domenica 3 luglio 2011

Marco Pannella e la lotta non violenta

Abbiamo di recente parlato della lotta di Pannella per l'amnistia e la legalità nelle istituzioni.
Il peggior torto che si può fare al leader radicale è definire tale iniziativa "protesta". L'astensione dal cibo è una forma di dialogo, di lotta non violenta e proposta, fondata su dati reali e richieste chiare, con lo scopo di portare istanze al pubblico dibattito. Citando Ghandi: "Prima ci ignorano, ci deridono, poi ci insultano, ci combattono ma alla fine vinciamo". Il Satyagraha del Mahatma è la fonte d'ispirazione delle lotte pannelliane; ricerca e amore per la verità e non violenza in tutto il mondo, con il Partito Radicale Transnazionale che nei propri congressi accoglie minoranze oppresse in Vietnam, Cina, Cambogia, Cecenia e aree critiche. Interventi che si succedono come una triste conta di quanti non ci sono più rispetto alla volta precedente.


Nemico della non violenza è il non fare notizia, senza vetri rotti o divise macchiate di sangue e la sua voglia di trasmettere temi e valori che, privati di visibilità, diventano di nicchia.
L'iniziativa in corso ha portato all'intervento di Napolitano con una missiva diretta a Pannella, e di Schifani che si è detto disponibile a portare l'amnistia all'attenzione del Senato. A loro, ad Adriano Sofri (interlocutore da anni e per il quale Pannella invocò la grazia), alle migliaia di detenuti, avvocati e cittadini che hanno sostenuto la lotta, l'anziano leader ha dedicato un brindisi a base di frullato di frutta, sollievo dopo 4 giorni senza liquidi.
L'ottantaduenne Pannella ha una storia di scioperi densa di successi e delusioni, volti alla conquista di libertà e diritti per tutti, come gli ha riconosciuto del resto lo stesso Capo dello Stato.
Tra le più significative occasioni di sciopero della fame la prima è datata 1969, laddove i Radicali decisero di affrontarlo in risposta all'ostruzionismo parlamentare della Dc sul divorzio. Gli anni '70 furono quelli delle conquiste e della scoperta dell'opinione pubblica di temi come i diritti civili dentro e fuori i confini nazionali.
Se di quegli anni si ricordano spesso innovazioni radicali come aborto, divorzio, voto ai diciottenni e chiusura dei manicomi – che portarono anche all'adesione al Movimento di delusi dal "socialismo reale" come Sciascia, Pasolini o Silone – più di rado si ricordano gli scioperi della fame negli anni '80 per porre l'accento sullo sterminio per fame nel mondo, considerata una silenziosa shoà, o per l'antimilitarismo. Oppure le lotte per la "giustizia giusta" e l'invocazione di misure attualissime come la responsabilità civile dei giudici partendo dal caso Tortora i cui accusatori non hanno mai pagato per i propri errori.
Negli ultimi anni citiamo iniziative come quella del 2002 quando Pannella bevve la sua urina al Tg2 per non morire disidratato in seguito allo sciopero della sete per la mancata elezione di tre Giudici Costituzionali di nomina parlamentare. Dello stesso anno lo sciopero per l'indulto e l'amnistia anche in seguito all'intervento in Parlamento di Giovanni Paolo II, che chiese clemenza per i detenuti stipati in celle sovraffollate.
Se il Governo Prodi (oltre che dell'indulto) nel 2007 potette fregiarsi di aver portato all'Onu la proposta di moratoria per le esecuzioni capitali, il merito fu dello sciopero della fame di Pannella che prima lottò contro l'esecuzione di Saddam (dopo aver invano già lottato per l'esilio del dittatore iracheno come alternativa alla guerra), poi converti la lotta per la fine delle esecuzioni in tutto il mondo, almeno temporanea.
In poche righe non si può riassumere la storia di quest'uomo che col suo rischiare "la vita contro la morte" e la dedizione alla cosa pubblica è un esempio di passione politica contro gli interessi di retrobottega e il silenziatore dell'informazione di massa che ignora i Radicali in quanto tali e con essi temi e proposte che sarebbe piacevole persino vedere contrastate, in quanto per combattere un fenomeno bisogna dare esso dignità.
Per non dare dignità a temi pericolosi per le cricche, in un'Italia dove la libera informazione è una chimera, si preferisce ignorare e deridere.
Fabrizio Ferrante
fonte: epress online

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