lunedì 2 gennaio 2012

Muore in cella, la madre accusa: "Ucciso"


Muore in cella,
la madre accusa: "Ucciso"

Le vittime Nel 2011 nelle carceri italiane sono morti 183 detenuti Fra questi ci sono stati ben 66 casi di suicidio

Trani, secondo i parenti era gravemente malato.
La Procura indaga per omicidio

FRANCESCO MOSCATELLI
TRANI
«Me lo hanno ucciso, me lo hanno fatto morire in cella da solo come un cane. Quando siamo andati a trovarlo a Natale era su una sedia a rotelle, aveva gli occhi chiusi, non parlava e si faceva persino la pipì addosso, aveva ai polsi persino i segni delle corde con le quali veniva legato al letto e mi dicevamo invece che stava simulando». Ornella, la madre di Gregorio Durante, il detenuto di 34 anni ritrovato senza vita ieri mattina nel penitenziario di Trani, lo ripeteva da settimane: «Mio figlio sta male, non deve stare in carcere». Anche gli altri familiari, che ieri hanno presentato una denuncia sollecitando la Procura di Trani ad aprire un’inchiesta per omicidio colposo, lanciano accuse pesanti: «Gregorio aveva i postumi di un’encefalite virale - raccontano -. In più, dopo che era stato costretto a rimanere tre giorni in isolamento diurno con l’accusa di aver simulato una malattia, le sue condizioni erano peggiorate».

Gregorio è morto nella notte di Capodanno, poche ore dopo il discorso in cui il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano definiva «l’emergenza della condizione disumana delle carceri e dei carcerati uno dei limiti del nostro vivere civile». Gregorio, per le statistiche, è stato il numero 183. Tanti sono stati infatti i detenuti deceduti nel 2011 nelle sovraffollate prigioni italiane. I Radicali di Marco Pannella e le associazioni di volontariato lo denunciano da mesi: nel nostro Paese ci sono 68.144 persone stipate dentro strutture che non potrebbero ospitarne più di 45.654. Anche il penitenziario di Trani, 439 reclusi ma solo 233 posti letto regolamentari, non fa eccezione.

Ma è il dato sui suicidi quello che meglio descrive l’inferno delle carceri italiane. Delle 183 persone morte dietro le sbarre, infatti, più di un terzo (66 per l’esattezza) si sono tolte la vita. Un foglio appoggiato sulla branda o sul tavolino della cella per gridare per l’ultima volta la propria disperazione, un lenzuolo trasformato in un cappio, il gas di una bomboletta da campeggio o una lametta da barba per farla finita. Succede tutti i giorni. È successo anche nell’ultima notte dell’anno. Nel carcere torinese delle Vallette un detenuto romeno di 37 anni in attesa di giudizio si è ammazzato poco prima della mezzanotte, impiccandosi con un lenzuolo. Nel penitenziario abruzzese di Vasto, invece, un tunisino di 25 anni che ha tentato il suicidio tagliandosi le vene con una lametta da barba, è stato salvato dai compagni di cella che si sono accorti di quello che stava succedendo. Nelle stesse ore, infine, a Vigevano (Pavia), un detenuto italiano di 37 anni ha tentato di impiccarsi con una striscia di stoffa ricavata da un lenzuolo. Lo ha salvato in extremis un agente di custodia. E sono proprio i portavoce degli agenti di polizia penitenziaria a supplicare per l’ennesima volta un aiuto. «Si rischia il tracollo, governo e parlamento trovino con urgenza soluzioni politiche e amministrative per evitarlo» chiede il Sappe. Anche l’Osapp, l’altra sigla sindacale, invoca «misure veramente risolutive, non i palliativi che lasciano le cose come stanno».

Una risposta potrebbe arrivare a breve. Giovedì 4 gennaio, infatti, comincerà in commissione Giustizia al Senato l’iter del pacchetto Severino sull’emergenza carceri. Si tratta di misure che nell’arco di un anno potrebbero far uscire dai penitenziari circa 3.300 detenuti, estendendo a 18 mesi, dagli attuali 12, il periodo di pena finale da scontare a casa per le condanne non gravi.

fonte: http://www.lastampa.it/redazione/default.asp

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