lunedì 13 giugno 2011

Alessandro Giordano:l'ultima vittima del carcere


Lettere: storie dal carcere; morte reale, vita apparente
lunedì 13 giugno 2011
di Valentina Ascione
Dalla vita apparente alla morte reale
il passo è breve.

Una questione di minuti, o forse di secondi.

 È una piccola quantità di gas che
si sceglie di mandar su per il naso,
 oppure no.
 No, perché la mente è già
 sufficientemente annebbiata,
 i pensieri sfuocati, l’ansia sedata,
 il dolore zittito, momentaneamente,
come un cane rabbioso dalla museruola.

Quella di inalare butano è una pratica molto diffusa in carcere,
 come tra i bambini delle favelas sniffare colla o benzina nel
tentativo di scacciare la fame.

I detenuti lo fanno per allontanare il male di vivere,
si stordiscono con il gas - quello delle bombolette
usate per cucinare -
per evadere dalla realtà e perdere il contatto,
 per qualche istante o per sempre, con un’esistenza
priva di obiettivi.

Simile a una corsa senza ostacoli, né traguardi.

 Sono tanti però quelli che, magari inavvertitamente
o inconsapevolmente,
 passano dall’assopimento alla morte.

Domenica scorsa è toccato ad Alessandro Giordano,
trentottenne originario di Salerno, recluso nel carcere
“Due Palazzi” di Padova per reati legati alla sua tossicodipendenza.

In base alla legge avrebbe potuto scontare la pena
in affidamento terapeutico presso una comunità,
 invece si trovava in cella con davanti ancora tre anni
di detenzione lenita solo dagli psicofarmaci.

Come altre migliaia di tossicodipendenti detenuti
 nelle carceri italiane e come Walter Bonifacio,
 con il quale condivideva la cella e che appena dieci giorni
 prima aveva visto morire nella stessa maniera: ucciso dal gas.

 Il decesso di Alessandro Giordano è il quarto in due mesi
nella Casa di Reclusione di Padova, considerata una
delle migliori di Italia, dove 823 detenuti possono contare
 su due soli psicologi penitenziari per un totale di 54 ore mensili.

E dove lo psichiatra, interpellato solo pochi giorni fa dalla
 radicale Rita Bernardini sul rischio di nuovi suicidi ha ammesso:
 “se mettessero me in galera, in queste condizioni,
mi toglierei la vita dopo due giorni”.

Dei quattro decessi contati a Padova da aprile ad oggi,
 solo uno - avvenuto per impiccagione - è stato archiviato
come suicidio.

 Gli altri tre, causati dall’inalazione di gas, sono ancora
al vaglio delle autorità giudiziarie.
 Scelta o incidente? Questo è il dilemma.
Come se facesse davvero differenza,
 in un luogo dove la morte è reale e la vita apparente.


da Gli Altri, 10 giugno 2011
Fonte www.ristretti.org

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