domenica 15 maggio 2011

L’incertezza della pena e la promessa del piano carceri


14 maggio 2011

Si è tenuta oggi a Roma presso l’Arco di Costantino, alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, la festa per il 194° anniversario del Corpo di Polizia Penitenziaria.
 Alla cerimonia, iniziata alle ore 9 presso l’Altare della Patria a Piazza Venezia, ha partecipato anche il Ministro della Giustizia Angelino Alfano, accompagnato dal Capo del Dipartimento Franco Ionta.
Alfano ha nuovamente sottolineato l’impegno del governo per far fronte all’emergenza carceri (ricordiamo che attualmente sono detenuti nelle patrie galere oltre 67.000 prigionieri, il numero più alto mai registrato dal dopoguerra) con l’ormai noto piano carceri che prevede la costruzione di nuovi padiglioni e strutture e con l’altrettanto noto piano di assunzione di nuovi agenti di polizia penitenziaria.
 Il Ministro ha inoltre posto in evidenza anche l’importanza a livello di risocializzazione che ricopre il lavoro all’interno delle strutture carcerarie al fine di combattere la recidiva.
Cosa dire, tutte considerazioni legittime, giuste, lodevoli, che sarebbero anche utili…. se solo trovassero applicazione su larga scala.
Purtroppo, l’unica cosa di cui non si tiene conto è la realtà, quella descritta dalle statistiche dell’intera Europa, quella che mostra come l’unica strada di recupero e rieducazione sia il ricorso alle pene alternative alla detenzione carceraria
. Ma questo andrebbe a stridere con la tanto agognata “certezza della pena” alla quale tutti anelano fortemente, molti senza conoscerne appieno il significato intrinseco.
 E così accade che faccia scalpore la sentenza della Consulta che decreta che anche chi è sospettato di omicidio possa essere messo agli arresti domiciliari in attesa del giudizio.
Sospettato non significa colpevole. Il teorema secondo il quale un sospetto diventa un indizio che si tramuta poi in una prova, è ben lungi dall’essere dimostrato. Qualche numero. Dal 1945 ad oggi gli errori giudiziari sono stati ben 4.000.000, che divisi per 66 anni porta a oltre 60.600 errori giudiziari l’anno il che significa 166 al giorno (fonte:www.ristretti.org).
Se questo non fosse sufficiente, basti citare come esempio alcuni casi che hanno occupato le cronache più o meno recenti. 
Uno su tutti, da poco tornato alla ribalta e riportato in auge anche dalla trasmissione “Un giorno in pretura” al quale ha dedicato ben 4 puntate, il delitto di via Poma del 1990, per il quale è stato condannato in gennaio 2011 con sentenza di primo grado (il che non equivale alla colpevolezza) Raniero Busco (ex fidanzato di Simonetta Cesaroni) a 24 anni di carcere. 
Prima di lui finì in galera, con l’accusa di aver assassinato la giovane, il portiere dello stabile nel quale lavorava Simonetta, Pietrino Vanacore, che fu poi riconosciuto innocente (per la cronaca il Vanacore fu poi trovato morto in mare il 9 giugno 2010) e successivamente fu perseguito (poi prosciolto nel giugno del 1993) Federico Valle.
Cosa si mira a dimostrare con questo esempio?
 Semplicemente il fatto che un’indagine è un qualche cosa di complesso, che un sospetto è tutt’altro che una prova, che un indizio non è indice di colpevolezza, che quindi non si può incarcerare una persona solamente per il fatto che è stato costruito su di essa un possibile (a volte neanche probabile) castello accusatorio.
Tutti siamo innocenti fino a prova contraria. Questo non è facile garantismo, bensì speranza di giustizia. E si sa, la Giustizia è uguale per tutti.
Antonio Piazza

Fonte: CaffèNews

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