domenica 15 maggio 2011

L'ex boss: "Niente sacramenti? Il cardinale non ci aiuta"


 Si definisce uno che ha pagato il suo debito con la societa' ma non un pentito ''perche' – dice – io non mi sono venduto nessuno''.



 Mario Savio, boss dei Quartieri Spagnoli di Napoli detto o' bellillo, ha vissuto in carcere 35 dei suoi 57 anni e oggi che gode della sospensione della pena dell'ergastolo perche' in attesa di trapianto, guardando al suo passato dice: ''Certi errori non li rifarei e non voglio che li commetta nemmeno mio figlio''. 


Ma quell'appello ai parroci della diocesi dell'arcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe, di non fare avvicinare i camorristi ai sacramenti (ne' funerali, ne' padrini in occasione di cresime e battesimi) lo ha colpito quasi piu' di una condanna. 


''So quello che ha detto il cardinale – dice – lui e' una personalita' e un grande uomo, ma secondo me sbaglia. Mi sembra un discorso demagogico. 
Il Vangelo dice altro, parla della necessita' di perdonare, non a caso con Gesu' in croce c'erano i due ladroni ed e' a loro che dice che saranno con Lui nel Regno dei Cieli.
 Mi sembra un discorso fatto da dietro la cattedra senza tener conto di quelli che sono i problemi a monte di chi delinque''. 
''Le persone vanno aiutate – e' la tesi dell'ex boss dei Quartieri che sta scontando il suo debito con la giustizia per un omicidio – non condannate.


 Il cardinale Sepe puo' dire quello che vuole, ma lui conosce i problemi della Chiesa, forse non abbastanza quelli della strada. 
E poi anche tra chi sbaglia non tutti vanno trattati alla stessa maniera.
 C'e' chi fa cose aberranti, c'e' chi fa cose sbagliate ma per necessita'. 
Se ai Quartieri non c'e' una biblioteca o un campo di pallone, se siamo pieni di 'munnezza' e la gente si arrangia per mettere il piatto a tavola con lo Stato che non ti offre alternative, cosa si puo' pretendere?''


 Per questo Mario Savio ha messo su una onlus con la quale conta di organizzare corsi di scenografia, montaggio e recitazione, per i ragazzi dei Quartieri: ''Molti di loro scippano o spacciano droga. Se proprio vogliono fare i boss, che lo facciano per finta davanti alla cinepresa. Magari qualcuno li nota e cosi' cambiano vita''.
 ''Percio' – sottolinea l'uomo che nel 2005 affido' dal carcere di Sulmona a Maurizio Costanzo il suo appello al figlio perche' cambiasse vita e non ne seguisse i passi – l'appello di Sepe mi sembra semplicistico mentre lui che e' una persona ascoltata e importante potrebbe aiutare chi vuole un futuro diverso per se'. 
Questi ragazzi, che vedono in me un modello da imitare, hanno una visuale del mondo ristretta, molti di loro non conoscono che questi vicoli. 
E se la famiglia non e' in grado di badare a loro, magari perche' il padre e' in carcere, finiscono per scippare. 
Ecco perche' – conclude Savio – spero che il mio progetto vada in porto, perche' si possa dire quando non ci saro' che ho fatto tante cose sbagliate ma anche una buona e che la mia vita non e' stata inutile. Spero di farcela, anche con l'aiuto di sua Eminenza Sepe''.


Blitz quotidiano








 "La sanno a memoria la legge di Dio
 ma scordano sempre il perdono"

 (F.De Andrè)




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