giovedì 15 settembre 2011

Carceri insostenibili


MANIFESTAZIONE

Carceri insostenibili

Da Perugia parte la protesta contro il sovraffollamento.
di Francesco De Augustinis
Strutture sovraffollate, pochi fondi e organico ridotto. Sono queste le questioni che la campagna di protesta dei sindacati di polizia penitenziaria, iniziata mercoledì 14 settembre dal carcere Capanne di Perugia, vuole risolvere viste le ricadute sulla qualità del lavoro, sui salari e sulla sicurezza dei dipendenti delle carceri.
A inaugurare un picchetto di fronte alla struttura detentiva del capoluogo umbro, in attesa della manifestazione di fronte al ministero della Giustizia a Roma, i due principali sindacati nazionali di polizia penitenziaria, il Sindacato autonomo di polizia penitenziaria (Sappe) e il Libero sindacato degli appartenenti della polizia penitenziaria (Lisiapp).
SOVRAFFOLLAMENTO UMBRO. In Umbria, secondo i dati di Rosati, i detenuti sono passati dagli 800 del 2006 agli attuali 1.750. Nel solo carcere di Perugia Capanne si è raggiunta quota 600, contro la capienza massima di 350 posti.
La situazione rispecchia però quella nazionale, dove all'interno delle 207 strutture, con una capienza effettiva di 45.681 unità, si trovano oltre 69 mila detenuti.
«Abbiamo scelto l'Umbria, perché fino a qualche anno fa questa regione rappresentava un'eccellenza a livello nazionale per le carceri», ha detto Daniele Rosati, segretario generale aggiunto del Lisiapp. Peccato, però, che «nel giro di un'anno e mezzo, a causa di una politica nazionale sbagliata», la Regione sia diventata «un caso critico, come se ne contano tanti nel Nord Italia, dove alla carenza del personale corrispondono frequenti condizioni di sovraffollamento delle strutture».

Carenza di personale: mancano oltre 5 mila agenti

Al problema del sovraffollamento si sovrappone quello della carenza del personale: «In Umbria manca circa il 20% del personale», ha detto Rosati, secondo cui «nel carcere di Capanne dovrebbero esserci 379 agenti, invece sono 230».
Identico scenario nel resto d'Italia, dove le stime di Donato Capece, segretario generale del Sappe, parlano di una carenza di oltre 5 mila unità.
Per i sindacati, questo dato rischia di aggravarsi per effetto del blocco delle assunzioni previsto dal cosiddetto decreto Brunetta, che prevede «fino al 2013 solo 1.900 nuove assunzioni».
«Un numero che riuscirà a malapena a coprire il turnover dell'anno prossimo, quando sono previsti altrettanti pensionamenti», ha affermato Rosati, il quale ha evidenziato come la «situazione pone gli agenti di fronte a una situazione insostenibile», perché secondo le regole di ingaggio della polizia penitenziaria, «sono previste delle responsabilità penali legate anche alle possibili omissioni».
CENTOQUARANTA MORTI IN CARCERE. Il riferimento dell'esponente sindacale riguarda i casi di autolesionismo dei detenuti, incrementati negli ultimi anni in corrispondenza delle sempre più difficili condizioni di vita nelle strutture detentive.
Negli ultimi 12 mesi, infatti, solo a Perugia Capanne, si sono registrati almeno tre episodi in cui i detenuti si sono tolti la vita o hanno tentato il suicidio.
Secondo il dossier Morire di carcere del centro studi di Padova Ristretti orizzonti, i morti in Italia sono stati 140, di cui 45 per suicidio.

Dall'aumento dei fondi alla riforma del sistema giudiziario

I sindacati chiedono innanzitutto un significativo aumento di fondi, che permetta di coprire i posti vacanti attraverso nuove assunzioni e di migliorare le condizioni di vita nelle carceri. Ma non solo, perché i manifestanti richiedono una riforma del sistema giudiziario che preveda un capitolo apposito per riformare la polizia penitenziaria, dotandola di un proprio comando.
Sul sovraffollamento, diversi poliziotti del picchetto di Capanne hanno insistito nel sottolineare la propria contrarietà agli indulti e alle amnistie: «Si tratta di misure 'tampone' fini a se stesse», ha detto un agente, «è un tipo di soluzione che danneggia le vittime dei reati e che non fa altro che aggravare la situazione, complicando la vita alle forze dell'ordine».
RIMPATRIO, MISURA POCO UTILIZZATA. Le soluzioni suggerite dall'esponente Lisiapp sono il maggiore utilizzo delle pene alternative - ovvero dei lavori socialmente utili - e il rimpatrio dei cittadini stranieri a fronte di un indennizzo ai paesi di origine.
«I lavori socialmente utili sono già previsti nella normativa vigente», ha spiegato Rosati, «ma stentano a decollare per carenza di fondi».
Il sistema dei rimpatri, invece, riguarderebbe il 34% della popolazione carceraria e, secondo il sindacato, «comporterebbe un significativo risparmio». Infatti, a fronte di un «indennizzo ai Paesi di provenienza dei detenuti di 50 euro al giorno, se ne potrebbero risparmiare 300 che mediamente vengono spesi per ogni detenuto in Italia».
Mercoledì, 14 Settembre 2011
fonte: http://www.lettera43.it/

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