Contro il 41 bis
Ecco dove sono le radici della regolamentazione carceraria del 41 bis che oggi torna a far parlare di sè, nel lontano ’92. Dieci anni fa si istituiva, quindi, il 41 bis come arma contro l’organizzazione mafiosa e i detenuti del 41 bis, sin dalla sua nascita, erano quasi tutti mafiosi. È doveroso dire che sotto le grinfie del terribile 41 bis non sono finiti solamente i temuti e pericolosi mafiosi, per cui lo stesso carcere era stato progettato e voluto, ma anche detenuti che definiremmo “comuni”, e detenuti politici appartenenti ad organizzazioni terroristiche, i quali hanno dovuto fare conti col carcere duro per via di inceppamenti della vecchia macchina giudiziaria e burocratica italiana, o chissà per quali altri oscuri motivi. In Italia ci sono 669 detenuti sottoposti al regime carcerario duro . Circa altri 8mila detenuti sono invece sottoposti a regime di alta sicurezza. Il totale della popolazione carceraria ammonta invece a 67.542 detenuti. Lo ha detto il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, nel corso della sua audizione presso la Commissione Antimafia. Ionta ha che spiegato che, in virtù della concentrazione presso il tribunale di Sorveglianza di Roma dei reclami concernenti il 41 bis, gli annullamenti si sono ridotti a “pochissimi casi”, essendo aumentata “l’omogeneità di giudizio” sui ricorsi. I 669 detenuti sottoposti al 41 bis, ha detto ancora Ionta, sono reclusi principalmente in 14 istituti penitenziari tra cui, Cuneo, l’Aquila, Milano - Opera, Novara, Spoleto, e Ascoli Piceno. Nella sua relazione il capo del Dap, in riferimento all’inasprimento per il 41 bis previsto dalla Legge antimafia del 2009, ha affermato che “non c’è una ricetta unica”. Per Ionta, occorre “salvaguardare la possibilità di contatto dei boss con l’esterno” e , ha aggiunto, “questa salvaguardia normalmente c’è“. Ci sono, ha detto Ionta, “pro e contro” di fronte alle prospettive di concentrare in un’unica struttura i detenuti sottoposti a 41 bis, così come in quella di gestirli in una “situazione promiscua”, a contatto con altri detenuti, in strutture ordinarie. Nel primo caso, il rischio sarebbe legato alla presenza di boss mafiosi in un unico luogo, che nelle ore d’aria e di socializzazione potrebbero comunicare tra di loro. Nell’altro caso, ci sarebbe il rischio di un “coinvolgimento di detenuti comuni per fare sponda verso l’esterno”. Quanto alla possibilità di un’ulteriore riduzione delle ore d’aria e di socialità per i detenuti sottoposti a 41 bis, Ionta ha spiegato che, “ci esporremmo a una sicura critica, se non a una condanna”, da parte della Corte di Strasburgo per i Diritti umani. “Dobbiamo garantire un minimo d’aria e di socialità“, ha detto il capo del Dap, che ha anche informato la Commissione sul numero totale di agenti di Polizia Penitenziaria, circa 600, dedicati alla custodia dei soggetti a 41 bis.
Il 41bis resta un atto di tortura che umilia l'uomo, che rompe tutte le regole delle leggi civili e che equipara l'Italia alle peggiori dittature ancora esistenti nel mondo. va abolito per riportare allo spirito della Costituzione ed allo spirito dell'umana civiltà. La mafia si può combattere con altri mezzi, che oggi ci offre la tecnologia e che non mette in pericolo la dignità delle persone.
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