venerdì 29 luglio 2011


IL COLLE EVOCA L'AMNISTIA MA NON PUO' 


Europa - 29 luglio 2011
"Carceri emergenza assillante, non escludere nessuna ipotesi"
di Gabriella Monteleone
Non se ne farà niente, lo sanno tutti. A cominciare da Marco Pannella che ha speso una vita e ricorrenti scioperi della fame e della sete per affermare il diritto dei cittadini ad una «giustizia giusta». In cuor suo ne è consapevole anche il presidente della repubblica, che ci ha messo molto di suo nel convegno organizzato dai radicali nella sala Zuccari del senato con il gotha giuridico e giudiziario del paese per discutere soprattutto di quell'«emergenza assillante» - parole di Napolitano - che sono le carceri e che definire sovraffollate «è un eufemismo». Non se ne farà niente di un possibile provvedimento di amnistia e indulto che pure viene evocato dal capo dello stato quando invita ad affrontare la situazione «senza trascurare i rimedi già prospettati» ma anche «non escludendo pregiudizialmente nessuna ipotesi che possa rendersi necessaria». Pannella si incarica di esplicitare la richiesta con la consueta passione civile di chi guarda da sempre «ai diritti degli ultimi e non dei privilegi di pochi o di tanti», ma le premesse politiche per una tale iniziativa che comporta una maggioranza di due terzi del parlamento, e che pure Napolitano chiama in causa direttamente, mancano. È lo stesso capo dello stato a riconoscere che «la politica appare oggi debole e irrimediabilmente divisa, incapace di produrre scelte coraggiose, coerenti e condivise». Ecco, mai un'amnistia sarebbe più impopolare e improponibile, con l'antipolitica che monta, le inchieste giudiziarie che si moltiplicano, il paese tutto sull'orlo dello sconforto e non solo. Anche se solo la Lega si incarica, subito, di dire un No esplicito e il sito de Il Fatto quotidiano, da par suo, interpreta: «Di fronte alle inchieste che colpiscono destra e sinistra ripartono le grandi manovre per evitare una nuova Mani pulite». Napolitano, in realtà, dice molto di più: «Evidente è l'abisso che separa la realtà carceraria di oggi dal dettato costituzionale sulla funzione rieducativa della pena e sui diritti e la dignità della persona. È una realtà non giustificabile in nome della sicurezza che ne viene più insidiata che garantita». È un j'accuse esplicito alla politica adottata dal centrodestra del "più galera per tutti", dove i tutti sono solo immigrati, tossicodipendenti e poveracci: si è iniziato nel 2002 con la Bossi-Fini, poi con l'ex Cirielli nel 2005 e a seguire, nel 2006, con la Fini-Giovanardi, quindi il pacchetto sicurezza a firma Maroni: è anche grazie a queste leggi che tra il 2007 e il 2011 i detenuti sono triplicati: 67.174 persone a fronte di una capienza di 45.551. E ciò nonostante l'indulto varato nel 2006 che ne fece uscire 26mila (solo una piccolissima percentuale è rientrata, checché ne dicano i soloni securitari). «Una realtà che ci umilia in Europa» dice un Napoletano preoccupato che sollecita «risposte dalla politica». Il neo guardasigilli Palma promette di depenalizzare i reati per affrontare la situazione. Bene. Per ora però, dal governo, arriva solo la fiducia per allungare i processi e far prescrivere i reati (certo quelli di cui è accusato il premier, ma anche quelli di mafia). Il capo dello stato chiede uno scatto, una svolta «non foss'altro per istinto di sopravvivenza nazionale». Ma sembra prevalere solo quella personale.

fonte: emmabonino.it

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