venerdì 10 giugno 2011

LA DIGNITA' DEI DETENUTI



LA DIGNITA' DEI DETENUTI

Violentata in una cella buia di una caserma dei carabinieri a Roma da uno dei militari che avrebbe dovuto trattenerla e che invece ha abusato del suo corpo e della sua condizione di detenuta. E’ quanto si evince dal racconto di una ragazza fermata a febbraio in un grande magazzino della capitale perché accusata di furto, portata in caserma per essere processata l’indomani per direttissima,  sarebbe stata stuprata da un carabiniere alla presenza di altri due militari e di un vigile urbano. «E’ vero abbiamo fatto sesso – ha ammesso il militare – ma lei era consenziente».

La magistratura accerterà come è giusto che sia, se e quali responsabilità ci siano da parte degli accusati, ciò che conta adesso però è altro.

Aldilà della rilevanza penale o meno del comportamento, è deontologicamente corretto che un militare in divisa abbia rapporti sessuali in caserma con una detenuta?

Non ho mai amato il culto patriottardo tipico di taluni membri delle forze dell’ordine, né la grottesca esaltazione dell’io di alcuni militari, fieri di essere tali solo perché soggiogati dal fascino melenso della divisa considerata vessillo sacro da venerare ed ostentare, ma ogni qualvolta che con essi mi sono rapportato ho sempre nutrito un grandissimo rispetto. Considero il loro come un ruolo essenziale per la vita democratica del nostro Paese, essere uomini e nel contempo militari che giurano fedeltà alla Costituzione non è cosa semplice. Rispettare i detenuti, qualunque sia stato il reato da loro commesso, accettarne le provocazioni senza avere reazioni spropositate, frenare i propri umanissimi istinti per anteporvi gli ideali sanciti dalla nostra carta fondamentale non è di certo un’attività alla portata di tutti ma è quantunque la loro professione.


Quella sera ciò che è venuto meno prima ancora del presunto reato di stupro è stato soprattutto il rispetto della dignità del detenuto in un luogo che del rispetto della dignità dovrebbe essere il garante supremo.

Impreparati, spesso demotivati ma soprattutto arrabbiati con una società che avrebbe dovuto dargli altro e che invece gli ha concesso un salario da fame, un’arma ed una divisa, gli appartenenti alle forze dell’ordine non poche volte si sono macchiati di comportamenti quanto meno non esattamente conformi alla Costituzione.

Le violenze del G8 di Genova del 2001 e il caso Cucchi, il giovane arrestato e morto in circostanze ancora tutte da chiarire nell’ottobre del 2009 sono lì a dimostrarlo.

Una condanna disciplinare ferma e senza appello per chi con troppa leggerezza e superficialità riveste il ruolo di garante del diritto e della sua applicazione è ciò che chiedo come cittadino e membro di uno stato democratico.

Raffaele de Chiara

fonte: http://www.ondanomala.org/

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