Aperta un'inchiesta sul suicidio di Matina L'uomo era stato condannato all'ergastolo e da tempo non otteneva permessi. I funerali a Stefanaconi Nicola Lopreiato La famiglia vuole vederci chiaro. Sul suicidio di Nazzareno Matina, 53 anni, di Stefanaconi avvenuto nella mattinata di venerdì scorso, in una cella del carcere di Spoleto, Procura della Repubblica della cittadina umbra ha aperto un'inchiesta. L'uomo si è tolto la vita impiccandosi con un lenzuolo alle sbarre della sua cella. Da circa due anni era stato trasferito nel carcere di Spoleto; in precedenza Matina era rinchiuso nella Casa circondariale di San Gimignano (Siena) dove ha trascorso tanti anni della sua detenzione. Nazzareno Matina era stato condannato all'ergastolo nel 1993 dalla Corte d'Assise di Catanzaro (verdetto divenuto successivamente definitivo) perché ritenuto insieme al fratello Pasquale e a Rosario Petrolo di Sant'Onofrio, il mandante della strage dell'Epifania, avvenuta nella piazza di Sant'Onofrio il 6 gennaio del 1991. Sulla base di un esposto della famiglia di Matina, rappresentata dall'avv. Bruno Ganino, i magistrati di Spoleto hanno deciso di aprire un fascicolo; si comincerà con l'autopsia che sarà effettuata stamane ed alla quale la famiglia della vittima sarà presente con un consulente di parte, il dott. Alfonso Luciano. L'autopsia sarà effettuata all'ospedale di Terni, dove la salma si trova a disposizione dell'autorità e subito dopo sarà affidata ai familiari per i funerali che saranno officiati a Stefanaconi. Molti i dubbi avanzati dalla famiglia ed esternati ieri dall'avv. Bruno Ganino sui quali l'inchiesta dovrà fare piena luce. Quello che è certo, per il momento, è che Nazzareno Matina aveva ricevuto la visita dei suoi familiari pochi giorni prima del suicidio «e nulla – ha spiegato l'avv. Ganino – lasciava presagire un insano gesto». Altro aspetto da chiarire è che Matina aveva delle deficienze visive. E ciò, per certi aspetti, contrasta con tutte le fasi della preparazione dell'impiccagione. Secondo quanto emerso, inoltre, l'ergastolano da quando era arrivato a Spoleto, contrariamente a quanto avveniva quando era detenuto nel carcere di San Gimignano, non otteneva più permessi premiali. E questo potrebbe avere contribuito a renderlo più vulnerabile dal punto di vista psicologico, anche perché dopo tanti anni trascorsi in cella con il fratello, nel carcere di Spoleto si è venuto a trovare da solo. Tutte situazioni che ora dovranno essere vagliate dall'autorità giudiziaria. La strage di Sant'Onofrio segnò uno dei momenti più alti dello scontro tra due clan contrapposti: quello dei Bonavota da una parte e dei Matina-Bartolotta di Stefanaconi dall'altra. In quella giornata di sangue nella piazza di Sant'Onofrio morirono due innocenti: Francesco Augurusa di 44 anni e Onofrio Addesi di 38. Due compagni di lavoro che ogni domenica mattina si ritrovavano in piazza Umberto I, un luogo di incontro non solo per loro ma per tutti i santonofresi. Il commando omicida sparò quasi all'impazzata. Sequenze drammatiche, che difficilmente potranno essere dimenticate. Le raffiche dei kalashnikov, purtroppo, fecero anche nove feriti, di cui alcuni anche molto gravi. Gli esecutori di quella violenza inaudita furono subito arrestati e condannati. In carcere finirono Rosario Michienzi e Gerardo D'Urzo (entrambi di Sant'Onofrio) e Antonio Bartolotta e Domenico Franzè di Stefanaconi. fonte: | ||
venerdì 10 giugno 2011
Inchiesta sul suicidio di Matina
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Basta con gli assassini in carcere, basta con una giustizia classista, basta con la mancanza di speranza, basta con uno stato che vive nell'illegalità. Amnistia subito.
RispondiEliminaGrazie Paolo, i detenuti e chi li sostiene hanno bisogno di solidarietà, come la tua.
RispondiElimina