domenica 20 novembre 2011

Claudio, Cristian e la strana morte dopo l’arresto


Forse Cristian non ha avuto una bella morte, ma sicuramente poteva avere una vita molto più fortunata. Quando la racconta, suo fratello Claudio, non trova le parole perché non c’è solo dolore e smarrimento, c’è anche parecchio pudore, parecchio imbarazzo a raccontare una famiglia che si è sparsa in tanti pezzi che si stanno incollando intorno a un buco così nero come un arresto che diventa ricovero e poi decesso per «arresto cardiocircolatorio», che è poi il motivo per cui ogni umano lascia questa terra. Claudio, primogenito, e Cristian sono fratelli di latte, non proprio di sangue, perché figli di padri diversi. La mamma li ha lasciati presto, molto presto, una perdita precoce per due bambini, ma ha portato lo stesso cognome De Cupis anche al secondo genito. Le strade dei due fratelli si sono divise abbastanza presto, perché Claudio è cresciuto con la famiglia del padre, mentre Cristian è stato affidato alla zia Maria e alla nonna Palmira, rispettivamente sorella e mamma di sua madre. Il risultato è che è venuto con una zia-mamma e una nonna-zia, senza padre (anche lui scomparso da tempo) e senza madre, come ricorda lo stesso Claudio che di anni ne ha 39, tre in più del fratello, e che ne parla un po’ come fosse morto due volte. Prima di andarsene nel sonno, in un letto di ospedale, come hanno detto i medici del Belcolle di Viterbo, non spiegandosi neppure loro il perché di una morte così. «Il suo stato di salute generale, secondo quanto si è appreso, pur se compromesso da alcune malattie infettive e da disturbi psichici connessi alla tossicodipendenza, non era grave e soprattutto non faceva presagire una morte repentina»: non potrebbe essere più eloquente la nota dell’agenzia che racconta lo stupore di tutti, a cominciare da chi la vita cerca di proteggerla e prolungarla il più possibile.
Anche Claudio, frastornato tra gli adempimenti burocratici legati alla morte di Cristian, il tonfo sordo della perdita e i pensieri di un rapporto carsico di fratellanza, su e giù tra anni e problemi. «Anni fa, francamente, ce la saremmo aspettati una telefonata del genere, che ci diceva che lo avevano trovato buttato da qualche parte, perché Cristian ha avuto problemi seri per un po’ di tempo, è stato anche in comunità come a San Patrignano. Ma adesso stava meglio, era abbastanza in forma pure, faceva i controlli e stava anche cercando lavoro. Adesso, insomma, non ci pensavamo proprio ad una cosa così».
Racconta, Claudio, e dalle parole ruvide, pescate tra memoria e rabbia, vengono fuori le vite parallele di due bambini cresciuti con un terribile denominatore comune, l’assenza ineludibile della madre, scomparsa troppo presto. «Siamo stati insieme da piccoli ma poi ci siamo diciamo divisi, perché io sono cresciuto con la famiglia di mio padre e lui è rimasto con la zia e nonna, alla Garbatella. A causa dei problemi che ha avuto, e delle sue scelte, abbiamo poi litigato e ci siamo allontanati, ma lui non ha mai avuto una vita tranquilla, serena, principalmente per la mancanza dei genitori. Io ho provato ad aiutarlo in tutti i modi, ma non ci sono riuscito, e devo dire che non è stato il primo o l’ultimo nella famiglia ad avere certi problemi». Riepiloga così, lui che, con moglie e figlia, da pochi giorni è disoccupato, dopo aver perso il lavoro come addetto alla manutenzione all’aereoporto di Fiumicino. Riannoda i fili di un’esistenza, quella di Cristian, che è sempre rimasta appesa come in bilico tra speranze e cadute. «Mio fratello ha cominciato ad avere problemi diverso tempo fa, almeno quindici anni, è stato anche dentro, mi ricordo soprattutto Regina Coeli, e di arresti ne aveva avuti anche diversi altri, così come è stato in alcune comunità di recupero tra le quali San Patrignano. Però aveva anche lavorato, è stato a Milano anche. Impieghi a tempo determinato come ascensorista o simili, ma almeno aveva un’occupazione».
Non ora, non nei giorni precedenti ai fatti di Termini, ma nessuno al momento sa perché ci fosse andato e cosa sia veramente successo. «Nemmeno io ho un’idea di cosa ci facesse in stazione, non è escluso che bazzicasse da quelle parti, ma il punto è che noi come famiglia non sappiamo ancora nulla, nemmeno perchè lo abbiano portato all’ospedale di Viterbo. Non ci hanno detto nulla, se non che mio fratello ci è stato portato in stato confusionale. eppure per dirci che era morto ci hanno trovato subito, i numeri dove trovarci li avevano, potevano essere così veloci anche quando lo hanno ricoverato no? Anche perché già al Santo Spirito c’era stata la denuncia di mio fratello, il medico si era reso conto che qualcosa non andava».
Gli hanno detto, continua Claudio, che durante un controllo è andato in escandescenze contro gli agenti della Polfer, e poi chissà cosa sia successo: «Devo dire che mio fratello da ragazzo era un po’ strafottente con le forze dell’ordine, ma adesso aveva messo la testa a posto e ne aveva perfino un po’ di timore, ci stava alla larga tanto è vero che per fare un semplice documento mandava mia zia. Ma è anche vero che lo conoscevano, non glielo devo dire io che verso chi ha precedenti hanno un atteggiamento diverso, no?».


Tratto da: Claudio, Cristian e la strana morte dopo l’arresto – Italia – l’Unità | Informare per Resistere http://informarexresistere.fr/2011/11/20/claudio-cristian-e-la-strana-morte-dopo-l%e2%80%99arresto-%e2%80%93-italia-%e2%80%93-l%e2%80%99unita/#ixzz1eEIRPeFN
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