venerdì 27 maggio 2011

Il carcere non è adatto alle donne




Testo di grande spessore morale questo di Claudio Conte.
Un testo si impianto quasi “femminista”.
Il carcere non è adatto alle donne. E’ sbagliato per le donne. In quanto cotruito a immagine e somiglianza della repressione penitenziaria incentrata sul detenuto-uomo. Il carcere è un altro peso ingiusto che la donna subisce.
Sicuramente, non è da tutti arrivare a porsi delle riflessioni del genere. Comunque la si pensi, va riconosciuta a Claudio una mentalità aperta e larghe vedute. Uno spirito “democratico” che non tollera discriminazioni e sa riconoscere il valore dell’ Altro sulla propria strada.
Personalmente anche io credo che il carcere attuale sia sbagliato per le donne. A dire il vero mi urta l’idea anche di una sola donna in carcere. Ma ci sono casi estremi direte. E’ vero.. ma anche per quelle un carcere “nettamente diverso” per il mondo femminile. Questo troverei più giusto. Qualcosa di più vicino a una comunità, anche molto rigorosa ed esigente, ma lontana dalla idea del “bagno penale”.
Claudio in questo testo accenna anche a qualcosa per cui si sta attivando. Ovvero fare giungere il Blog e le possibilità che offre anche alle carceri femminili. Non posso che apprezzarlo tantissimo per questo. Il Blog si estenderà sempre di più. E il contesto femminile è giusto che trovi finalmente ampia voce sulle nostre pagine. La cosa che mi piace è quando Claudio dice.. “il nostro Blog” e “la nostra associazione”. E’ lo spirito giusto. Una delle forze di questa realtà Blog-associazione è il fatto di essere sentita propria dai detenuti.. è lo spirito di fiducia che si è creato, il sentirsi coinvolti in un’impresa comune.
Vi lascio al testo di Claudio Conte.. che scrive da Catanzaro..
Il carcere è l’emblema di un mondo declinato al maschile. Strumento primario di conservazione del potere costituito. Un potere artificiale, inventato dall’uomo (come il sistema sociale) per sopperire a quello negatogli dalla natura di creare, generare, concesso solo al genere femminile.
L’uomo non ha mai perdonato alla donna questa superiorità naturale. E l’ha sottomessa con la forza, cercando di annullarla nel mondo che si è costruito a sua immagine e funzione. Della differenza uomo/donna non si è mai curato.
Anche il carcere, naturalmente, è pensato al maschile. E da quando è stato esteso anche alle donne, non ha rappresentato il raggiungimento delle “pari opportunità”. L’affermazione del principio di uguaglianza. No! E’ l’ennesima violenza che subisce la donna in quanto tale. Un modo per riaffermare la subordinazione, una forma di silenziamento. Uno dei tanti.
Uno stato che arriva a imprigionare una donna, compie l’atto più vergognoso che possa commettere. Una società che non si ribella a tale ingiustizia diventa complice consapevole. Perchè non possiamo dimenticare  che nel 90% dei casi si ricorre al carcere per le donne senza alcuna necessità. Perchè per i reati contro il patrimonio, ossia a protezione dell’onnipresente “proprietà”, non  si può ammettere il carcere. Perché la donna in quanto tale ha diritto a un “risarcimento”, per tutto quello che da secoli subisce, che non basterebbero ad esaurirlo tutte le ricchezze di questo mondo.
E ci siamo chiesti mai quanti potrebbero essere i casi che rappresentano un pericolo concreto per l’incolumità personale di qualcuno, sotto il profilo della reiterabilità? Pochi, pochissimi.
E anche in questi casi non dobbiamo dimenticare he subiscono un carcere pensato per gli uomini, e dagli uomini. Come le leggi penali e penitenziarie. Eppure la donna, a livello penitenziario, gode di maggiori garanzie. Basta leggere in combinato i dispositivi degli artt. 27.3.. 31.2.. e 37.1 della Costituzione. Per comprendere come in tali casi la pena dovrebbe caratterizzarsi per maggiore umanità e specialità, per l’essenziale ruolo che la donna svolge all’interno della famiglia e della società, dalla quale dipende la sopravviventa e la perpetuazione di una Nazione.
E invece, finisce per soffrire pena e carcere in modo più duro di un uomo, per il quale il carcere è stato pensato. Riflettiamo.. si tratta di un “abito maschile” che dovrà essere indossato da una donna (e non è modell “unisex”).
Da qualche tempo stiamo cercando di avviare un contatto con la sezione femminile affinchè anche loro possano avere uno “spazio sul Web”, dove esprimere la loro personalità e ragioni. Un gruppo di “compagne” che si trovano nel carcere di Latina ci auterà a contattare quante più sezioni femminili possibili, per fare sapere a queste compagne, amiche, recluse che  possono contare sulle amiche/amici del Blog e della nostra nuova associazione “Fuori dall’Ombra”.
Sono certo che nessuno di noi farà mancare il sostegno e un segno di amicizia.
Per ora concludo con un ringraziamento alle compagne di Latina, per il l’impegno e il contributo che ci daranno per la promozione del Blog.
Un caro saluto
Claudio

fonte: Le Urla dal silenzio

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