domenica 29 gennaio 2012

Il carcere alla prova dei bambini


Il carcere alla prova dei bambini

26 gennaio 2012versione stampabile
Marco Spinello
Si chiama ‘spazio giallo’, un luogo pensato e creato per i bambini con genitori che scontano una pena in un carcere. Uno spazio che non sia più riempito dalla ‘noia’ dell’attesa del proprio turno per abbracciare il proprio papà o la propria mamma, ma un luogo che si riempie di cose “belle”, di socializzazione, uno spazio in tutto e per tutto simile ad un asilo. E’ stata presentata oggi dall’associazione ‘Bambinisenzasbarre’ la prima ricerca europea sull’impatto della detenzione sui minori.
“Uno spazio di connesione interno-esterno” dove il primo contatto del bambino non dev’essere con un luogo freddo, dice Lia Sacerdote, presidente dell’associazione e prima promotrice del progetto, che ricorda: “E’ un’idea che viene da lontano, abbiamo iniziato dieci anni fa con un’idea pilota danese che si occupa dell’infanzia in tutto il mondo, e quindi per qualche anno abbiamo avuto questa fortuna di poterci occupare dei contenuti e quindi strutturare una vera e propria pratica che poi nel tempo si è evoluta”. “Come tutte le idee ha dovuto trovare lo spazio prima nella mente e poi ha dovuto trovare lo spazio fisico, la sua realizzazione nel carcere”. La prima sperimentazione ha avuto luogo nel carcere di San Vittore, nel 2007, e poi a Bollate nel 2010. Anche nel terzo carcere di Opera è quasi tutto pronto.
L’enfasi della Sacerdote si posa inevitablmente sulle dimensioni del fenomeno sociale di cui stiamo parlando: “5000 bambini nella sola città di Milano e una stima di circa 100 mila nel resto d’Italia”. Dimensioni che non possono restare nell’ombra, nell’indifferenza. Certo. Anche perchè molto spesso i bambini sono costretti a cambiare bus anche tre volte prima di arrivare a Bollate, magari svegliandosi alle quattro di mattina. Il richiamo all’importanza delle sinergie è fatto più volte, soprattutto sul ripensamento di come il territorio ‘vede’ e ‘vive’ il carcere.
E’ questo il richiamo dell’Assessore alle Politiche sociali e alla Cultura della salute del Comune di Milano, Pierfrancesco Majorino, quando dice che il “Comune di Milano deve fare di più”. Gli fa eco, dalla prospettiva di chi il carcere lo vive tutti i giorni, il direttore del Carcere di Bollate, Massimo Parisi, ponendo particolarmente l’accento sull’importanza dell’accoglienza, dell’impatto del bambino con il carcere sia come struttura, prima, sia con la componente umana del carcere, le guardie, poi.
Proprio su questo punto Laura Formenti, docente di Pedagogia della famiglia all’Università Bicocca, che partecipa al progetto da alcuni anni, fa capire quanto importante e difficile sia l’educazione delle guardie ad utilizzare il ‘sorriso’ nel loro rapporto con i più piccoli, quando, invece, la loro prima funzione è quella di mantenere la sicurezza all’interno delle strutture. Una vera e propria scommessa. Così com’è altrettanto importante per la famiglia, “trasmettere l’immagine del papà che nonostante sia detenuto può comunque trasmettere emozioni positive al proprio figlio”.
Il progetto ha quindi un valore che va dal rapporto con il territorio a quello intimo dei rapporti famigliari, ma tocca anche le tematiche più grandi, quelle di sistema e, a volte, anche quelle ideali, come il ruolo della giustizia. Su questo aspetto è intervenuto Valerio Onida, presidente emerito della Corte Costituzionale, riflettendo sul paradosso della negazione del diritto del bambino a poter crescere con il proprio genitore. Questo, l’unico caso in cui è la società che vieta quel diritto senza che lui ne abbia colpa. E quindi afferma Onida: “Lo spazio giallo è un po’ un luogo in cui si limitano i danni di quella privazione, un modo per porre rimedio”. Onida da molta importanza anche all’aspetto a volte dimenticato che il detenuto è in carcere si per scontare una pena, ma soprattutto per essere “rieducato” per permettere il suo reinserimento nella società, ed è proprio in questo frangente che l’iniziativa del progetto dello spazio giallo dimostra tutte le sue potenzialità, in quanto: “L’arrivo del proprio figlio ha un effetto positivo nel processo di ri-socializzazione del genitore, nel suo percorso verso la normalità”, ed è proprio qui che la legge deve agire più efficacemente.
L’aspetto fondamentale per Claudia Mazzucato, docente di Diritto penale all’Università Cattolica di Milano, è proprio il paradosso della privazione, ma vedendoci una grande occasione per la società nel suo insieme in quanto: “Il bambino diventa orfano per decisione della pubblica amministrazione, ma anche in nome della giustizia a condannare il genitore. E se il bambino la vive come un’ingiustizia, si è fatto il primo passo per creare quella situazione che statisticamente porta a trasformarlo in un criminale a sua volta”. Ecco perchè è importante che il diritto italiano vada verso una legislazione che consideri l’interesse del bambino come preminente. “La società che punisce deve fare di più in questo senso, e deve farlo presto”

fonte: http://www.eilmensile.it/

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