venerdì 10 giugno 2011

Inchiesta sul suicidio di Matina


Aperta un'inchiesta sul suicidio di Matina


L'uomo era stato condannato all'ergastolo e da tempo
 non otteneva permessi.


 I funerali a Stefanaconi


Nicola Lopreiato
La famiglia vuole vederci chiaro. 
Sul suicidio di Nazzareno Matina, 53 anni,
 di Stefanaconi avvenuto nella mattinata di
 venerdì scorso, in una cella del carcere di Spoleto, 
Procura della Repubblica della cittadina umbra
 ha aperto un'inchiesta.
L'uomo si è tolto la vita impiccandosi con un lenzuolo
 alle sbarre della sua cella. 
Da circa due anni era stato trasferito nel carcere di Spoleto;
in precedenza Matina era rinchiuso nella Casa circondariale
di San Gimignano (Siena) dove ha trascorso tanti anni 
della sua detenzione.
Nazzareno Matina era stato condannato all'ergastolo 
nel 1993 dalla Corte d'Assise di Catanzaro
 (verdetto divenuto successivamente definitivo)
 perché ritenuto insieme al fratello Pasquale e
a Rosario Petrolo di Sant'Onofrio, il mandante della strage dell'Epifania, avvenuta nella piazza di Sant'Onofrio il 6 gennaio del 1991.
Sulla base di un esposto della famiglia di Matina, 
rappresentata dall'avv. Bruno Ganino, i magistrati di Spoleto
 hanno deciso di aprire un fascicolo; si comincerà 
con l'autopsia che sarà effettuata stamane ed alla quale 
la famiglia della vittima sarà presente con un consulente di parte,
 il dott. Alfonso Luciano. L'autopsia sarà effettuata all'ospedale
 di Terni,
 dove la salma si trova a disposizione dell'autorità 
e subito dopo sarà affidata ai familiari per i funerali
 che saranno officiati a Stefanaconi.
Molti i dubbi avanzati dalla famiglia ed esternati ieri 
dall'avv. Bruno Ganino sui quali l'inchiesta dovrà fare piena luce. 
Quello che è certo, per il momento, è che Nazzareno Matina
aveva ricevuto la visita dei suoi familiari pochi giorni
prima del suicidio «e nulla – ha spiegato l'avv. Ganino –
lasciava presagire un insano gesto». 
Altro aspetto da chiarire è che Matina aveva delle deficienze visive.
 E ciò, per certi aspetti, contrasta con tutte le fasi della preparazione dell'impiccagione.
Secondo quanto emerso, inoltre, l'ergastolano da quando 
era arrivato a Spoleto, contrariamente a quanto avveniva
 quando era detenuto nel carcere di San Gimignano,
 non otteneva più permessi premiali.
 E questo potrebbe avere contribuito a renderlo 
più vulnerabile dal punto di vista psicologico,
 anche perché dopo tanti anni trascorsi in cella con il fratello,
 nel carcere di Spoleto si è venuto a trovare da solo. 
Tutte situazioni che ora dovranno essere vagliate dall'autorità giudiziaria.
La strage di Sant'Onofrio segnò uno dei momenti 
più alti dello scontro tra due clan contrapposti: 
quello dei Bonavota da una parte e dei Matina-Bartolotta di Stefanaconi dall'altra.
In quella giornata di sangue nella piazza di Sant'Onofrio
 morirono due innocenti: Francesco Augurusa di 44 anni 
e Onofrio Addesi di 38. Due compagni di lavoro 
che ogni domenica mattina si ritrovavano in piazza Umberto I,
un luogo di incontro non solo per loro ma per tutti i santonofresi.
 Il commando omicida sparò quasi all'impazzata.
 Sequenze drammatiche, che difficilmente potranno
essere dimenticate.
Le raffiche dei kalashnikov, purtroppo, fecero anche nove feriti,
 di cui alcuni anche molto gravi. 
Gli esecutori di quella violenza inaudita furono subito 
arrestati e condannati.
In carcere finirono Rosario Michienzi e Gerardo D'Urzo 
(entrambi di Sant'Onofrio) e Antonio Bartolotta e 
Domenico Franzè di Stefanaconi.

fonte: 


2 commenti:

  1. Basta con gli assassini in carcere, basta con una giustizia classista, basta con la mancanza di speranza, basta con uno stato che vive nell'illegalità. Amnistia subito.

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  2. Grazie Paolo, i detenuti e chi li sostiene hanno bisogno di solidarietà, come la tua.

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