lunedì 30 maggio 2011

RITA BERNARDINI: è piena emergenza carcere


“LE CARCERI ESPLODONO, E’ PIENA EMERGENZA”, INTERVISTA ALL’ONOREVOLE RITA BERNARDINI



Intervista all’Onorevole Rita Bernardini del 28 Maggio 2011
L’On. Rita Bernardini, deputato radicale, è la “globe trotter” delle carceri italiane. In questi giorni, poi, ha continue richieste da detenuti, parenti di detenuti, associazioni di volontari impegnati sul territorio, rappresentanze di agenti di custodia. E lei si muove come una trottola: stamane a Rebibbia (Roma), l’altro ieri a l’Ucciardone (Palermo), Noto e Siracusa. Domenica sarà a Rieti, la settimana prossima a Spoleto e Padova. Su quel che accade, cioè migliaia di detenuti in sciopero della fame, non fa sconti e giri di parole: «Siamo di fronte ad uno Stato illegale, delinquente e recidivo».
On. Bernardini, sono parole grosse…
“Lo so, ma è il minimo che si possa dire: i maltrattamenti e le torture fisiche e psicologiche sono all’ordine del giorno, va avanti così da anni. C’è stata una breve pausa, ma risale all’indulto, da allora è stato sempre peggio. Gli ultimi dati sono un triste record per la storia della Repubblica: oltre 68mila detenuti a fronte di 44mila posti regolamentari. Poi ci sarebbe molto da dire su come vengono calcolati quei 44mila posti. A Catania, per esempio, ho potuto verificare che c’è un’intera sezione chiusa, ma non per questo si dice che c’è meno capienza…”
Un passo indietro, che succede nelle carceri?
“Succede che migliaia di detenuti, in decine di carceri, da settimane rifiutano il vitto e fanno la “battitura”, cioè protestano picchiando le stoviglie sulle sbarre. Un rumore infernale, per denunciare l’inferno in cui vivono. Tutto è partito da Marco Pannella che 39 giorni fa ha iniziato uno sciopero della fame per lanciare un messaggio chiaro: l’unica soluzione al sovraffollamento e all’illegalità delle carceri italiane è un’amnistia. Altre strade non se ne vedono. Anche i famigliari dei detenuti stanno aderendo “a turno” a questa forma di protesta non violenta: sono in sciopero della fame 305 parenti di detenuti del carcere di Fuorni a Salerno, 121 a Rebibbia, 142 a Poggioreale, 67 a Velletri. In totale ne abbiamo contati 832.”
Cosa ha potuto osservare girando in questi giorni le carceri d’Italia?
“Sto rilevando un fenomeno grave e preoccupante. È in corso uno “sfollamento” dagli istituti del Nord a quelli del Sud; è un fatto che riguarda soprattutto i detenuti extracomunitari. Ho incontrato gente veramente abbandonata. A parte le difficoltà ovvie di essere stranieri perdono completamente ogni contatto, non hanno avvocati con cui poter parlare, molti non conoscono nemmeno la loro posizione giudiziaria. Sono lì, in galera, e non sanno cosa li aspetta, vivono sospesi, ignorando cosa potrà succedergli. Poi c’è la questione, gravissima, degli agenti di custodia.”
Cioè?
“Siamo di fronte a organici palesemente sottodimensionati, una carenza che si estende ad educatori e psicologi. In particolare, però, sono gli agenti a vivere situazioni al limite della sopportazione. A Siracusa, ad esempio, ho visto un solo agente per 150 detenuti, uno solo per una intera sezione; il risultato è che a malapena si riescono a garantire le ore d’aria; per il resto tutto il giorno in cella a non fare nulla. Del resto, il numero di suicidi fra il personale penitenziario non è mai stato così alto. Insomma, non si ammazzano solo i detenuti. C’è altro da dire?
Tra le altre cose, c’è una sua interpellanza in Parlamento sulla situazione sanitaria del carcere di Opera, ai bordi di Milano. Qualche risposta?
“Martedì prossimo (31 maggio, ndr.), dovrebbe venire in aula un rappresentante del ministro Alfano a rispondere. Il punto è che al carcere di Opera si è data la patente di centro clinico senza che sia davvero tale. Ho potuto verificare con i miei occhi che ci sono persone con gravi patologie, magari costretti a letto per 24 ore, senza cure adeguate. Un tema che la Direzione del carcere ha presente, ma su cui può fare ben poco. Non è un caso che anche ad Opera ci siano 605 detenuti in sciopero della fame, da una settimana.”

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