venerdì 10 giugno 2011

Tre anni e mezzo agli agenti che uccisero Federico


Caso Aldrovandi, sentenza confermata
Tre anni e mezzo agli agenti

La Corte d'Appello di Bologna ha confermato la sentenza di primo grado: gli agenti di pattuglia sono responsabili della morte del diciottenne ferrarese, avvenuta il 25 settembre del 2005. Applicato l'indulto. La madre: "E' giusto". Il padre ringrazia le istituzioni. Ilaria Cucchi, presente in aula: "Senza la battaglia di questa famiglia non avrei avuto la forza per intraprendere quella per mio fratello Stefano"

DI LUIGI SPEZIA
Colpevoli. La Corte d'Appello di Bologna ha confermato la sentenza di primo grado (il processo, celebrato a Ferrara, si concluse il 6 luglio 2009) che aveva condannato quattro agenti di polizia - Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri - a 3 anni e sei mesi di reclusione per la morte di Federico Aldrovandi, ma per effetto dell'indulto la pena si riduce a sei mesi. La decisione dei giudici è arrivata dopo circa 4 ore di camera di consiglio.

Aldrovandi, diciotto anni, morì all'alba del 25 settembre 2005 dopo essere stato fermato da una pattuglia della polizia. Il ragazzo stava tornando a casa dopo aver passato la notte con alcuni amici a Bologna.

Le circostanze della sua morte non sono mai state chiarite del tutto: secondo gli agenti, il ragazzo li avrebbe aggrediti, mostrando evidenti segni di squilibrio, e sarebbe morto all'improvviso mentre loro cercavano di fermarlo. La tesi dell'accusa - accolta dal tribunale di primo grado e oggi da quella d'Appello - è invece che il cuore di Federico abbia ceduto a causa di un colpo inferto da uno degli agenti.

La madre: sentenza giusta. I famigliari hanno accolto con commozione la conferma della condanna per i quattro poliziotti. "E' una sentenza giusta - ha commentato Patrizia Moretti, la mamma di Federico - una sentenza che non poteva che essere confermata. E' anche una sentenza utile che potrà cambiare qualcosa per impedire, nei processi che si stanno celebrando, il linciaggio delle vittime delle forze dell'ordine imputate. Siamo noi familiari a subire questo linciaggio nei processi dove vengono accusati i nostri cari che vengono sempre presentati e messi sotto accusa". Accanto a lei, Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, e Lucia Uva, sorella di Giuseppe, il 43enne di Varese deceduto in ospedale dopo aver passato diverse ore nella caserma dei carabinieri. Ilaria Cucchi racconta che "se non fosse stato per Patrizia non avrei mai avuto la forza di intraprendere la battaglia per mio fratello" Stefano.

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"Un grazie alle istituzioni". Patrizia Moretti ricorda però il lungo percorso che ha portato la sua famiglia fino a oggi. "Durante tutti questi anni sembra che i processi si facciano alle vittime quando i colpevoli sono componenti delle forze dell'ordine. Questo non è possibile nè ammissibile. Chiederò al Capo dello Stato che faccia qualcosa perchè le vittime uccise da componenti delle forze dell'ordine non vengano flagellate". Il padre Lino ringrazia però "le stesse istituzioni: anche se si sono messe vicino a noi dopo un pò di tempo, però lo hanno fatto, e riconoscere i propri errori credo sia un motivo di crescita per tutti".

Lunedì scorso il Procuratore Generale, Miranda Brambace, aveva chiesto la conferma della sentenza di condanna, raccomandandosi inoltre che agli agenti non venissero concesse le attenuanti generiche. Questo, sia per il comportamento processuale tenuto dagli imputati, sia perché fin dall'inizio della vicenda avevano tentato di depistare le indagini e attenuare le proprie responsabilità.

IL TRAILER: "E' stato morto un ragazzo", film-denuncia sul caso Aldrovandi

Viceversa, gli avvocati della difesa avevano chiesto il ribaltamento della sentenza, e dunque un'assoluzione, sostenendo che dalle perizie non è emerso con assoluta certezza cosa abbia provocato il cedimento del cuore del ragazzo (se sia stato un colpo, o se a provocare il decesso sia stato un cedimento fisico causato da sostanze stupefacenti). Oltretutto, hanno argomentato, anche nell'ipotesi che sia stato il comportamento della polizia a provocare la morte di Aldrovandi, il processo non ha determinato quale dei quattro agenti di polizia abbia effettivamente causato col proprio comportamento lo schiacciamento cardiaco.

Una tesi, quella dell'insufficienza di prove a carico degli agenti, che non ha convinto la Corte.


Repubblica Bologna

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