venerdì 22 luglio 2011

Je songo carcerato e mamma muore -


Lettere: tortura, paura e… allegria



di Alessandro Gilioli

L’Espresso, 21 luglio 2011

Racconta Cazzullo che era tutto un gran pianto, ieri, nel Transatlantico di Montecitorio, anzi “un’ondata di panico”, “come ai funerali”, “sono terrorizzata”, 
“portami via da qui”, con tanto di appelli strappa cuori, “ho dovuto dire ai miei figli che questo week end forse il papà non tornerà a casa”, e poi “je songo carcerato e mamma muore”, fino alle maledizioni di Paniz, “verrà un giorno che proverete l’amaro sapore del rimorso!”.
Lo capisco, per carità, e per una volta sono perfettamente d’accordo con D’Alema: “Non ci si rallegra per un arresto”. 
Tocca però anche dire che in questo momento nelle carceri italiane - quelle che ieri in aula sono state definite “seconde solo alla tortura” - sono rinchiusi circa 30 mila cittadini in attesa di giudizio: dunque presunti innocenti, quasi la metà dei quali destinati a essere assolti in primo grado.
Non risulta che per alcuno di loro si siano versate lacrime, nei palazzi della politica. 
Né risulta che il Parlamento abbia preso alcuna misura per quell’emergenza umanitaria che sono i suicidi in cella, l’incidenza dei quali è venti volte superiore alla media nazionale. 
Né risulta che in Italia - a parte Pannella, Manconi e pochissimi altri - la questione sia mai e in alcun modo filata dalla politica. 
Non ci si rallegra per un arresto. 
Ma ci si rallegra ancora meno se questa frase viene pronunciata dai politici solo quando a finirci è uno di loro.

fonte: RISTRETTI.it

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