mercoledì 20 luglio 2011

Le morti dimenticate : Simona Giglio - Sabina Bergese - Evelin Garzon


Simona - Sabina - Evelin

3 giovani donne che hanno trovato la morte
nel carcere di Pontedecimo

Dagli Atti dell'Interrogazione parlamentare
Seduta n. 537 del 19/5/1999
Dalle certificazioni mediche redatte nei confronti della detenuta risulta che la Giglio era affetta da ulcera duodenale sanguinante, varici esofagee di primo grado, cirrosi epatica e HIV; risulta, altresì, che essa era una tossicodipendente da eroina e cocaina dal 1981 e che era seguita dal SERT di Sanremo.
Fin dal primo giorno dell'ingresso nella casa circondariale di Genova, la detenuta fu sottoposta ad attento e continuo monitoraggio sanitario. Il 27 luglio 1998 venne ricoverata presso l'ospedale Galliera di Genova, dove decedeva il 30 luglio 1998. Il magistrato di sorveglianza di Genova, con provvedimento in data 3 giugno 1998, rigettò l'istanza di differimento provvisorio della pena sulla base della documentazione sanitaria della casa circondariale che, pur dando atto delle patologie che presentava la Giglio, aveva definito - come si legge testualmente nella certificazione in data 20 maggio 1998 - «le condizioni generali della detenuta soddisfacenti».
Le istanze di affidamento in prova al servizio sociale di detenzione domiciliare furono rigettate dal magistrato di sorveglianza, in quanto mancava una indicazione in merito all'attività che la detenuta avrebbe dovuto normalmente svolgere. In particolare, per quanto riguarda la richiesta di detenzione domiciliare, essa fu rigettata perché non risultava dalla certificazione medica che il protrarsi della detenzione avrebbe esposto l'interessata a grave pregiudizio. 

Da notizie acquisite dalla direzione della casa circondariale di Genova, risulta che in relazione al colloquio della detenuta con la madre, la Giglio versava in gravissime condizioni di salute. Alla madre della detenuta furono - contestualmente al ricovero - comunicate le condizioni di salute della figlia e, dopo tale comunicazione essa si recò presso l'ospedale Galliera di Genova, dove ebbe un colloquio con i medici del reparto di degenza e dove vide la detenuta che sarebbe deceduta il giorno successivo.
Tramite la stazione dei carabinieri di Sanremo la madre fu peraltro informata del decesso

(...)

non sono emerse, in relazione alla vicenda, responsabilità di ordine amministrativo e disciplinare a carico degli operatori penitenziari e non è stata disposta alcuna inchiesta amministrativa




VINCENZO FRAGALÀ
Questo caso non riguarda un detenuto eccellente: noi, deputati dell'opposizione, abbiamo posto all'attenzione del Parlamento il caso di un detenuto senza nome, di uno, cioè, delle centinaia di detenuti che ogni giorno muoiono nelle carceri italiane per l'assoluta irresponsabilità e noncuranza degli operatori penitenziari che ritengono che la nostra Costituzione non tuteli anche il diritto alla salute del cittadino privato della libertà personale e, addirittura, che non esista il diritto alla vita.
Chiedo infatti al signor sottosegretario, di cui conosco la sensibilità riguardo alle garanzie dei cittadini, come possano il direttore di una casa circondariale - quella, cioè, di Pontedecimo -, nonché gli operatori penitenziari ed i medici che hanno risposto alla richiesta di accertamento sanitario avanzata dal magistrato di sorveglianza, dire che le condizioni di salute della detenuta Simona Giglio, che era ammalata terminale a causa di un male inguaribile, fossero soddisfacenti.
Come può il sottosegretario non ribellarsi a queste zone franche di impunità che tutelano il direttore di una casa circondariale? Come mai questo signore non è stato ancora sottoposto a procedimento penale per concorso in omicidio colposo? Come non è stato cacciato dall'amministrazione penitenziaria e come mai il medico che ha vistato il certificato non è stato radiato dall'albo dell'ordine dei medici di Genova? Infine, come mai il magistrato di sorveglianza di Genova, che aveva il dovere di vigilare e di controllare le informative che gli venivano fornite dal carcere di Pontedecimo, visto il quadro clinico devastante, che anche un bambino delle scuole elementari avrebbe capito trattarsi del quadro clinico di un ammalato terminale, sta ancora al suo posto? Come mai il sottosegretario non vede alcun tipo di responsabilità nel fatto che quel magistrato di sorveglianza abbia ritenuto che quel quadro clinico devastante fosse compatibile con la segregazione carceraria e con l'incredibile definizione di «condizioni di salute soddisfacenti» di una detenuta ammalata terminale? 








Dal sito RISTRETTI.it




Il Dottor 
Giacomo Toccafondi


responsabile 
area sanitaria
del
carcere 
di 
Pontedecimo




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