Ci sono pagine scritte con una tale violenza e intenstà che non si possono
cancellare.
Ciro Campajola non è un detenuto.
Fu in carcere anni e anni fa.
Eppure quello che ha scritto ricondando quella esperienza merita di essere fatto
conoscere.
E’ un testo molto duro, molto violento.
E’ un testo di quelli che fanno male… credo che sia anche un dovere verso chi ha
avuto esperienze come quelle di Ciro, fare conoscere un testo del genere..
Il carcere è un´esperienza che dovrebbero fare tutti gli uomini per

capire fino in fondo il sapore vero della libertà, come se la libertà
fosse una squisitezza che solo quando è finita gusti veramente.
E´ il caso di dire il classico retro-gusto , nel senso che il gusto te lo
puoi solo ricordare mentre impazzisci. Ma è un´esperienza che
consiglio a tutti gli uomini di evitare, quel gusto spesso muore
dentro quelle sbarre.
Oppure ne esci imbestialito e la libertà cominci a sbranartela
come un cannibale, quasi volessi rifarti di quella persa, e anche se
sei entrato per un piccolo reato puoi venirne fuori come uno
spietato killer, o ne esci talmente impaurito di riperdere la libertà
ritrovata che non riesci più a
vivertela e magari da tossico impaurito puoi diventare aspirante
suicida, o se ti dice bene dalla galera verrai trasferito in una bella
stanza con quattro pareti imbottite.
Il tempo che resti dietro le
sbarre è relativo per sentire il retro-gusto della libertà, purtroppo
per tutto il resto non è relativo: c´è gente che, oltre a sentire quel
retro-gusto, esce solo da morta dalla propria cella.
Quando arrestarono me provai una sensazione mai provata prima, mai
provata dopo, e che mai potrò descrivere.
Di carcere se ne può
discutere ma non si può raccontare
E´ come fare un quadro che per
quanto bene possa venire non può mai rendere giustizia al soggetto
ritratto.
Certe polaroid raccontando come un Van Gogh e come per un
Van Gogh non c´è un cazzo da spiegare.
Se lo osservi bene ti arriva un
cazzotto dritto allo stomaco, oppure puoi darci un´occhiata
superficiale, dire il tuo “bello, brutto”, dare il tuo giudizio,
magari fare la tua valutazione e poi passare ad altro.
E´ quella
maledetta porta di ferro che si chiude per la prima volta dietro di
te, quei giri di chiave che a ogni giro ti allontanano un po´ di più
dal resto del mondo, è quello che vedi di fronte a te, un esercito
nemico che ti ha catturato, sei in balìa delle loro torture e puoi
solo imparare in fretta a non lamentarti se non vuoi che le torture
aumentino.
Dipendi completamente da gente incattivita, sadica, in
cerca di qualche vendetta che non avrebbe motivo di esistere se
facesse il proprio lavoro come tutte le altre categorie aspettando
tranquillamente lo stipendio per vivere in pace, ma che ha motivo di
esistere se deve dare un senso alla rabbia che si accumula in una vita
fallita.
Tenere a bada i cattivi significa vivere con loro. Solo che loro prima
o poi escono, tu rimani come uno stronzo a passare i tuoi migliori
anni in carcere.
E´ logico che con qualcuno devi prendertela se non vuoi guardarti allo
specchio e poi spararti con la tua bella pistola in dotazione. Certo
che solo una mentalità di “secondino” può fare un concorso per entrare
nella polizia penitenziaria; lungimiranza zero, e non venitemi a
raccontare che è un lavoro come un altro perché non lo è, ci devi
essere predisposto.
A me era la seconda volta che mi beccavano, conoscevo già quel retro-
gusto ma non come trattavano l´astinenza queste “altre istituzioni.
Al primo arresto non ne avevo ancora bisogno dei loro “trattamenti”, ero
un semplice consumatore abituale di droghe leggere regolarmente
schedato, poi all´uscita sarei stato un semplice consumatore abituale
di droghe leggere regolarmente schedato con precedenti penali che
sarebbe subito diventato un semplice consumatore abituale di droghe
pesanti con precedenti penali per droghe leggere.
Il manganello dello sbirro che sbatteva contro le sbarre della cella
mi svegliò, questa era la loro sveglia, gli uccellini che cantano al
primo sole del mattino è tutta un´altra storia per intenderci.
La prima notte riesci sempre a dormire un po´, hai ancora un po´ di
roba nel sangue che ti aiuta a dormire e a non aver paura. E´ quando
senti quel cazzo di manganello che ti presentano la rota della e
nella galera.
<Perché sei ancora a letto, tu?>, mi urlò il secondino-sveglia.
Sto in astinenza, dissi.
In fondo fino a quando abitavo con il resto del mondo questo era un
motivo giustificato e “consentito” per starsene a letto, si dicevano
perfino contenti.
Si aggiustò il cappello, altro gesto tipico degli sbirri mentre
pensano a qualcosa, forse senza non riuscirebbero nemmeno più a
pensare talmente sono abituati a farlo col cappello che toglie aria al
cervello.
Ma quando gli sbirri pensano a qualcosa devi cominciare a
preoccuparti, poche volte hanno delle buone idee.
Il secondino-sveglia si trasformò ironicamente (secondo lui), nella
dolce fatina buona, a me sembrava più una vecchia checca con i baffi
che cercava di adescare in maniera disastrosa qualche bel cazzo lungo
e grosso per il suo culo.
<Stai in astinenza? Poverino>, continuò quel tipo strambo in uniforme
color topo di fogna. Non capivo che cazzo volesse da me. Per un attimo
pensai che fosse davvero una checca .
Non lo era.
Mi propose due diversi tipi di psicofarmaci a gocce che usavano in
casi come il mio, così disse.
Scelsi il più forte e concordammo per cinquanta gocce del migliore.
Il secondino-fatina-checca questa volta pareva essersi trasformato in
un maggiordomo.
Ma non era neanche un maggiordomo.
Tornò con due manganelli ben nascosti e mi chiese di nuovo cosa avessi
scelto. Glielo ricordai, come maggiordomo non sarebbe stato un
granché, dimenticava le ordinazioni.
Tirò fuori un manganello con sopra scritto il nome delle gocce più
forti, proprio quelle che avevo scelto, e sostituì il numero di gocce
richieste e accordate con delle manganellate altrettanto forti.
Fortuna che mi ero limitato a chiederne cinquanta.
Anche quella volta le “loro” modiche quantità mi avevano dato una mano
gliene devo dare atto, se le avessi superate chissà cosa mi avrebbe
aspettato.
All’epoca non conoscevo ancora come si divertivano i secondini, in
seguito quando la voce si sparse nessun tossico più chiedeva “aiuti”
se veniva arrestato.
E pensare che quando stavo fuori sarebbe stati tutti contenti se mi
fossi deciso a mettermi in un cazzo di letto per smaltire l´astinenza.
Tutti a chiedermelo, famiglia e istituzioni. Ora che in astinenza ci
stavo, non potevo starci. Non sono mai contenti delle loro stesse
leggi.
L´impossibilità di spiegare la galera è che in questo ipotetico quadro
ogni particolare è il soggetto., non puoi solo parlare della tua
cella, non renderebbe l´idea, bisognerebbe aggiungerci il buio, l
´odore, il freddo, la luce che ti viene accesa e spenta a una
determinata ora. Bisognerebbe metterci l´audio per sentire lo choc di
quei manganelli-sveglia, tutta quella confusione, anche quella del
silenzio. E´ un silenzio diverso, animato dalle voci dei fantasmi di
tutti quelli che sono già passati in quella cella, dalle loro angosce
che tu in qualche modo avverti. Dalle loro urla.
Una notte, a luci spente, cominciammo a sentire dei lamenti. Tutti
sporgemmo naso, gambe e braccia tra le sbarre cercando di capire cosa
stesse accadendo, non era successo niente di particolarmente
importante per il secondino che proprio in quel momento “causalmente”
era andato a pisciare mentre il detenuto veniva accoltellato. A volte
succedono strane coincidenze, come se qualcuno proprio in quel momento
pisciasse sulla tua vita e tu non puoi farci un cazzo.
Per capire bisognerebbe fondere il soggetto con tutti gli altri
particolari in questo quadro, perché quei particolari ti accompagnano
in ogni ora della detenzione, bisognerebbe rappresentare lo stato d
´animo del soggetto sopraffatto e perso in mezzo a questi particolari
onnipresenti, o lo stato d´
animo quando finalmente spengono le luci, metti la testa sotto a
quelle coperte che prima allontanavi per la loro puzza e poi pregavi i
secondini per averne un´altra, sperando che non ci fossero urla né
ispezioni alla cella da parte di uomini dai volti mascherati e
manganelli in evidenza quella notte,e ti accorgi che quello è il
momento peggiore. Non ci sono più avvocati, detenuti, tribunali,
secondini, sbirri, processi, giudici, rumori, urla, comandi,
provocazioni a distrarti, ci sei tu, i tuoi pensieri, le tue paure, la
tua astinenza e le voci di quei fantasmi sotto le coperte.
Docce come fossimo animali, cento persone nude come vermi in fila ad
aspettare il loro turno, dopo
a passare il turno ci voleva un attimo, avevi pochi minuti poi ti
staccavano l´acqua. E´ anche in queste regole che capisci quanto hai
perso e riassapori il retro-gusto della libertà, lì in quei cessi
sporchi mentre ti asciughi come puoi la schiuma che non riesci mai a
sciacquare del tutto in quei minuti preziosi che ti concedono. Oppure
il ricordo di quel sapore, lo puoi sentire mentre mangi, quando
apparecchi un tavolino a pochi centimetri da un bagno alla turca,
l'unica zona della cella non occupata dai letti a castello. Tu mangi e
qualcuno caca, a volte capita . In quelle volte non potevi che pensare
agli ebrei nei lager per darti coraggio, ma in quei momenti perdevi un
altro pò di coraggio.
Niente, non si può descrivere cosa vuol dire essere sbattuti in
carcere.
Ma si può dire che ogni cosa che devi fare te la rendono
maledettamente complicata. Per ogni cazzata devi fare la domandina
sulla letterina che poi verrà vista e valutata e dopo circa un mese se
per caso avevi chiesto un giornale sta pur certo che il giornale
arrivava, solo che non riportava più la notizia per cui lo avevi
richiesto.
Lo slogan dei penitenziari è “ostacolare sempre e comunque il
detenuto, nella buona e nella cattiva
sorte, in ricchezza o in povertà, in salute e in malattia”,
ostacolarti la vita, praticamente, altro che “correggerti” sti figli
di puttana ti cancellano……
fonte : Chi non ha voce - facebook
cancellare.
Ciro Campajola non è un detenuto.
Fu in carcere anni e anni fa.
Eppure quello che ha scritto ricondando quella esperienza merita di essere fatto
conoscere.
E’ un testo molto duro, molto violento.
E’ un testo di quelli che fanno male… credo che sia anche un dovere verso chi ha
avuto esperienze come quelle di Ciro, fare conoscere un testo del genere..
Il carcere è un´esperienza che dovrebbero fare tutti gli uomini per
capire fino in fondo il sapore vero della libertà, come se la libertà
fosse una squisitezza che solo quando è finita gusti veramente.
E´ il caso di dire il classico retro-gusto , nel senso che il gusto te lo
puoi solo ricordare mentre impazzisci. Ma è un´esperienza che
consiglio a tutti gli uomini di evitare, quel gusto spesso muore
dentro quelle sbarre.
Oppure ne esci imbestialito e la libertà cominci a sbranartela
come un cannibale, quasi volessi rifarti di quella persa, e anche se
sei entrato per un piccolo reato puoi venirne fuori come uno
spietato killer, o ne esci talmente impaurito di riperdere la libertà
ritrovata che non riesci più a
vivertela e magari da tossico impaurito puoi diventare aspirante
suicida, o se ti dice bene dalla galera verrai trasferito in una bella
stanza con quattro pareti imbottite.
Il tempo che resti dietro le
sbarre è relativo per sentire il retro-gusto della libertà, purtroppo
per tutto il resto non è relativo: c´è gente che, oltre a sentire quel
retro-gusto, esce solo da morta dalla propria cella.
Quando arrestarono me provai una sensazione mai provata prima, mai
provata dopo, e che mai potrò descrivere.
Di carcere se ne può
discutere ma non si può raccontare
E´ come fare un quadro che per
quanto bene possa venire non può mai rendere giustizia al soggetto
ritratto.
Certe polaroid raccontando come un Van Gogh e come per un
Se lo osservi bene ti arriva un
cazzotto dritto allo stomaco, oppure puoi darci un´occhiata
superficiale, dire il tuo “bello, brutto”, dare il tuo giudizio,
magari fare la tua valutazione e poi passare ad altro.
E´ quella
maledetta porta di ferro che si chiude per la prima volta dietro di
te, quei giri di chiave che a ogni giro ti allontanano un po´ di più
dal resto del mondo, è quello che vedi di fronte a te, un esercito
nemico che ti ha catturato, sei in balìa delle loro torture e puoi
solo imparare in fretta a non lamentarti se non vuoi che le torture
aumentino.
Dipendi completamente da gente incattivita, sadica, in
cerca di qualche vendetta che non avrebbe motivo di esistere se
facesse il proprio lavoro come tutte le altre categorie aspettando
tranquillamente lo stipendio per vivere in pace, ma che ha motivo di
esistere se deve dare un senso alla rabbia che si accumula in una vita
fallita.
Tenere a bada i cattivi significa vivere con loro. Solo che loro prima
o poi escono, tu rimani come uno stronzo a passare i tuoi migliori
anni in carcere.
E´ logico che con qualcuno devi prendertela se non vuoi guardarti allo
specchio e poi spararti con la tua bella pistola in dotazione. Certo
che solo una mentalità di “secondino” può fare un concorso per entrare
nella polizia penitenziaria; lungimiranza zero, e non venitemi a
raccontare che è un lavoro come un altro perché non lo è, ci devi
essere predisposto.
A me era la seconda volta che mi beccavano, conoscevo già quel retro-
gusto ma non come trattavano l´astinenza queste “altre istituzioni.
Al primo arresto non ne avevo ancora bisogno dei loro “trattamenti”, ero
un semplice consumatore abituale di droghe leggere regolarmente
schedato, poi all´uscita sarei stato un semplice consumatore abituale
di droghe leggere regolarmente schedato con precedenti penali che
sarebbe subito diventato un semplice consumatore abituale di droghe
pesanti con precedenti penali per droghe leggere.
Il manganello dello sbirro che sbatteva contro le sbarre della cella
mi svegliò, questa era la loro sveglia, gli uccellini che cantano al
primo sole del mattino è tutta un´altra storia per intenderci.
La prima notte riesci sempre a dormire un po´, hai ancora un po´ di
roba nel sangue che ti aiuta a dormire e a non aver paura. E´ quando
senti quel cazzo di manganello che ti presentano la rota della e
nella galera.
<Perché sei ancora a letto, tu?>, mi urlò il secondino-sveglia.
Sto in astinenza, dissi.
In fondo fino a quando abitavo con il resto del mondo questo era un
motivo giustificato e “consentito” per starsene a letto, si dicevano
perfino contenti.
Si aggiustò il cappello, altro gesto tipico degli sbirri mentre
pensano a qualcosa, forse senza non riuscirebbero nemmeno più a
pensare talmente sono abituati a farlo col cappello che toglie aria al
cervello.
Ma quando gli sbirri pensano a qualcosa devi cominciare a
preoccuparti, poche volte hanno delle buone idee.
Il secondino-sveglia si trasformò ironicamente (secondo lui), nella
dolce fatina buona, a me sembrava più una vecchia checca con i baffi
che cercava di adescare in maniera disastrosa qualche bel cazzo lungo
e grosso per il suo culo.
<Stai in astinenza? Poverino>, continuò quel tipo strambo in uniforme
color topo di fogna. Non capivo che cazzo volesse da me. Per un attimo
pensai che fosse davvero una checca .
Non lo era.
Mi propose due diversi tipi di psicofarmaci a gocce che usavano in
casi come il mio, così disse.
Scelsi il più forte e concordammo per cinquanta gocce del migliore.
Il secondino-fatina-checca questa volta pareva essersi trasformato in
un maggiordomo.
Ma non era neanche un maggiordomo.
Tornò con due manganelli ben nascosti e mi chiese di nuovo cosa avessi
scelto. Glielo ricordai, come maggiordomo non sarebbe stato un
granché, dimenticava le ordinazioni.
Tirò fuori un manganello con sopra scritto il nome delle gocce più
forti, proprio quelle che avevo scelto, e sostituì il numero di gocce
richieste e accordate con delle manganellate altrettanto forti.
Fortuna che mi ero limitato a chiederne cinquanta.
Anche quella volta le “loro” modiche quantità mi avevano dato una mano
gliene devo dare atto, se le avessi superate chissà cosa mi avrebbe
aspettato.
All’epoca non conoscevo ancora come si divertivano i secondini, in
seguito quando la voce si sparse nessun tossico più chiedeva “aiuti”
se veniva arrestato.
E pensare che quando stavo fuori sarebbe stati tutti contenti se mi
fossi deciso a mettermi in un cazzo di letto per smaltire l´astinenza.
Tutti a chiedermelo, famiglia e istituzioni. Ora che in astinenza ci
stavo, non potevo starci. Non sono mai contenti delle loro stesse
leggi.
L´impossibilità di spiegare la galera è che in questo ipotetico quadro
ogni particolare è il soggetto., non puoi solo parlare della tua
cella, non renderebbe l´idea, bisognerebbe aggiungerci il buio, l
´odore, il freddo, la luce che ti viene accesa e spenta a una
determinata ora. Bisognerebbe metterci l´audio per sentire lo choc di
quei manganelli-sveglia, tutta quella confusione, anche quella del
tutti quelli che sono già passati in quella cella, dalle loro angosce
che tu in qualche modo avverti. Dalle loro urla.
Una notte, a luci spente, cominciammo a sentire dei lamenti. Tutti
sporgemmo naso, gambe e braccia tra le sbarre cercando di capire cosa
stesse accadendo, non era successo niente di particolarmente
importante per il secondino che proprio in quel momento “causalmente”
era andato a pisciare mentre il detenuto veniva accoltellato. A volte
succedono strane coincidenze, come se qualcuno proprio in quel momento
pisciasse sulla tua vita e tu non puoi farci un cazzo.
Per capire bisognerebbe fondere il soggetto con tutti gli altri
particolari in questo quadro, perché quei particolari ti accompagnano
in ogni ora della detenzione, bisognerebbe rappresentare lo stato d
´animo del soggetto sopraffatto e perso in mezzo a questi particolari
onnipresenti, o lo stato d´
animo quando finalmente spengono le luci, metti la testa sotto a
quelle coperte che prima allontanavi per la loro puzza e poi pregavi i
secondini per averne un´altra, sperando che non ci fossero urla né
ispezioni alla cella da parte di uomini dai volti mascherati e
manganelli in evidenza quella notte,e ti accorgi che quello è il
momento peggiore. Non ci sono più avvocati, detenuti, tribunali,
secondini, sbirri, processi, giudici, rumori, urla, comandi,
provocazioni a distrarti, ci sei tu, i tuoi pensieri, le tue paure, la
Docce come fossimo animali, cento persone nude come vermi in fila ad
aspettare il loro turno, dopo
a passare il turno ci voleva un attimo, avevi pochi minuti poi ti
staccavano l´acqua. E´ anche in queste regole che capisci quanto hai
perso e riassapori il retro-gusto della libertà, lì in quei cessi
sporchi mentre ti asciughi come puoi la schiuma che non riesci mai a
sciacquare del tutto in quei minuti preziosi che ti concedono. Oppure
il ricordo di quel sapore, lo puoi sentire mentre mangi, quando
apparecchi un tavolino a pochi centimetri da un bagno alla turca,
l'unica zona della cella non occupata dai letti a castello. Tu mangi e
qualcuno caca, a volte capita . In quelle volte non potevi che pensare
agli ebrei nei lager per darti coraggio, ma in quei momenti perdevi un
altro pò di coraggio.
Niente, non si può descrivere cosa vuol dire essere sbattuti in
carcere.
Ma si può dire che ogni cosa che devi fare te la rendono
maledettamente complicata. Per ogni cazzata devi fare la domandina
sulla letterina che poi verrà vista e valutata e dopo circa un mese se
per caso avevi chiesto un giornale sta pur certo che il giornale
arrivava, solo che non riportava più la notizia per cui lo avevi
richiesto.
Lo slogan dei penitenziari è “ostacolare sempre e comunque il
detenuto, nella buona e nella cattiva
sorte, in ricchezza o in povertà, in salute e in malattia”,
ostacolarti la vita, praticamente, altro che “correggerti” sti figli
di puttana ti cancellano……
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