferiti?
14) E.. consentitemi anche questa domanda.. è normale che, in quei 25 giorni di calvario, in quel dicembre 2011, alla madre che vedeva il figlio accartocciarsi sempre di più in se stesso e avviarsi inesorabilmente alla paralisi e alla morte, alle sue incessanti e SACROSANTE chiamate al carcere di Trani, per sapere come si evolveva la situazione, dopo le prime risposte, cominciarono a farle capire che con le sue chiamate disturbava?
Noi chiediamo che a queste domande qualcuno risponda.
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Amici che avete avuto la pazienza di leggere fino alla fine, che farete adesso?
Penserete che è un’altra brutta storia del mondo cattivo, e passerete oltre o farete anche solo UN gesto?
Io comunque vi ringrazio per avere letto finora, ma, se volete fare qualcosa per questo ragazzo, per sua madre, per chi potrebbe vivere una realtà simile, bene due cose potete sicuramente fare.
I- Scrivete al Direttore del Carcere di Trani, Salvatore Bolumetti per manifestare la vostra incredulità, la vostra indignazione, per fare le vostre, riflessioni, per chiedere semplicemente chiarimenti. Adesso vi darò l’indirizzo. Per chiunque di voi non voglio scrivere una lettera di suo pugno, mi scriva alla mia email (erasmuszed77@yahoo.it) e gli invierò un prestampato da stampare e sottoscrivere. Sullo spazio dedicato ai destinatari sulla busta della lettera potete scrivere.
All’attenzione del Dott. Salvatore Bolumetti
Casa Circondariale – via Andria 300
70059 Trani (Bari)
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II- Avvisate chiunque di questa vicenda.. contattate associazioni e siti internet.. scrivete a giornali e programmi televisivi. Facciamo emergere sempre di più questa intollerabile storia. Questa storia dove un ragazzo avrebbe potuto facilmente essere ancora in vita, invece adesso è morto. Facciamolo per lui, per la madre e per tutti coloro che rischiano di fare una fine come la sue.
Grazie..
E adesso.. alcune foto.. com’era prima di finire in carcere. E com’era dopo otto mesi di “trattamento” nel carcere di Trani.
nn

ggg

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