mercoledì 8 giugno 2011

Cristiano Scardella non si rassegna


RITA BERNARDINI,IL CASO DI ALDO SCARDELLA

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Rita Bernardini
Il caso di Aldo Scardella



26-11-2010
Aldo Scardella continua a vivere nel cuore e nella mente di Cristiano che, dopo 24 anni, non si rassegna alla morte del fratello nel carcere di Buoncammino di Cagliari. Cristiano cerca quella verità finora vigliaccamente negata. E racconta nuovamente la storia di un ragazzo accusato ingiustamente di un atroce delitto, che viene tenuto in isolamento per sei mesi e che da quell'isolamento uscirà morto. Una delle tante morti in carcere di cui “ancora” non si conosce la mano assassina. “Ancora” fra virgolette, perché in quest'avverbio c'è tutta la speranza della lotta di Cristiano, speranza che io, Irene Testa e tanti altri amici, vogliamo avere ed essere con lui.
Questa la sua lettera
“Il passato non può più tornare?”
E' stato il più giovane vicecapo della squadra mobile d'Italia assieme ad un'altra collega alla quale il settimanale Panorama dedicò un articolo dal titolo"la ragazza con la pistola".
Erano gli anni '80 quando ormai la malavita cagliaritana stava cambiando: si associò con criminali della penisola che si trovavano in soggiorno obbligato in Sardegna, arrivando a gestire traffici internazionali di droga a cui facevano capo mafiosi Siciliani e Calabresi..I malavitosi di Cagliari erano associati in diverse bande ma primeggiava la cosiddetta banda di Is Mirrionis. Alla fine, le stesse bande si fecero la guerra tra di loro a suon di bombe.

Ed è proprio in quel frangente che il più giovane vicecapo della mobile, ora questore, fu destinato ad altri incarichi. Ed è sempre in quel periodo che uccisero un noto commerciante molto vicino alla polizia in relazione a feste di beneficenza. Per quel delitto arrestarono innocentemente, nel dicembre del 1985, Aldo Scardella successivamente morto dopo sei mesi di isolamento in circostanze ancora oscure. Arrestato sulla base di semplici sospetti qualificati dagli inquirenti come indizi: aveva l'altezza di uno dei banditi, mio fratello era alto circa 1,70...e all'epoca metà della popolazione maschile in Sardegna aveva quell'altezza. Inoltre i banditi, quando fuggirono dal negozio in cui rimase ucciso il commerciante, presero la direzione, secondo gli inquirenti, di un mandorleto che ora non c'è più...e per il PM solo chi abitava nella zona poteva conoscere quel luogo...Ma allora, dico io: perché non hanno arrestato le numerose coppiette che si appartavano lì? Infine un passamontagna venne ritrovato a due isolati dal mio palazzo. Secondo gli investigatori apparteneva ad uno dei banditi e poteva essere riconducibile a mio fratello. Chi avvisò la polizia il copricapo lo trovò ben occultato ma gli inquirenti verbalizzarono che era ben visibile. Il sospetto maggiore, comunque, il magistrato lo ebbe sul fatto che, il giorno dopo il delitto, Aldo di mattina presto, come era di solito fare, andò a comprare il giornale e al PM parve strana quella sete di notizie.
Il Questore, durante le prime fasi di indagini di polizia, prese posizione ritenendo che non vi erano sufficienti elementi per fermare Scardella, ma in questi anni non ha mai confermato né smentito. Eppure l'avvocato Gianfranco Anedda, ora membro del consiglio superiore della Magistratura, in un'istanza in tribunale, cita la Questura definendo come versione ufficiale la frase del questore,del quale non figura il nome. Quando gli chiesi spiegazioni su questa affermazione, egli rimase sorpreso perché quella frase l'aveva dichiarata ai suoi colleghi che in quel momento si stavano occupando delle indagini di quell'efferato delitto, era una sua valutazione personale che doveva rimanere tra loro e non riusciva a capire come fosse pervenuta ad altri. Ricordò i tempi in cui lavorava alla squadra mobile: era una bella squadra e un periodo ricco di soddisfazioni e di tanti risultati investigativi. Parlammo anche degli amici in comune, in particolare di una donna che era di un paese dei suoi parenti. Aveva avuto a che fare alcune volte con Aldo Scardella, per motivi politici e anni dopo per motivi legati al mondo dell'emarginazione, perché Aldo, dopo che fu disilluso dalla politica, incominciò la sua rivoluzione rimanendo molto sensibile al mondo dei deboli e di chi aveva particolare sofferenza, forse perché anche lui si sentiva uno di loro...Il questore non aveva mai pensato che fosse pericoloso...Aldo si chiudeva a riccio e poteva apparire diversamente da quello che in effetti era...Disse ancora: ''Capisco che non è morto in un incidente stradale ma bisogna cercare di andare avanti, il passato non può più tornare...''.
L'iter processuale di Aldo fu un continuo susseguirsi di abusi, faciloneria e superficialità, molte sono state le incongruenze processuali, egli fu tenuto in carcere illegittimamente. Solo per citarne una, la formalizzazione dell'inchiesta del P:M: venne svolta oltre 40 giorni i termini consentiti e, superati quei giorni, egli doveva essere scarcerato, non era un interpretazione del magistrato, la scarcerazione doveva avvenire automatica. Le inchieste svolte dal Parlamento confermarono tutte queste storture giudiziarie, come del resto lo confermarono anche insigni giuristi e altri magistrati, ma in questa vicenda ha scarseggiato l'umanità nei confronti di Aldo Scardella. Egli subì varie volte atti contrari all'umanità.
E' stato il caso giudiziario, perlomeno in Sardegna, più anomalo e più crudele di cui la giustizia Italiana si sia resa protagonista. Ancora oggi, dopo 25 anni, se ne parla e l'inchiesta ancora non è completamente chiusa.
Dopo la morte di Aldo sono stati presentati dei disegni e proposte di legge per una maggiore garanzia per quanto riguarda l'arresto e soprattutto sull'isolamento che è stata la principale causa della morte di Aldo. Queste iniziative parlamentari sono state recepite dal nuovo codice di procedura penale. Di recente la Cassazione ha sancito, a seguito ad una assoluzione nei confronti di un giornalista che aveva criticato la procedura adottata dal magistrato che arrestò Scardella, che i mass media possono criticare l'operato della magistratura.
In tutti questi anni la vicenda, grazie alle iniziative legali e culturali, è rimasta sempre viva, sensibilizzando in qualche modo la giustizia.
Anni dopo la morte di Aldo, un noto esponente della banda di Is Mirrionis confessò la sua partecipazione al delitto per il quale venne arrestato mio fratello, portando in causa altre persone, due delle quali condannate in via definitiva. Nel processo a questi componenti emersero aspetti inquietanti, uno dei tanti: tutta la mala e il quartiere di Is mirrionis sapeva dell'innocenza di Aldo ma parlare significava morire o incorrere in situazioni di notevole disagio..D'altronde, anche un rapporto di un ispettore, due anni dopo la morte di Aldo, indicava altri responsabili per la morte del commerciante anni dopo imputati e uno di questi condannato. Ma questo rapporto rimase cristallizzato in questura, nonostante i giudici avessero domandato alla questura se vi erano nuovi elementi, la questura rispose:che non ve ne erano.
Il caso di Aldo è stato aperto tante volte, la maggior parte su mia iniziativa; l'ultima istanza da me fatta è stata perché ipotizzavo il delitto volontario, aggravato ai danni di Aldo e sottolineavo anche che nel referto autoptico i medici facevano figurare quantità e dosaggi di una terapia metadonica inesistente. Il caso è stato chiuso ma l'anno scorso ho ripresentato, tramite un' avvocatessa di Foggia, Rosa Federici, un'altra istanza in Tribunale per la riapertura della vicenda.
Poco tempo dopo, esattamente nel novembre del 2009, fece irruzione in casa mia la polizia, senza mandato, piombò nella mia stanza quando ancora mi trovavo addormentato e mi sottopose a domande e nell'occasione si trovò ad assistere alla scena mia madre affetta da Alzheimer...In parole povere una persona in scooter del colore uguale al mio aveva tentato una rapina, ma la polizia per fortuna dovette constatare che il motore del mio scooter era freddo e che quindi: non poteva essere quello utilizzato per la rapina. Anche i vertici della polizia dichiararono che ero risultato completamente estraneo al fatto delittuoso. Per dovere di cronaca devo dire che chi decise di inviare gli agenti 24 anni fa in casa mia, con la motivazione che Aldo era stato visto due o tre giorni prima del delitto del commerciante nei pressi del negozio, è lo stesso uomo che oggi sta a capo degli investigatori che sono venuti improvvisamente nella mia stanza..e, credetemi, non è stato tanto bello.
Circa un mese fa è stato appiccato fuoco alla portineria del palazzo in cui abita la madre di un magistrato cagliaritano. Pare che abbiano utilizzato un giornale pubblicitario e una bomboletta spray che per fortuna non è esplosa. Tutto il mondo politico, soprattutto quello di sinistra e la CGIL, e il mondo legale hanno espresso giustamente la solidarietà al magistrato.
Mi chiedo perché a mia madre non è stata manifestata nessuna solidarietà dopo che la polizia ha fatto irruzione in casa mia con modalità ancora al vaglio della magistratura. Ma in ogni caso
l'errore delle forze dell'ordine è stato riconosciuto subito da loro stesse anche se nessuno ha chiesto scusa ufficialmente. La storia di mio fratello, come dicevo prima, ha dato molto e continua a dare a favore di una giustizia più equa.
Tornando al questore, prima di andare via, gli chiesi se nel delitto per il quale fu accusato mio fratello c'erano persone da coprire, mi rispose:che non sapeva niente perché ormai era già fuori dalla mobile. Lo salutai e, dopo un paio di passi, mi voltai e l'alto funzionario dello Stato mi disse: "Scardella, per favore, non mi metta nei guai."
Pensai: "A che punto siamo arrivati, la polizia che ha paura di me".
Cristiano Scardella


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