giovedì 19 maggio 2011

Nelle carceri italiane è emergenza umanitaria


MERY ALBERINI

Nelle carceri italiane è emergenza umanitaria: sovraffollamento e condizioni disumane

18-05-2011
Tra qualche settimana avrà inizio l’estate: una stagione che fa felici i bambini, le famiglie, gli studenti e, in un territorio a vocazione turistica come quello salentino, gli operatori del settore.
Ma non sarà un periodo felice per tutti.
 Con il caldo torrido alle porte, come saranno le giornate dei detenuti nelle sovraffollate carceri italiane?
E’ facile immaginarlo, pensando al malessere che si prova stando ad esempio in un autobus affollato, con l’impianto di condizionamento rotto, ad agosto. L’incubo di tutti i pendolari.
 Fortunatamente per noi, come tutti gli incubi, termina al risveglio. Insomma si tratta di subire un disagio solo per un breve lasso di tempo. Così non è per i detenuti.
Il sovraffollamento, purtroppo, non è che uno dei tanti mali del nostro sistema carcerario.
 Un processo che si sia concluso con una sentenza di condanna, spesso comporta per il condannato una “doppia” pena.
 Quella stabilita dal giudice e quella di una detenzione “disumana”, anticostituzionale si potrebbe aggiungere, visto il mancato rispetto della Costituzione che, all’art. 27 comma 2, stabilisce: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Nella stragrande maggioranza dei casi, ai detenuti non viene garantito l’accesso all’istruzione, né ad attività di formazione, né al lavoro.
 Sarebbe sufficiente attivare questi percorsi riabilitativi per contrastare il fenomeno della recidiva e facilitare il reinserimento sociale del detenuto al termine del periodo di detenzione.
 Ma siamo ancora ben lontani da tutto ciò. 
Anzi, non solo le strutture penitenziarie sono sovraffollate e gravemente carenti sotto il profilo rieducativo, ma sono afflitte da numerosi altri problemi, come l’obsolescenza delle strutture, la carenza d’igiene e, come denunciano molti detenuti dalle frequenze di “Radio carcere”, anche la quantità e la qualità del cibo è scarsa. 
E’ stato stimato come l’85% delle carceri non sia a norma: i rappresentanti sindacali degli agenti penitenziari addirittura sostengono come tutti gli istituti di pena presenti in Italia siano “illegali”.
In altre parole, il sistema carcerario è in piena emergenza e a pagarne le conseguenze sono i detenuti, ma anche gli agenti penitenziari e gli operatori non appartenenti alle forze dell’ordine.
Anche la realtà carceraria a noi più vicina non sembra sottrarsi a questa scomoda verità. In base ad un recente rapporto dell’associazione Antigone, da anni impegnata nella difesa dei diritti umani, la Casa Circondariale di Lecce presenterebbe non poche problematiche. 
Celle adatte ad un solo detenuto, infatti, accolgono invece almeno tre persone, tanto che la direzione ha dovuto adottare un sistema di letti a castello a tre piani.
 La distanza tra l’ultimo letto e il soffitto, rileva l’associazione, è di appena 50 cm. Ad ogni modo, la pericolosità di questi letti è stata, purtroppo, confermata dalla morte, lo scorso 25 maggio, di un detenuto del carcere di Sanremo che sarebbe caduto dal terzo piano del letto a castello della sua cella.
Nella struttura di Borgo San Nicola, alla data di compilazione del rapporto (30 giugno 2007), sono presenti 809 detenuti, di cui 45 donne, mentre la capienza regolamentare è di 689 unità. Il 30% della popolazione carceraria è costituita da stranieri, in prevalenza albanesi e slavi. 
Ci sono inoltre 21 detenuti tossicodipendenti e circa 4 sieropositivi.
 Riguardo alle opportunità di formazione all’interno del carcere, da alcuni anni è attivo un laboratorio editoriale gestito dai volontari dell’associazione “Comunità Speranza”. Dall’impegno comune dei detenuti e dei volontari, guidati dal cappellano don Gigi Fanciano, nasce il periodico di informazione “Piano di Fuga”.
Sono inoltre presenti alcuni impianti sportivi, come campi da tennis e da calcio, ma non possono essere utilizzati per mancanza di passaggi d’accesso protetti. Anche gli spazi verdi presenti non possono essere utilizzati, a causa però di mancanza di personale.
Al fine di superare le “barriere” linguistiche e realizzare l’integrazione dei detenuti stranieri, era stato attivato un servizio di mediazione culturale, ma l’iniziativa fu abbandonata per mancanza di fondi.
L’istruzione elementare è accessibile sia ai detenuti che alle detenute, ma l’istruzione secondaria e universitaria è assicurata ai soli detenuti uomini, a causa del mancato raggiungimento di un numero sufficiente di donne per l’attivazione dei corsi.
 In generale, comunque, il problema delle carceri in Italia ha assunto i connotati di una vera e propria emergenza.
Se, dunque, non possono essere realizzate nuove strutture penitenziarie e non è possibile ristrutturare quelle esistenti per mancanza di fondi, se la soluzione alternativa (prevista nel ddl Alfano) di conversione dell’ultimo anno di detenzione in carcere in arresti domiciliari è stata rigettata, come si pensa di risolvere le urgenze poste dal sistema carcerario, a partire dal sovraffollamento?
Forse accadrà come con l’emergenza rifiuti in Campania: invece di inviare in Germania i rifiuti che la Campania non era in grado di smaltire, si manderanno i detenuti in soprannumero nelle moderne ed efficienti carceri di qualcuno dei nostri partner europei.
Del resto, se il “comune sentire” in questo Paese tende a considerare i detenuti alla stregua di “rifiuti umani”, temo saranno poche le coscienze a restarne turbate.
 Ed è un’amara constatazione in un Paese che ha dato i natali a Cesare Beccaria, il giurista e filosofo illuminista che, nel saggio Dei delitti e delle pene, gettò le basi di un pensiero e una sensibilità nuovi, fondati sul rispetto dei diritti dell’uomo contro la pena di morte e la tortura.
Fonte:Home

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