domenica 27 marzo 2011

Voci di donne dal carcere delle Giudecca


LUNEDÌ 21 MARZO 2011

Il carcere invisibile, quello femminile

Il Mattino di Padova, 21 marzo 2011

Delle 67.615 persone detenute, presenti nelle carceri oggi, solo 2.951 sono donne: sono poche, e se ne parla davvero pochissimo. È come se le donne si portassero dentro, nella carcerazione, anche un peso doppio, quello dei sensi di colpa che sempre accompagnano una madre che ha dovuto lasciare i figli soli per le sue scelte sbagliate, e non sa farsene una ragione. Le testimonianze che seguono nascono nel carcere femminile della Giudecca, a partire da una riflessione: che in galera ci si può finire anche dopo anni di vita “regolare”, in cui mai neppure si immaginava che le vite a volte deragliano.

Io ho chiuso il mio mondo in una cella

Non avrei mai pensato che tutto questo potesse succedere a me, tutto avrei creduto, ma non questo. La mia esistenza a tutt’oggi non è mai stata rose e fiori; ho sempre dovuto lottare per riuscire a sopravvivere sin da piccola. Certo la mia strada non è stata facile da percorrere, ho sofferto, ho lottato con le unghie e con i denti, mi chiamavano la pantera nera perché non mi sono mai tirata indietro davanti alle ostilità della vita. Sono sempre stata sola, da un lato è stato un bene perché mi hanno maturata molto velocemente le esperienze negative, ma dall’altro mi hanno anche annientata. Sono andata in esaurimento, ero molto giovane, ed è stato un calvario, tra psicofarmaci e ospedali.
Poi il miracolo, è arrivata mia figlia Elena, la mia salvezza. Grazie a quel piccolo fagottino ho ricominciato a vivere, ma non sono stata immune dalla sofferenza e dalla lotta giornaliera per la sopravvivenza di entrambe. Ho cresciuto mia figlia da sola anche andando contro il padre, perché era un uomo buono ma pieno di problemi e li sfogava con me, ma nonostante tutto ho superato anche questo. Gli anni passavano, lavoravo e vivevo solo per mia figlia, ma il destino aveva in serbo un’altra sorpresa per me, nella mia strada ha messo un uomo. Me ne sono innamorata e questo per me fu l’inizio della fine. Ero talmente presa da lui che non mi rendevo conto di ciò che mi stava succedendo. L’uomo che amavo e che mi diceva di amarmi, l’uomo che doveva proteggermi e rendermi felice, piano piano mi stava rovinando. Ho sbagliato, ne sono ben consapevole, ora con il senno del poi, ma mai e poi mai avrei pensato di finire in carcere, mai e poi mai avrei pensato che lui potesse farmi del male, ma me ne ha fatto e molto. Mi ha distrutta sia psicologicamente che economicamente, e però nonostante tutto mi ha dato la cosa più bella del mondo: mio figlio Matteo. Mai e poi mai avrei pensato che potesse approfittare dell’amore per mio figlio per farmi tanto male solo per il proprio interesse, visto che io ho sempre lavorato, portavo a casa i soldi e avevo una casa mia. Avevo un locale ed ero “una macchina per fare soldi”: a lui invece piaceva la bella vita.
Ciò che mi fa più male è che ha giocato con i sentimenti di mio figlio, lui che è il padre. Io non posso odiarlo nonostante tutto, ma ora sono sola con i miei figli; stiamo affrontando anche questa ultima tappa. I miei figli sono ragazzi sani, hanno una casa, uno studia e l’altro lavora, mentre io ho chiuso il mio mondo in una cella.

Lella

Anch’io avrei detto: a me non succederà mai

Anch’io avrei detto: a me non succederà mai. E invece la triste realtà del carcere la sto vivendo, purtroppo! E per arrivare a questa realtà devo andare indietro nel tempo, quando la mia vita non era scalfita da nessun turbamento.
Avevo una famiglia, un lavoro sicuro, una casa e mai avrei detto che tutto si sarebbe sfasciato dopo un matrimonio durato 25 anni. In quegli anni felici, quando vedevo alla TV che venivano arrestate delle persone, dicevo a gran voce: Ben ti sta! Che buttino la chiave! Adesso dobbiamo pure mantenerli noi! Tutte affermazioni che penso in tanti fanno con convinzione!
La mia vita dopo la separazione è cambiata totalmente, mi sono ritrovata con due figli e spese che crescevano giorno per giorno, per aumentare le entrate dovevo alzarmi alle tre del mattino per andare a lavorare nel panificio dove prima iniziavo alle sette e mezzo aprendo il negozio, e ora invece sfornavo e dividevo il pane per le nostre succursali, poi mi cambiavo e andavo in negozio a venderlo. Tutto questo per 10-12 ore al giorno per avere qualche soldo in più! Dopo un po’ di anni trascorsi così non ce la facevo più, non avevo più vita, e allora ho deciso di cambiare e da commessa di panificio sono diventata titolare di una impresa di pulizie. Sono stata fortunata, anche aiutata dalla mia forza di volontà, dal mio carattere espansivo, dalle tante persone che conoscevo, e la mia nuova occupazione procedeva nel migliore dei modi, però non si era risolto del tutto il problema finanziario, e così quando mi si è presentata un’offerta di fare la prestanome, avendo partita IVA, per un acquisto, ricevendo in cambio una modica cifra, ho detto di si!
Chi l’avrebbe detto che mi sarei trovata a 46 anni narcotrafficante internazionale? Io non l’avrei mai detto. Era il 2006 quando mi arrestarono e da allora vivo in questa realtà. Mai avrei detto che mi poteva capitare di essere chiusa in una stanza con le sbarre alla finestra con una retina di ferro che mi fa vedere il cielo a quadratini, di essere circondata da ferro e cemento e non vedere per anni neanche un filo d’erba.
Chi l’avrebbe mai detto che scrivere una lettera sarebbe stato l’unico mio mezzo di comunicazione con l’esterno? E che l’impotenza che subisci in questi posti sarebbe stata così grande? Se sei fortunata puoi comunicare telefonicamente con i tuoi cari 10 minuti a settimana, se trovi l’addetto al centralino “umano” la comunicazione si interrompe al momento giusto con i saluti, altrimenti ti avvisano che manca un minuto e mentre stai parlando senti un clic e la telefonata si chiude senza poter dire neppure ciao.
Questa mia lunga carcerazione mi ha segnato tantissimo, mi ha fatto apprezzare cose che prima ritenevo futili. Quando mai avrei pensato che toccare un fiore, un filo d’erba, la terra, potesse darmi tanta gioia? Quando mai avrei pensato di sentire un dolore e tanta tristezza quando abbraccio i miei figli al momento del distacco perché il nostro colloquio è finito? A volte ho tanta rabbia dentro di me perché so di aver sbagliato. L’ho sempre ammesso, però credo di aver pagato già abbastanza!
Vorrei solo far sapere a tante persone che la frase che prima dicevo anch’io, “Ben ti sta!” è meglio evitarla, perché la vita non si sa mai che cosa ti riserva.
Mai dire: a me non può succedere mai.
 Elda

Ho nascosto anche alla mia famiglia quello che facevo realmente

All’età di 16 anni ero una ragazza molto vivace e molto ribelle, quasi tutte le ragazze di questa età frequentano una compagnia ed io frequentavo tante comitive della mia zona e da lì ho incominciato a seguire uno stile di vita diverso, cioè a rientrare tardi a casa, a fare i primi tiri di canna e a tirare cocaina, ma qui non do la colpa a nessuno perché l’ho voluto provare io!
Nella fase della mia crescita ho avuto degli alti e bassi ed ho fatto sempre di testa mia!
Per un periodo mi sono allontanata da tutto e tutti perché mi ero fidanzata, ma anche qui ho sofferto tanto per cinque anni; lui era troppo geloso e possessivo e molto morboso, e quando l’ho lasciato ho incominciato a frequentare le mie vecchie amicizie e fare quello che facevo prima. Vedendo loro non avrei mai immaginato che sarei finita a spacciare anch’io per avere il loro stesso tenore di vita e per potermi comperare tutto quello che desideravo. Ho nascosto anche alla mia famiglia quello che facevo realmente e mai loro si sarebbero immaginati da dove arrivavano i soldi che qualche volta davo a casa. Secondo me pensavano andasse tutto bene, e mai avrebbero detto che un giorno sarebbe arrivata la polizia per arrestarmi.
In questi due anni di carcerazione ho capito molte cose: che niente ha un valore più grande della libertà e che non sono i miei piccoli sfizi che danno la felicità. Mai avrei pensato di dare una delusione ai miei familiari e però devo dire anche che non avrei neppure pensato che mi perdonassero standomi vicini per tutto questo tempo.
Di una cosa sono sicura: che questa esperienza me la porterò con me per tutta la vita. E vorrei essere altrettanto sicura di non sbagliare più.

Zulema
Da Associazione IL DETENUTO IGNOTO

Nessun commento:

Posta un commento