venerdì 22 aprile 2011

Un gabbiano libero per ex detenuti


A Milano i detenuti prendono il volo

Una cooperativa per il reinserimento dei carcerati

Milano - Milano - Una cooperativa per il reinserimento degli ex detenuti. L’iniziativa, promossa da Rosaria Iardino, storica animatrice del volontariato milanese, e da Francesco, un ex detenuto oggi imprenditore, aggrega alcuni “veterani”, assistiti dall’avvocato Sabrina Boschi, che hanno deciso di mettere la loro esperienza a disposizione del “Gabbiano libero”, sinonimo di libertà che evoca il romanzo di Richard Bach.

Francesco, 50 anni, è entrato in riformatorio a 16 anni. Viene da una famiglia povera, e attribuisce molta responsabilità all’ambiente familiare: “A scuola soffrivo molto la differenza con i miei compagni, che venivano da famiglie benestanti, e così ho iniziato a rubare i capppottini. A 8 anni ho iniziato a lavorare da un fornaio, ma poi mi addormentavo sui banchi. A casa le cose non andavo bene, e così ho pensato di aiutare andando a rubare; la prima volta che portai a casa dei soldi, mi madre mi picchiò, e così scappai di casa”. Appena maggiorenne la prima condanna a 18 anni - ridotti a 15 in Cassazione - per una sparatoria in pubblico. “Purtroppo in carcere non puoi mostrarti debole, se vuoi sopravvivere, e così sono diventato ancora più prepotente” sostiene Francesco. “Oggi il carcere è cambiato molto, grazie alle leggi Simeone e Gozzini, ma il lavoro e il reinserimento rimangono un argomento centrale da affrontare seriamente, per evitare che, una volta fuori, si ricominci a delinquere”. Francesco ha avuto il primo permesso dopo 20 anni, dopo aver scontato il regime detentivo duro del 416 bis a Pianosa, il carcere dove sono confinati i brigatisti, facendosi anche un anno di isolamento. “Quando sono uscito in semilibertà lavoravo in un ristorante poi sono stato in affidamento presso la cooperativa di un mio amico che si occupava di consegne. Prendevo 50 mila lire usando la macchina di mia moglie, e ho pensato che con due avrei guadagnato di più; così ho iniziato a mettere su la mia piccola rete, che poi ho trasformato in cooperativa”. Francesco ha deciso di mettere la sua esperienza a disposizione di Emilio, Pino, Simone e Massimo, che hanno accettato l’invito del loro amico di creare una cooperativa, per dare agli altri la possibilità di una vita “normale”.

“Sono entrato tardi in carcere, a 30 anni, nonostante le numerose denunce accumulate nel frattempo”. Emilio, 56 anni è un “fregoli”: i suoi reati vanno dalla rapina alla fabbricazione di dollari falsi (ma anche quadri). “Quando ero a San Vittore ho aperto una pelletteria, e quando sono uscito sono stato assunto da una cooperativa solidaristica a Monza. Purtroppo, dopo pochi mesi la coop mi licenzio perchè incompatibile con i disabili ai quali l’attività era dedicata, e così ho aperto la mia ditta di pelletteria” ricorda. “A causa della crisi del settore - prosegue l’’artista falsario’ -, oggi dominato dai cinesi, ho dovuto chiudere l’attività, e ho aperto, insieme a mio figlio, una cooperativa che opera nel settore della logistica”. Come Francesco e gli altri, Emilio (nella foto con la moglie e Rosaria Iardino) crede molto nella possibilità di recuperare gli ex detenuti tramite il lavoro post pena.

La storia di Massimo, 33 anni, un look alla Vasco Rossi, è diversa: lui non è mai stato dentro. “A 14 anni ho provato per la prima volta la cocaina, e da allora è iniziato il mio calvario”, ricorda. “I miei hanno divorziato quando avevo 11 anni, e ho passato quegli anni con i miei nonni. Non è una scusa, ma mi è mancata la protezione da parte della famiglia, e così, senza controllo, ho fatto le conoscenze sbagliate”. Massimo non nasconde di non essere uscito del tutto dalla droga (“Sono stato in tre comunità, ma ogni tanto, quando capita, qualche tiro lo faccio ancora”). Anche per lui è stato fondamentale l’incontro con Francesco. “All’epoca avevo una cooperativa di logistica, e avevo assunto Massimo come fattorino, ma si perdeva spesso” ricorda il loro “angelo custode”. “Gli ho sempre dato fiducia, anche se spesso ho dovuto ‘recuperarlo’ perchè si volatilizzava mentre i clienti aspettavano la consegna”. Oggi Massimo ha cambiato lavoro: vende cuccioli, ma ha deciso, come gli altri, di impegnarsi in questa sfida.

Simone è stato diverse volte in riformatorio, prima di venire “battezzato” - come dice lui - con il primo arresto a la detenzione a San Vittore, dove ha conosciuto Francesco. “Sono entrato la prima volta in carcere a 18 anni, per tre grammi di cocaina, e sono uscito tre anni dopo” ricorda Simone. “Mentre ero dentro i miei genitori avevano aperto un’impresa di pulizia, e così ho iniziato a lavorare con loro. Purtroppo, a causa di un incidente ho riportato delle gravi fratture multiple in tutto il corpo, e sono stato in coma 28 giorni. Quando mi sono svegliato ho rivisto Francesco, che mi ha coinvolto nel progetto della cooperativa”.

“Ho iniziato a delinquere subito dopo aver lasciato la scuola, frequentando ragazzi più grandi di me, che mi hanno iniziato alla cocaina, anche se non sono mai diventato dipendente dalla droga; lo facevo solo per spirito di emulazione e per integrarmi nel gruppo”. Pino, 33 anni, è entrato in carcere per reati minori, e ha passato un terzo della sua vita in galera. E’ uscito da poco, dopo aver passato gli ultimi 6 anni dietro le sbarre. Oggi è in affidamento presso una struttura gestita da don Gino Rigoldi. “Frequentavo l’Istituto tecnico aeronautico, ma le conseguenze di un incidente d’auto mi fece perdere il brevetto di volo, costringendomi a rinunciare ai miei sogni. Da lì è iniziato il mio girovagare per gli istituti di pena”, ricorda. Pino si è pentito di non aver continuato gli studi: “Sono entrato in galera a 18 anni appena compiuti, per un furto d’auto, e lì, in mezzo agli ergastolani, si è compiuto il mio destino. Purtroppo, in carcere, non mi hanno insegnato un lavoro, e così, una volta uscito, sono passato dai furti alle rapine, allo spaccio di droga”. In carcere Pino ha ripreso gli studi di ragioneria (“Non sono riuscito a finirli, perchè mi trasferivano continuamente: ho girato una decina di istituti”), ha imparato l’inglese, e a cucinare. “Ho regalato i migliori anni della mia vita allo Stato, e sono diventato un perfetto delinquente: so fare tutto, ma adesso voglio solo una vita normale”.

Sono cinque storie diverse, accumunate dalla convinzione che solo la prospettiva di un lavoro può evitare che gli ex detenuti tornino a delinquere. Francesco, Emilio, Pino, Simone e Massimo hanno deciso di mettere la loro esperienza a disposizione degli altri “gabbiani liberi”, sperando che molti altri, come loro, accettino questa sfida, sicuri di vincerla.

Marco Marsili

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