giovedì 24 marzo 2011

Si fa ma non si dice


Fatti gravissimi

Si fanno ma non si dicono: i pestaggi

Questo è l’argomento tabù delle carceri italiane, universalmente noto ma quasi sempre taciuto (a meno che non si tratti di casi clamorosi come quello di Sassari, punta sconvolgente di un iceberg estesissimo). Noi non abbiamo mai assistito direttamente a un pestaggio, ma le testimonianze dei detenuti sono talmente numerose e dettagliate che devono essere considerate assolutamente vere. Il meccanismo dei pestaggi occultati è il seguente: se un detenuto presenta delle lesioni viene sempre dichiarato ufficialmente che se le è procurate scivolando, cadendo dal letto o cose simili. Anche medici e infermieri avallano la menzogna e lo stesso detenuto vi aderisce, per paura di ulteriori rappresaglie. C’è da ritenere che molti suicidi siano causati dal fatto che non tutti i detenuti riescono a sopportare i soprusi.

Alcuni esempi

Un detenuto tunisino, che insiste per andare al Coc perché tossicodipendente, viene picchiato da alcuni agenti. Viene visto sofferente in infermeria, poi scompare. Secondo alcuni detenuti, che hanno già sperimentato questa procedura, il tunisino è rinchiusi in una cella isolata, in attesa che le ferite siano rimarginate( 11.05.01)
Un nuovo giunto in crisi di astinenza viene spinto a calci dentro una cella. A un suo debole tentativo di ribellione viene picchiato da 4 agenti. I compagni sentono chiaramente i rumori delle botte( 20.6.01)
In un raggio i detenuti sentono urla, implorazioni e minacce. 16 detenuti feriti vengono mandati in ospedale. Ad eseguire il pestaggio è stata una squadra di agenti picchiatori guidata da un agente ben noto. Nel raggio erano stati trovati alcuni telefonini (13.7.01). In questo caso sarebbe interessante conoscere il reperto medico.
Nella biblioteca del quarto raggio viene pestato un detenuto marocchino appena arrestato, perché ha delle reazioni definite dagli agenti "strane". Il giorno dopo il bibliotecario troverà tutto devastato: vetri delle finestre rotti, libri per terra, mensole staccate, video del PC a terra rotto (09.03)

Una proposta

È chiaro che questi episodi non sono ammessi (per fortuna!) come normali e leciti, altrimenti perché verrebbero nascosti? Sarebbe auspicabile che almeno in un carcere si riuscisse a spezzare la catena dell’omertà che sembra avvolgere implacabilmente i pestaggi, spesso effettuati da squadre specializzate. Se riconosciuto, il pestaggio verrebbe represso e quindi abolito. E da un carcere, l’abolizione potrebbe estendersi ad altri carceri...

Meno suicidi in un carcere più sopportabile

Normalmente la notizia di un suicidio viene riportata sui quotidiani e se ne comprende bene la ragione: la soppressione della propria vita è qualcosa di terribile che ci sconvolge e ci fa meditare. Invece i suicidi in carcere, che non vengono quasi mai riportati dai giornali, sembra che si diano per scontati. Una persona in carcere? Va da sé che potrà anche tentare il suicidio. Così, come se niente fosse. Oppure si tratta spesso di emarginati, di stranieri, che contano poco o nulla! Qualcuno sostiene appunto che i suicidi sono connaturati al carcere,prescindendo completamente dal suo grado di vivibilità.

Alcuni esempi

Un detenuto albanese si produce dei tagli per protesta. L’agente che lo accompagna al pronto soccorso gli dice che se muore ci sarebbe un albanese di meno. Il detenuto si sente molto offeso e scrive anche su dei fogli la sua testimonianza. Qualche giorno dopo viene trovato impiccato nel gabinetto della sua cella. (13.7.01)
La notte seguente all’arresto un detenuto si taglia con una lametta. In questa occasione viene visto da uno psicologo, poi non più. Ha crisi asmatiche e passa le giornate a letto. Un mese dopo viene trovato morto impiccato nel gabinetto. (5.12.00)
La terapia viene aumentata a un detenuto ogni giorno di 50 gocce fino ad arrivare a 400 gocce. Il detenuto viene colpito da una paralisi parziale, successivamente si impicca. I compagni trovano nella cella anche una bottiglia di pastiglie. (27.3.01)
Una detenuta, molto riservata, sta tutto il giorno sul letto a scrivere o a lavorare a maglia. È a rischio e viene controllata a vista; poi i controlli cessano. Dopo una caduta da uno sgabello comincia ad essere agitata. Infine si uccide impiccandosi nel gabinetto.Il trasporto del corpo viene fatto su un carrello della spazzatura, cosa di cui le concelline si lamentano. (5.12.03)
Un detenuto si vede spesso negato l’accesso al pronto soccorso; fa uno sciopero della fame, dopo inutili tentativi di ricevere un pacco mandato da amici; si taglia tre volte i polsi e per un periodo viene messo in una cella a rischio.Una notte chiede di andare al pronto soccorso per avere gocce per dormire: la richiesta viene negata da un agente, che lo apostrofa così "Fatti la galera!".Al mattino viene trovato impiccato alla grata della finestra del gabinetto. (30.10.00)
Un’umiliazione eccessiva, una terapia sbagliata, la scarsa sorveglianza a una persona a rischio, ripetuti soprusi, una serie di fatti concomitanti: le cause possono essere molte, ma è chiaro comunque che il suicidio è determinato molto spesso proprio dalle situazioni negative dell’ambiente carcerario. Ricordiamo che il suicidio in carcere è 19 volte più frequente che altrove.



fonte : www.ristretti.org  - Gruppo Calamandrei

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