martedì 5 luglio 2011

Carmelo Musumeci sulle sue 11 Ore d’amore e libertà

E’ con un po’ di emozione che pubblichiamo oggi il finale, con la descrizione del rientro in carcere, del racconto di Carmelo Musumeci sulle sue 11 Ore d’amore e libertà che ha goduto lo scorso 11 Maggio per un permesso di necessità concesso dal Tribunale di Sorveglianza per potersi recare in Facoltà a Perugia a laurearsi in giurisprudenza e in seguito in una casa della Comunità Papa Giovanni XXIII a festeggiare con la sua famiglia. Nei giorni scorsi abbiamo pubblicato gli altri 4 capitoli, quello di oggi è sicuramente il più triste, perchè se è vero che non si può misurare, e forse neanche raccontare, l’emozione  e la gioia di un uomo che esce dal carcere dopo oltre 20 anni ininterrotti di carcere, è anche altrettanto vero che immenso è  il dolore per gli addii ai propri cari e per quel rientrare in quello che oggi, allo stato attuale delle leggi, è il suo destino a vita : il carcere.   



Ad un tratto mio figlio mi confida che mi deve parlare.
Rimaniamo soli.
Ci guardiamo a lungo in silenzio.
Poi lui inizia a parlare.
Ed io l’ascolto.
- Figlio, ti ho sempre pensato ogni giorno e ogni notte.
Vedo la sua tristezza.
- Anch’io papà.
Sento la sua malinconia.
- In questi venti anni l’Assassino dei Sogni ha solo avuto la mia ombra, il mio cuore è sempre stato con te.
Poi inizio a parlare io.
E lui ascolta.
Alla fine ci abbracciamo.
E stiamo abbracciati a lungo.
Poi rimango un po’ solo con la mia compagna.
Le mie mani non la toccano e non l’ accarezzano da anni.
I suoi baci sono buonissimi, non me li ricordavo più così buoni.
Ne faccio una scorpacciata.
E ne nascondo qualcuno dentro il cuore.
Per i momenti difficili, perché non si sa mai che non mi faranno più uscire.
Poi scendo a giocare nel cortile con i miei due nipotini, mio figlio e mia figlia.
Federico ci fa delle foto.
Nel prato c’e uno scivolo.
Lorenzo e Michael ci giocano e si divertono.
Io con loro.
Nel frattempo sposto lo sguardo da tutte le parti.
Guardo il cielo e mi sembra più grande di quello che riesco a vedere dalle sbarre della mia cella.
E ancora più grande di quello che vedo dal cortile del carcere.
Sembra ancora più azzurro di quello che ricordavo.
Forse perché sono fuori.
Forse perché sono felice.
Forse perché è uno dei giorni più belli della mia vita.
Torniamo al piano di sopra.
Poi il mio angelo mi passa numerose telefonate.
Sento alcuni amici e parenti che mi seguono e che mi vogliono bene da tanti anni, ma purtroppo non riesco a parlare con tutti quelli che vorrei.
Guardo l’orologio.
Si sono fatte le otto di sera.
E dalla mia testa da lontano sento l’Assassino dei Sogni che mi sussurra:
- Ne hai ancora per poco.
E ad un tratto il mio angelo grida:
- Presto a tavola.
Per tutto il giorno non ha smesso un attimo di organizzare la giornata e mi ha seguito come un angelo.
Mi siedo a tavola con tutta la mia famiglia.
Dopo tanti anni finalmente ho davanti a me posate, bicchieri e piatti veri.
Il mio angelo m’invita a fare un discorso.
Provo a dire qualcosa, ma dalla gola non mi esce nulla.
Riesco a solo a ringraziare tutti e a dire che li voglio bene.
Tutti mi battono le mani.
I miei due nipotini mi guardano con uno sguardo bellissimo.
Davanti a quegli occhi mi emoziono.
Mi ricordano i miei di quando ero bambino.
Di quando ero buono e innocente.
Poi iniziamo a mangiare.
E penso che sono venti anni che non mangio più con la mia famiglia.
A un certo punto la mia compagna, vedendo che guardo continuamente l’orologio, per farmi coraggio, mi versa due bicchieri di vino.
Non sono più abituato a bere vino forte e buono.
E mi accorgo subito che mi gira la testa.
Per questo non mi ricordo bene cosa è accaduto dopo.
Non riesco più a mettere ordine nei miei ricordi e nelle mie emozioni.
Mi sembra che la mia famiglia, d’accordo con il mio angelo, mi abbia dato una botta in testa, tramortito e legato.
E che quei giuda del mio angelo, di mia figlia, di Federico e Giuseppe si siano presi il compito dì portarmi davanti all’Assassino dei Sogni.
Prima di vederlo sento nell’aria il suo odore.
Lo sento ridere sottovoce.
E mi da il benvenuto.
Il figlio di puttana mi stava aspettando.
Una volta lì davanti mi accorgo che non ho più tempo.
Penso che il mio tempo sia finito.
Faccio tutto in fretta per cercare di non pensare.
Primo saluto Federico come un figlio.
Quando l’abbraccio mi si stringe il cuore.
Gli rivolgo un sorriso stanco.
Poi bacio mia figlia.
Sento il mio cuore accelerare.
Non la guardo, perché il dolore si capisce osservando gli occhi.
Ed io non voglio vedere la sua sofferenza.
I miei occhi non piangono perché c’è l’Assassino dei Sogni che mi guarda.
Riesco solo a sussurrarle:
- Figlia, sei la roccia dove è appoggiato il mio cuore.
Poi saluto Giuseppe.
E gli vedo la tristezza negli occhi.
Per ultimo abbraccio il mio angelo.
Le accarezzo il cuore con gli occhi.
Non le parlo, è troppo doloroso.
Alla fine mi volto.
Da fuori l’Assassino dei Sogni fa ancora più paura.
Sembra ancora più brutto.
Ad un tratto il suo cancello enorme di ferro si apre.
Sembra la bocca di un mostro.
Il suo rumore metallico rimbomba nelle mie orecchie.
Quella è la sua voce.
Ancora un passo e poi sarà tutto finito.
Sarò di nuovo un uomo ombra.
Un’ombra fra tante.
Faccio quel passo.
Provo la sensazione di non esistere più.
E mi faccio divorare dall’Assassino dei Sogni, lasciando alle mie spalle la libertà, l’amore e la felicità.
Cammino lentamente senza voltarmi.
Il mio cuore non vuole camminare.
Mi tocca trascinarlo.
Ogni passo sembra un chilometro.
Sento il mio cuore scalciare.
Sento che sto facendo una cazzata.
Sento che dalla luce sto rientrando nell’ombra.
Ad un tratto metto male un piede per terra.
E prendo una leggera storta, ma mi sforzo di riprendere a camminare normalmente.
Rido.
Quando sono triste, rido.
Ho paura, ma entro di nuovo dentro l’Assassino dei Sogni.
Chi mi vuole bene è sicuro che uscirò.
Io invece non ne sono sicuro per nulla.
Varco il primo cancello.
E inizio a sentire la voce dell’Assassino dei Sogni.
- Guarda chi si rivede!
Non c’è più il sole di questa mattina.
- Non mi hai dato retta…
È buio.
- Sei ritornato.
Buio nero.
- Ben tornato.
Guardo il cielo.
- Hai perso una buona occasione.
La luna è quasi rotonda, ne manca solo uno spicchio.
- Non ne avrai altre.
Il mio cuore piange in silenzio per non disturbarla.
- Peggio per te…
L’Assassino dei Sogni è taciturno.
- Ti mangerò anche i tuoi ultimi sogni.
Mi guarda.
- Gli ultimi sono anche i più buoni.
Lo guardo.
- Sei solo un’ombra.
Ci guardiamo.
- Ricordatelo.
All’improvviso mi viene in mente che io riuscirò a distruggerlo.
- Solo questo.
E non solo per me, ma anche per tutti gli altri.
- Non riuscirai mai a scapparmi…
Non sono ancora troppo vecchio.
- Levatelo dalla testa…
Ce la posso fare.
Non c’è mai riuscito nessuno.
Il cortile davanti è deserto.
- Lo so…
C’è un po’ di vento.
- Tu ci speri
E penso che solo lui riesca a correre libero dentro l’Assassino dei Sogni.
Secondo cancello.
- Tu sei un sognatore…
Entro nel corridoio.
- Ma io mi nutro di sogni.
Terzo cancello.
Lo percorro.
- Ora per te sarà peggio.
Mi sento malinconico e triste.
Quarto cancello.
- Da adesso soffrirai di più.
Guardo avanti.
-Sarai sempre più debole.
Quinto cancello.
Mi sforzo di essere sicuro.
- Ti sbranerò il cuore.
Determinato.
Sesto cancello.
- Ti distruggerò l’anima.
Cammino lentamente.
-Ti divorerò tutto l’amore che hai dentro.
Settimo cancello.
Respiro piano con malinconia.
- E per ultimo ti mangerò tutti i tuoi sogni.
Non penso.
-Ottavo cancello.
- Ti farò diventare ancora più cattivo.
Avrei avuto troppe cose da pensare per farlo.
- Molto di più di quello che sei adesso.
Nono cancello.
Cammino come un morto o forse come uno vivo.
- Ti farò odiare la vita.
Non lo so.
Decimo cancello.
- Ti farò maledire Dio.
I miei passi per terra battono con lo stesso ritmo del mio cuore nel petto.
- E ti farò amare la morte.
Undicesimo cancello.
Ora sono di nuovo solo.
Io e l’Assassino dei Sogni.
Entro nella mia cella.
Non mi spoglio.
Non ce la faccio.
Mi butto vestito nella branda.
Metto in fila i secondi, i minuti delle undici ore passate da uomo libero.
È stato bello vivere undici ore come una persona normale, ma ora è tutto finito, sono di nuovo un uomo ombra.
Io non credo a Dio, ma spero che esista, non per me, ma per tutti quelli che credono in lui.
Sento le lacrime del mio cuore.
Finalmente posso piangere, dentro le lacrime non si vedono.
Sono fatte di ombra pure quelle.
Urlo all’Assassino dei Sogni:
- Io sono prigioniero, ma vivo, invece tu sei forte, ma morto.
E mi addormento.

fonte: LE URLA DAL SILENZIO

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