domenica 2 ottobre 2011

Reati diversi, unica pena: il carcere


2 Ottobre 2011




“Giustizia relativa e pena assoluta” è  un libro di Silvia Cecchi, che esercita la professione di magistrato. Propone una sorta di vademecum, apparentemente piccolo e semplice, ma che racchiude un significato importante e difficile, affrontando il problema della realtà carceraria e della complessità del nostro ordinamento giuridico.
Quest’opera è innanzi tutto un libro di approfondimento contro la giuridicità della pena carceraria: la sanzione a contenuto afflittivo per eccellenza. E affronta il tema della galera da una prospettiva diversa rispetto al sovraffollamento.
L’autore muove la sua analisi considerando la situazione carceraria di oggi: "Se da un lato siamo usciti dalle barberie dei supplizi e delle torture , dall’abominevole accanimento sul corpo del reo, dall’altro abbiamo introdotto una nuova barbarie generalizzando una forma di pena indifferenziata, non solo afflittiva del corpo e dell’anima del detenuto, ma anche devastante per i suoi familiari".
Reati che nella loro natura, qualità e gravità non hanno nulla in comune vengono scontati oggi con un unico tipo di pena: il carcere. Allo stesso modo, diverse categorie di imputati: stupratori, assassini, pericolosi criminali di mafia, semplici truffatori, al di là della gravità del reato commesso, si ritrovano nello stesso luogo fisico oltreché con la stessa pena inflitta da espiare. La prigione, da molti considerata inferno, è il luogo dove viene rinchiuso chi è privato della libertà personale, dove regnano sentimenti come la solitudine, l’umiliazione, il divieto di affettività…
Ognuno di noi – racconta la Cecchi - almeno una volta, avrà assistito, direttamente o indirettamente, a scene in cui il reo dichiara espressamente di "non riconoscersi" nell’atto che ha compiuto e di non essere in grado di spiegare nemmeno a se stesso i motivi che lo hanno indotto ad attuare una simile azione, dolosa o colposa che sia,  comunque talmente grave da doverne rendere conto agli altri.
Molti di loro appaiono spaventati di fronte all’oggettiva consistenza del fatto compiuto. Ma allora, l’atto criminoso è (sempre) espressivo della personalità del reo? Sotto quale profilo la negligenza, l’imprudenza o la distrazione accertate meritano l’onnivora punizione della persona? Quale posto occupa la tutela della vittima oggi e quale funzione può svolgere rispetto al problema di una "giusta" sanzione?
Queste domande, che ritroviamo nel lavoro della Cecchi, rappresentano un notevole e non indifferente spunto di riflessione e una sfida che il pm lancia sull’attuale situazione dell’istituto della pena carceraria, indubbiamente da decostruire, sul nostro ordinamento giuridico-penale da cambiare, su un quadro di riferimento da riesaminare attentamente, nonché sulle condizioni denigranti, oscene e disumane che oggi  un detenuto è costretto a sopportare.  
Le argomentazioni trattate in Giustizia relativa e pena assoluta, oltreché attuali e sicuramente difficili da sopportare per i detenuti, sono affrontate dall’autore in modo chiaro, con grande duttilità e con una sensibilità tale che forse solo chi si ritrova quotidianamente, per motivi professionali o familiari, a stretto contatto, con realtà simili, può cogliere e intuirne il significato profondo.
Silvia Cecchi, sostituto procuratore della Repubblica a Pesaro, città natia, è autrice non solo di saggi giuridici ma anche di raccolte poetiche e testi narrativi.  Si è diplomata in pianoforte. Tra i suoi scritti più recenti ricordiamo: il testo dell’azione lirica Solo di donna (2004) e il testo dell’opera All’alba dell’umano. Processo a Costanza (2009), entrambi scritti in collaborazione con il compositore Adriano Guarnieri e per voci, nastro magnetico ed ensemble musicale, editi da Ricordi.

FONTE: http://www.loccidentale.it/

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