giovedì 28 aprile 2011

"Dieta" forzata per i detenuti, 4 indagati



"Dieta" forzata per i detenuti, 
4 indagati

Si tratta d'un assistente 
della polizia penitenziaria, 
del titolare della ditta fornitrice 
e di due suoi dipendenti 

Giovanni Pastore
Quel giorno anche i detenuti protestarono.
 Il cibo servito alla mensa 
del penitenziario cittadino
 non li aveva soddisfatti come al solito. 
Ai tavoli erano state servite porzioni minime 
e poco condite.

 Un trattamento che finì per alimentare
 il malcontento nelle celle.
 E così il caso venne segnalato alla direzione della casa circondariale 
"Sergio Cosmai" che dispose una indagine interna. 
Era il 21 settembre dello scorso anno e a distanza di 
sei mesi sarebbe stata accertata l'ipotetica verità.
 Le dispense della cucina del carcere erano rimaste semivuote 
nonostante un contratto di fornitura di alimenti molto dettagliato
 e ben assortito. 
Secondo i detective della polizia penitenziaria, guidati dal commissario
 Vincenzo Paccione, nelle cucine non era arrivata tutta la merce 
prevista dall'accordo commerciale sottoscritto
 dall'Amministrazione penitenziaria 
con una azienda pugliese.
 Contratto che prevedeva la periodica consegna di quantitativi 
prestabiliti di alimenti.
 Approfondendo gli accertamenti, le "divise azzurre" avrebbero 
scoperto che in realtà, dalla lista della spesa mancava del burro, 
erano spariti 33 chili di pasta, 15 chili di riso e 5 di sale.
E così l'inchiesta si spostò sul responsabile pro tempore della mensa
 che non avrebbe saputo fornire spiegazioni sull'accaduto.
 E dalle verifiche sarebbe emerso che non era stata segnalata alcuna 
anomalia nelle forniture da parte dell'addetto al servizio mensa
 della casa circondariale. 
Dunque, se non ci fosse stata la protesta dei detenuti l'ipotetica
 inadempienza
 contrattuale non sarebbe stata scoperta. 
Completate le indagini interne, i poliziotti penitenziari hanno inviato
 una dettagliata informativa al procuratore capo Dario Granieri c
he ha assegnato il fascicolo al pm Adriano Del Bene. 
Il magistrato dopo aver valutato attentamente l'esito delle investigazioni, 
ha iscritto nel registro degl'indagati quattro persone. 
Si tratta del titolare dell'azienda fornitrice, che ha sede in Puglia, 
Giuseppe Guarnieri, di due dipendenti della ditta, Angelo Di Dio, 
addetto al controllo dei magazzini, e Pasquale Coscarella, 
responsabile dello smistamento merci. Inoltre, è finito sott'inchiesta 
anche l'assistente di polizia penitenziaria, Fabio Buono, che quel giorno
 era responsabile dei controlli alla mensa.
 Una indagine che è stata definita proprio nei giorni scorsi con la notifica del relativo avviso. 
Il magistrato inquirente ha ipotizzato nei confronti dei quattro l'ipotetico reato 
di inadempimento in forniture alimentari.
 Gl'indagati, adesso, avranno venti giorni di tempo per produrre memorie d
ifensive o chiedere interrogatorio prima che il magistrato si determini.
I detective della polizia penitenziaria non sono a operazioni di questo genere. 
Già un annetto fa scoprirono che, attraverso alcuni dipendenti d'una ditta esterna
 i detenuti avrebbero pasteggiato con aragoste, gamberi e champagne 
e nutrivano il loro corpo con creme di bellezza
. Le investigazioni degli agenti puntarono verso tre impiegati di quell'azienda esterna 
che avrebbero avuto il ruolo d'approvvigionare i reclusi.
 Anche in quel caso, la Procura avviò una inchiesta e il fascicolo venne affidato
 al pm Antonio Cestone che indagò per frode nelle pubbliche forniture.
Più recentemente, i detective del commissario Paccione hanno smscherato
 un loro collega che avrebbe consentito ad alcuni detenuti di usare dei telefonini
 cellulari per chiamate private.
 Anche quell'inchiesta sta per essere conclusa dopo la riapertura 
delle indagini preliminari decisa dal pm Giuseppe Casciaro per valutare elementi di prova
 acquisiti successivamente nei confronti di un assistente capo di polizia penitenziaria
 e i detenuti che avrebbero beneficiato dei telefonini messi a disposizione dall'agente.
 Corruzione è l'ipotetico reato che viene contestato all'assistente
 capo Salvatore Gabriele, 44 anni.
Inadempimento
Il reato contestatodi inadempienza in pubbliche forniture prevede si applica 
nei confronti di chi non adempiendo gli obblighi che gli derivano da un contratto
 di fornitura concluso con lo Stato, o con un altro ente pubblico, 
ovvero con un'impresa esercente servizi pubblici o di pubblica necessità,
 fa mancare, in tutto o in parte, cose od opere, che siano necessarie
 a uno stabilimento pubblico o ad un pubblico servizio, è punito 
con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a centotre euro.
La pena èaumentata se la fornitura concerne: sostanze alimentari o medicinali,
ovvero cose od opere destinate alle comunicazioni per terra, per acqua o per aria,
 o alle comunicazioni telegrafiche o telefoniche; cose od opere destinate 
all'armamento o all'equipaggiamento delle forze armate dello Stato;
 cose od opere destinate ad ovviare a un comune pericolo o ad un pubblico infortunio. 
Le stesse disposizioni si applicano ai subfornitori, ai mediatori
 e ai rappresentanti dei fornitori, quando essi, violando i loro obblighi contrattuali,
 hanno fatto mancare la fornitura.

Fonte: Gazzetta del Sud online 

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