sabato 18 giugno 2011

Caso Aldrovandi "Pronti ad andare alla Corte di Strasburgo"




Ferrara, 12 giugno 2011 - IL SECONDO round è perso. Manca la terza e decisiva battaglia. Dopo Ferrara e Bologna rimane Roma, Suprema corte di Cassazione. Da quel momento in poi la sentenza per Luca Pollastri, Enzo Pontani, Paolo Forlani e Monica Segatto, i poliziotti condannati in appello per la morte di Federico Aldrovandi (3 anni e 6 mesi per omicidio colposo, godranno dell’indulto), diventerà definitiva. Ma le difese, seppur colpite duramente anche dalla Corte d’appello due giorni fa, non si danno per sconfitte. Tutt’altro, come spiega l’avvocato Gabriele Bordoni: «Leggeremo le motivazioni poi andremo sicuramente in Cassazione — dice — perché riteniamo vi siano elementi dal punto di vista tecnico e giuridico da rivedere».
Ma quella, in ogni caso, non sarà l’ultima spiaggia. «Siamo pronti ad andare davanti alla Corte europea di Strasburgo per confrontarci con una giustizia fuori dall’Italia. Ci sono cose che in Europa, a differenza del nostro Paese, vengono considerate. Noi siamo, e rimarremo, convinti della nostra tesi». Ovvero la causa del decesso di Federico, 18 anni, si chiama excited delirium syndrome, una morte improvvisa provocata da una sovreccitazione da alcol e droga. Tesi fin qui bocciata sia dal tribunale estense che da quello felsineo secondo i quali il ragazzo, spirato all’alba del 25 settembre 2005 in via Ippodromo, morì per soffocamento causato da un colpo dei poliziotti.
Critico. Nella sua arringa difensiva, che ha chiuso la discussione prima della camera di consiglio, il legale ha attaccato la prima parte delle indagini (i poliziotti vennero indagati solo 6 mesi dopo, ndr), ha parlato delle 54 lesioni sul corpo di Federico («abbiamo un quadro lesivo assolutamente incapace di generare un fenomeno letifero»), ha ricordato la chetamina assunta dal diciottenne quella notte («non è morto per l’uso di droga ma dobbiamo essere rigorosi nel sostenere che l’alterazione di Federico nasce da quella maledetta sostanza»). Ma soprattutto ha criticato pesantemente la tesi del professor Thiene e del soffocamento («non ci sono elementi e non dimentichiamo che Thiene è un superconsulente di parte e che viene a processo inoltrato a risolvere la vicenda analizzando due rilievi fotografici»).
Napolitano. Se da un lato la difesa promette nuove battaglie, la famiglia Aldrovandi incassa la seconda vittoria annunciando una lettera al Capo dello Stato. «È una sentenza giusta. — spiega Patrizia Moretti, mamma di Federico — Sono colpevoli. È chiarissimo. E se ci sarà un terzo grado di giudizio non potrà che essere di conferma della loro colpevolezza. Dopo tutti questi anni sembra ancora che il processo lo facciano a noi. Ogni volta che alla sbarra ci sono le forze dell’ordine gli imputati sono le vittime. Chiederò al Capo dello Stato che impedisca questo linciaggio». E a Napolitano sa già cosa dire: «Chi uccide qualcuno non può più indossare una divisa, è pericoloso per i nostri figli e i nostri fratelli».

di NICOLA BIANCHI

La lettera del papà di Aldro dopo la condanna

Caro Federico, siamo tornati dal processo d’appello. Condanna confermata. Siamo a 2/3 del guado se gli avvocati dei 4 individui che uccisero Federico senza alcuna ragione ricorreranno in Cassazione, ma i fatti processuali sono questi e nessuno li potrà più nascondere e penso che il licenziamento di queste persone sia quasi un atto dovuto, a prescindere da “certe regole”. L’impunità, se esistesse deve essere sconfitta.
Dopo tanta morte vorrei parlarti di vita, d’amore, di sole, di terra, di mare, del tuo cagnolino, del tuo gatto, dei tuoi sogni, delle tue speranze, e sorriderti, sorriderti, e dirti di non preoccuparti che io, la mamma, tuo fratello, e tantissime persone, ti vogliamo un bene immenso, bello, pulito.
E’ commovente, ma grandioso l’amore che si è creato intorno al tuo nome, tra persone e persone e non riesco ancora a crederci…
E se anche un miliardesimo di Giustizia ora ci avvolge come una carezza, si stà male Federico, caro figlio, e come dice Riccardo, uno degli splendidi avvocati di questa storia, fatta anche di belle persone, nel vero senso della parola: “e’ come se non fosse successo niente perché tu maledettamente non rientrerai mai più da quella porta”.
Il tuo cuore che da piccolino mi facevi ascoltare entusiasta e meravigliato il tuo battito, ci ha lasciato attraverso le terribili e disumane ricostruzioni processuali, l’ultima verità della tua splendida esistenza, quasi a volermi dire, con un ultimo atto d’amore: “hai visto papà, volevo che mi ricordassi solo per quello sono stato. Non sono un eroe papà e mai e poi mai avrei voluto esserlo e tu lo sai bene. Ero un ragazzino semplice, con i pregi e i difetti di chi si affaccia alla vita, ma ti volevo bene papà e non potevo lasciarti così. Sii fiero di me papà e cerca anche tu di volerti bene. Ora vado, ho voglia di riposare, è stato faticoso stare lì con Voi con la mia anima, ma ne è valsa la pena. Quando sarai stanco, tienimi ancora nella tua mano papà, come quando nell’incubatrice, io piccolissimo e leggerissimo, quasi un angelo, attraverso la tua mano, sentivo il calore e la forza del tuo amore”.
“Si Federico, ora per un po’ di tempo non vorrei più pensare agli infami, ai vigliacchi, agli assassini, ai depistatori. Vorrei comunque, con tutta la mia ultima residua forza che la legge facesse almeno il suo corso”.
 

Solo tu Federico forse un giorno li potrai perdonare, ma io mai. Mai.
La vita, mi hanno detto che da qualche altra parte continua, e voglio provare a crederci, anche perché i tantissimi cuori che ci sono stati vicini, e le cose incredibili che sono accadute durante il processo, come se da qualche parte qualcuno si fosse divertito a guidare i suoi attori, anche quelli della parte avversa (vedi gli avvocati difensori di quei 4 quando tirarono in ballo il Professor Thiene con la teoria “della morte improvvisa”. Ebbero una pronta smentita, anche stizzita dallo stesso anatomopatologo che anzi, grazie al suo sapere (famosa la sua frase: “si sa quel che si vede… in teoria bacchettando bonariamente altri periti…”) riuscì a leggere attraverso il cuore di Federico le cause della sua morte. Federico morì per un colpo terribile, per una compressione, altro che infarto. Ma di prove comunque contro quei 4 affinchè fossero condannati ce ne erano tantissime.

Oggi comunque, alla luce di questa sentenza di II°, che arriva a confermare quella di I° grado del 6 luglio 2009 chi alzerà gli occhi al cielo, lo farà ancora di più a testa alta restituendo rispetto e dignità, non solo a te Federico, ma a quella cosa che noi qui chiamiamo vita e che appartiene, uguale uguale, sia a chi veste una divisa, sia a chi non la indossa, con la bellezza e l’orgoglio che chi la indossa ha il privilegio e l’obbligo di proteggerla e non di bastonarla e soffocarla, annientarla, ucciderla.
Ora provo a sognare di averti ancora accanto e per un attimo, e guardando questa foto bellissima, tento nel mio immaginario di avvicinare il mio calice al tuo, come penso quello di tantissime altre persone, quasi una famiglia allargata. Poi ti saluteremo Federico perché è giusto che riposi in pace, ma sappi che qui sarai ricordato con amore.
Te l’avevo promesso, te l’avevamo promesso che ti avremo difeso ad ogni costo. Ora tutti sanno del male che ti hanno fatto. Io e la mamma? Niente di che. Non abbiamo fatto altro che raccontare il tuo dolce e magnifico passaggio su questa terra. Non era difficile Federico, non era difficile. Un bacio e una carezza a te, ai tanti figli lì con te e ai figli quaggiù.
Ciao Federico.
Lino Aldrovandi

fonte: http://www.ilrestodelcarlino.it/ferrara

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