mercoledì 30 marzo 2011


LETTERE DAL CARCERE: LIVORNO, UN ISTITUTO PICCOLO E DIMENTICATO
Documenti
02.02.2006
Radio Carcere, 14 marzo 2006



È piccolo il carcere di Livorno. Piccolo e dimenticato, ma dentro grande è la disperazione, l’abbandono. Le mura del carcere più che imprigionare noi sembrano voler impedire che si sappia cosa accade lì. Perché nel carcere di Livorno ne succedono di tutti i colori, ma nessuno ne parla. Io ho passato, non mesi, ma anni in una cella che sarà stata di dieci metri quadri. Dentro ci stavamo in 6 e a volte 7 detenuti. Uno sopra all’altro. Si stava in una condizione invivibile, lo spazio per muoverci era minino, si faceva a turni per alzarsi dalla branda ed eravamo costretti a stare chiusi in quella celle per 21 ore al giorno. Noi si passava la giornata a letto a dormire o a guardare la televisione. L’ora d’aria, che ce la facevano fare in un cortiletto, era l’appuntamento più atteso del giorno. Questa la nostra giornata nel carcere di Livorno. Io non sono uno stinco di santo e di carceri ne ho girate, ma una cella così schifosa non l’ho vista mai. Una stalla.

Dal cesso usciva la merda, soprattutto di notte come un rigurgito delle fogne, e la salsedine del mare faceva marcire tutto, mura, sbarre e noi stessi detenuti esposti a un’umidità che ci spaccava le ossa. Tra di noi, in quella cella, c’erano anche ragazzi stranieri. Poveracci. Sono loro che, senza neanche poter usare la parola, se la vedono peggio. Lì vedi in silenzio per giorni e giorni, poi all’improvviso te li trovi per terra in cella con le braccia tagliate, in una pozza di sangue. In carcere c’è un metodo per tutto, anche per farsi più male con una lametta. Lasciate a bagno con l’aglio per un po’ di ore, le lamette assicurano ferite più sanguinati. E così è.

Un capitolo a parte è il regime di disciplina che c’è nel carcere di Livorno. Alle guardie non si può chiedere nulla. Questa è la regola per sopravvivere lì dentro. Stare zitto. Se un detenuto domanda di avere anche un semplice foglio di carta o una medicina si rischia la cella liscia. La scena è questa: tu chiedi una cosa, l’agente arriva e ti risponde male. A quel punto se stai zitto va tutto bene ma e se tu reagisci, beh, loro o ti menano lì o ti portano nella cella liscia, quella di punizione.

Io una volta ho risposto e nella cella liscia ci sono stato. Una sera di novembre, sono arrivati in cinque, mi hanno preso, mi hanno portato giù nella cella liscia. Mi hanno fatto spogliare. Per sei giorni sono rimasto nella cella di isolamento in mutante. Dormivo su un materasso buttato a terra e senza neanche una coperta. Nudo, rannicchiato su quel materasso non sapevo più cosa ero.

In quella cella non puoi chiedere aiuto perché loro chiudono anche il blindato, che è una porta di ferro. Quando stai lì nessuno ti può sentire. O meglio, devi sperare che non ti senta nessuno, perché il peggio deve arrivare e sta lì ad aspettarti. Una notte io mi misi ad urlare e loro mi hanno sentito. Pochi minuti di silenzio, poi uno sbattere di cancelli e un rumore di passi pesanti che si faceva sempre più forte. Stavano venendo da me. Io mi sono messo in un angolo della cella per cercare riparo.

Sono entrati e mi hanno picchiato. Erano 6 o 7 guardie, con guanti e con gli scarponi che in cima hanno il ferro. E quelli fanno un po’ male. Sicché mi hanno spaccato la faccia. E si badi che il mio non è stato un caso isolato, non ero il solo nel carcere di Livorno a subire questo trattamento. Ho visto tanti detenuti presi e portati via. Quando tornavano in cella avevano i lividi addosso, spaccati in faccia e gli occhi pesti. Nel carcere di Livorno sono cose normali. Però una cosa va detta, ed è che il problema non sono le guardie. Il problema vero è che quando metti così tanta gente a convivere insieme è ovvio che si degeneri. Negli anni scorsi a Livorno eravamo in due per cella e al massimo volava qualche schiaffo (e pure meritato). Ora siamo in 6 o 7 per cella, e che t’aspetti i fiori la mattina? Insomma più detenuti e più severità, più violenza. Oggi i detenuti del carcere di Livorno hanno paura a parlare di queste cose e si riducono al silenzio. Ti ricordi la regola di prima? Devi stare zitto, altro che rieducazione. Silenzio o botte. Difficile in un posto come il carcere di Livorno capire chi è vittima e chi è carnefice, cosa è giusto o cosa non lo è. Ci si scontra, come auto nella nebbia.



Mario, 43 anni



Casa Circondariale di Livorno

Via delle Macchie, 9, tel. 0586.853044

Direttore: Anna Carnimeo

Data di costruzione: 1984



Detenuti



Capienza regolamentare: 273 detenuti

Capienza effettiva: 383 detenuti

212 sono condannati e 171 in attesa di giudizio

detenuti stranieri: 170

uomini: 349

donne: 34

90 sono tossicodipendenti e 5 affetti da Hiv

27 detenuti sono nella sezione di Elevato Indice di Vigilanza

39 nella sezione dell’Alta Sicurezza

ogni anno nel carcere di Livorno c’è un flusso di detenuti che va da 1.600 a 1.900 persone



Staff



Un Direttore

Polizia Penitenziaria: 275 ma effettivi 230

Educatori: 3

Assist. sociali: 3

Personale sanitario: 1 medico incaricato, medici specialisti in convenzione

Infermieri di ruolo: 1; non di ruolo 7



Struttura



L’istituto è nella periferia della città. Dalla stazione si è collegati con un servizio di autobus urbani. Il carcere ha un primo edificio esterno alla cinta muraria, dove ci sono gli uffici. Dentro le mura il carcere è diviso in tre padiglioni: il maschile, il femminile e quello dei semiliberi. La struttura è significativamente compromessa. Infissi e mura sono corrosi. Sia all’estero che all’interno il carcere è in cattivo stato.



Eventi critici



Ci sono spesso episodi di autolesionismo, specie per quanto riguarda gli stranieri. Negli ultimi due anni sono aumentati i casi di morte:

12 luglio 2003: Marcello Lonzi, 29 anni, muore in carcere per causa non accertata.

24 aprile 2003: M.D., giovane turco, si impicca con le stringhe delle scarpe legate alle inferriate della cella.

29 giugno 2004: D.B., 45 anni, si impicca con la cintura dei pantaloni.

31 luglio 2004: C.R., detenuto cileno di 50 anni, si impicca in cella

7 settembre 2004: L.V., 36 anni, si impicca con le lenzuola alla grata del bagno della sua cella.

27 dicembre 2004: Angelo Vincenti, 57 anni, di origini pugliesi, muore in cella durante la notte, forse ucciso da un infarto


Record
Il 60% circa dei farmaci distribuiti sono psicofarmaci.



fenix-occupato@inventati.org

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