lunedì 25 luglio 2011

Si taglia le vene in cella di "sicurezza"


Si è tagliato le vene in carcere

25 luglio 2011
   | Simone Schiaffino

Chiavari - Era in cella di isolamento, da solo. Gli avevano tolto i lacci delle scarpe, da procedura, per evitare che commettesse qualche sciocchezza estrema. Era guardato a vista, ogni quarto d’ora, da un agente di polizia penitenziaria. Eppure Riccardo Turetta, arrestato venerdì per l’omicidio di Aldo “Cippi” Vaccaro, nonostante questi protocolli di sicurezza ha tentato di uccidersi. Nel carcere di via del Gasometro a Chiavari, dove era rinchiuso con l’accusa di essere ilcomplice di Massimiliano Galastro, considerato l’esecutore materiale dell’assassinio del contitolare dell’agenzia di scommesse di piazza Milano. Anche Galastro, da sabato mattina, è “ospite” della casa circondariale chiavarese. Ma per lui la notte è trascorsa tranquilla.
Non così per Turetta. Il trentenne, originario di “Santa” ma residente a Cogorno, si è tagliato i polsi, sembra, con una lametta da barba. Ferite che potevano portarlo al dissanguamento in pochi minuti. Un agente di polizia penitenziaria, durante uno dei controlli periodici, si è accorto che perdeva sangue dai polsi e ha dato l’allarme. Era passata la mezzanotte. In pochi istanti in via al Gasometro è giunta un’ambulanza della Croce rossa di Chiavari: i militi hanno preso in consegna il trentenne e si sono diretti al pronto soccorso, accompagnati da un’autopattuglia della polizia penitenziaria. Arrivato all’ospedale di Lavagna, e sottoposto ai primi accertamenti, Turetta è stato poi ricoverato nel reparto di Psichiatria. Le sue ferite alle braccia non erano gravi (anche se hanno provocato la perdita di parecchio sangue) e sono state curate con punti di sutura. Ma Turetta era anche molto agitato, e per questo è stato sottoposto a trattamento farmacologico con calmanti. Ha trascorso la notte in ospedale, piantonato da due agenti di polizia. Ieri mattina le sue condizioni erano stabili.
Il trentenne poche ore prima del tentativo di suicidio, era stato interrogato dal pm Gabriella Dotto, che ha condotto le indagini sull’omicidio di Aldo “Cippi” Vaccaro. Era presente anche il suo legale di fiducia, l’avvocato Daniela Prato. Turetta aveva collaborato, raccontando la notte di crimine in compagnia di Massimiliano Galastro, suo amico di infanzia, e fratello della sua ragazza. Aveva raccontato di aver accompagnato l’amico in quella che doveva soltanto essere una rapina. Anzi, aveva utilizzato altre parole: «Massimiliano mi aveva chiesto - aveva detto nell’interrogatorio - di accompagnarlo alla sala scommesse, che doveva prendere dei soldi da “Cippi”. Quando si è messo a sparare ero distante, dalla macchina, e non ho visto bene cosa è successo».
Aggiunge poi di aver preso l’auto, la Y10, e di essersi messo in mezzo, tra Galastro e un testimone, per evitare che anche quest’ultimo venisse colpito dai proiettili, come era appena accaduto ad Aldo Vaccaro, ormai a terra senza vita. Una notte di follia e morte, che forse lo ha indotto a farla finita, ad uscire di scena. Rimorso per quello che aveva fatto? O per quello che aveva detto al pm, inguaiando - questo è certo - il complice Galastro, in una situazione accusatoria ben peggiore della sua. Domande che ancora non hanno risposta, e forse non l’avranno mai.
Sul tentativo di suicidio, questo è certo, verranno condotte accurate indagini. Del fatto è stato informato il magistrato di turno della procura chiavarese, Francesco Brancaccio. Ma la notizia è giunta anche alla collega titolare della complessa indagine sull’omicidio, Gabriella Dotto.
Sarà necessario capire come si sia procurato, Turetta, quelle ferite. Se davvero sia stata una lametta da barba, e se sì, come l’oggetto sia finito nelle mani di un detenuto in cella di isolamento. Sul fatto la direttrice del carcere, Paola Penco, preferisce non proncunciarsi. «Non posso commentare in alcun modo - diceva ieri sera - stiamo conducendo tutto gli accertamenti del caso».

fonte: http://www.ilsecoloxix.it/

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