sabato 24 settembre 2011

Emergenza carceri, la parola al Garante

Angiolo Marroni evidenzia la grave carenza di organico della Polizia penitenziaria e le situazioni critiche di Regina Coeli e Rebibbia femminile, dove vivono quasi 100 donne in più rispetto alla capienza di Laura Badaracchi

L'emergenza sovraffollamento non accenna a diminuire: secondo le recenti stime del Dipartimento amministrazione penitenziaria, nelle 14 carceri del Lazio si contano 6.565 detenuti (circa un decimo di tutti i reclusi a livello nazionale), a fronte di una capienza regolamentare di 4.800, ovvero quasi 2mila in più; in Italia oltre 67mila persone vivono dietro le sbarre, “stipate” in 45.600 posti. E si registrano situazioni particolarmente critiche a Latina («dove non sono previste attività di recupero»), Cassino («che andrebbe ristrutturato») e Regina Coeli a Roma, ad esempio, dove «ho visto celle per quattro detenuti che ne contengono undici, con letti a castello che arrivano a pochi centimetri dal soffitto», riferisce Angiolo Marroni, Garante per i diritti dei detenuti della Regione.

Intervenendo ieri durante il Consiglio regionale del Lazio, convocato per discutere proprio sul problema del sovraffollamento degli istituti di pena, Marroni ha evidenziato un aspetto poco noto a riguardo: «La polizia penitenziaria soffre di una grave carenza di organico: a Rieti, uno dei migliori istituti del Lazio, ci sono 120 detenuti, quando il carcere ne potrebbe ospitare circa 300. A Velletri un padiglione, che potrebbe contenere oltre 200 detenuti, resta vuoto per mancanza di personale: anche se il penitenziario registra già 150 reclusi in più rispetto alla capienza». Certo - precisa il Garante -, «rendere disponibili ulteriori posti non scioglierebbe il nodo delle condizioni in cui si ritrovano a vivere i detenuti, stipati in una cella: lo renderebbe solo un po' meno stringente».

I numeri parlano da soli, aggiunge Marroni: «In un anno i reclusi sono aumentati di 250 unità: se a gennaio 2011 erano 6.017, nel 2011 sono cresciuti a un ritmo di 70 unità al mese. Talvolta una cella da 5 detenuti ne contiene 11; in alcuni casi, gli spazi di socializzazione sono stati attrezzati a celle». E rispetto al settembre 2010 - quando i detenuti erano complessivamente 6317, di cui 5.868 uomini e 449 donne -, si è verificato un incremento di 248 unità, per un totale ad oggi di 6.139 uomini e 426 donne. A Latina i detenuti dovrebbero essere 86 e sono quasi il doppio, a Frosinone ne risultano 200 in sovrannumero, a Rebibbia Nuovo Complesso e Regina Coeli («che andrebbe completamente ristrutturato, perché ormai vecchio, obsoleto, fatiscente») se ne registrano quasi 500 in più.

A Rebibbia Femminile - a fronte di una capienza regolamentare di 274 posti - vivono quasi un centinaio di donne in più, con problemi ulteriori soprattutto nella gestione delle recluse madri con i figli fino a 3 anni al seguito. Nel carcere “Mammagialla” di Viterbo - dove nei giorni scorsi il Garante aveva lanciato l’allarme per l’uso, da parte dei detenuti, di acqua con alti valori di arsenico - i reclusi sono 746, 300 in più rispetto alla capienza regolamentare di 444 posti; le associazioni sindacali degli agenti di polizia penitenziaria hanno pubblicamente manifestato il loro disagio per le precarie condizioni cui gli agenti sono costretti a svolgere il proprio lavoro.

Inoltre bisogna considerare che tra le persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale circa la metà non è ancora arrivata a una sentenza definitiva; consistente la presenza di tossicodipendenti, malati psichiatrici e detenuti stranieri, aggravata «dalla mancanza quasi totale di psicologi, oltre che dalle carenze di organico nella polizia penitenziaria (costretta a turni massacranti), tra gli assistenti sociali e gli educatori. E non ci sono all'orizzonte nuove assunzioni, seppure annunciate», denuncia il Garante, auspicando «da parte del Governo un impegno per promulgare concorsi di assunzione e un maggiore controllo sull'impiego di poliziotti destinati per cause personali nelle carceri, dove poi gestiscono i bar interni, mentre i colleghi fanno turni faticosissimi». Infine, Marroni auspica lo sblocco delle agevolazioni per favorire l’attività lavorativa dei detenuti: la formazione professionale resta cruciale «ai fini del reinserimento dei detenuti, così come le case famiglia e le comunità terapeutiche».

23 settembre 2011



fonte: http://www.romasette.it/

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