08 maggio, 2008
Ed ecco che, nel caso del povero Marco Guerrieri, la stampa si è prodigata a pubblicare le foto del suo arresto (vedasi foto allegata), nelle prime pagine dei giornali regionali, per soddisfare la sete di disgrazie altrui dei malvagi utenti di siffatta stampa.
Ma neppure una parola sulla montatura giudiziaria di cui è rimasto vittima, e a causa della quale montatura è morto prima del suo tempo.
Ma veniamo ai fatti, che ometteremo di commentare poiché i responsabili di una simile azione non meritano neppure questo.
Una mattina del novembre del 2004, Marco Guerrieri riceve la visita della Polizia che lo preleva e lo porta in questura.
Negli uffici della questura l’esterrefatto Guerrieri riceve un fascicolo di un centinaio di pagine, dal titolo –ordinanza di custodia cautelare-, con il quale la giustizia italiana, in questo caso modicana, aveva deciso di porre fine alla sua libertà.
E venne condotto nel carcere di Ragusa, con il suo bravo fascicolo.
Nella solitudine della sua cella, nella sezione del carcere dedicata agli stupratori e ai pedofili, leggendo l’avvincente vicenda contenuta in quel corposo fascicolo, vicenda di cui a sua insaputa fu reso protagonista, scoprì con grande stupore di essere accusato di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, nonché, e questa è la parte più avvincente del racconto, di avere prelevato dalla strada e poi violentato, lui insieme ad altri uomini, una giovane donna polacca a nome Bernadetta.
Purtroppo, ma ovviamente, al momento dell’arresto non gli fu detto che sarebbe finito in carcere, né tanto meno avrebbe potuto immaginarlo non avendo mai commesso alcun reato. Pertanto si ritrovò, oltre che senza vestiario, anche senza carta, penna e senza un calendario.
E siccome la data del fatto di cui era accusato risaliva ad oltre un anno indietro nel tempo, non riuscì a ricordare dove si trovasse, cosa potesse avere fatto in quel fatidico giorno, e a quale giorno della settimana corrispondesse a quella data.
Dopo alcuni giorni di detenzione, ricevette la visita del giudice che lo aveva rinchiuso, non una visita di cortesia, ma un obbligo previsto dalla procedura.
E fu in quel frangente che il giudice venne a conoscenza del fatto che il pericoloso violentatore era affetto da una grave e incurabile malattia, malattia che aveva già da parecchi anni, malattia a causa della quale Marco Guerrieri era gravemente debilitato tanto da pesare qualcosa come 55 chili a fronte di una statura di un metro e novanta.
Malattia e condizioni a causa delle quali non era da anni in grado di avere rapporti sessuali.
E non solo. Si trattava di malattia sessualmente trasmessa, e che quindi avrebbe dovuto contagiare la donna violentata. Ma potrebbe aver usato il preservativo!
Nel giro di pochi giorni venne liberato dal carcere e sottoposto agli arresti domiciliari. Ma non per carità, ma sempre per procedura, in quanto la legge non consente la custodia cautelare in carcere per chi è affetto dalla malattia di Marco Guerrieri.
E finalmente, giunto a casa, consultando il calendario, si rende conto che il giorno in cui avrebbe violentato la polacca, ricadeva di domenica.
E non solo.
Era infatti il giorno in cui in tutta Italia mancò la corrente elettrica, quasi per l’intera giornata. Come si ricordò di tale circostanza? Semplice, Marco Guerrieri da parecchi anni era impiegato dell’Enel.
Ma che strana coincidenza!
Sembra quasi che questo giorno sia stato scelto ad arte. Perché durante la settimana Marco Guerrieri lavorava all’Enel, e spesso faceva degli straordinari. Quindi gli autori della montatura sarebbero potuti incappare in un alibi di ferro con tanto di cartellino timbrato e testimoni.
Ecco allora che Marco Guerrieri si trasforma in violentatore della domenica.
E non solo.
Infatti era anche accusato di aver picchiato la stessa donna che prima aveva violentato, di averla aggredita mentre si trovava insieme alla cugina, sempre polacca, di averla aggredita insieme e con l’ausilio di altri quattro malviventi. Questa volta non a Modica ma a Ragusa.
Una settimana dopo la violenza ma, guarda caso, nuovamente di domenica.
Ma che strana coincidenza!
Quindi, violentatore della domenica, e picchiatore della domenica.
Interessante anche la scelta del giorno del black-out.
Infatti non funzionavano neppure i telefoni cellulari, mancando l’alimentazione a quasi tutte le celle. Sarebbe stato quindi difficile per Marco Guerrieri dimostrare dove si trovasse durante quella giornata, ad esempio consultando i tabulati del suo telefono cellulare.
Ma che strana coincidenza!
Comunque, il malcapitato Marco Guerrieri riuscì a ricordarsi che quel giorno si trovava da tutt’altra parte, in una località fra Catania e Siracusa, a circa 100 chilometri dal luogo in cui si sarebbe verificato il sequestro della polacca e il successivo stupro.
Come peraltro era solito fare infatti, il poveretto, la domenica andava fuori provincia per incontrarsi con altre persone che come lui praticavano il buddismo e altre discipline correlate.
Ma siccome in Italia, contrariamente a tutti gli altri Stati di diritto, vige il principio della presunzione di colpevolezza a capo del sospettato, e che quindi tocca al sospettato stesso provare di essere innocente, ecco che il povero Marco Gurrieri, dalle ristrettezze della detenzione domiciliare, si vide costretto a incaricare un investigatore privato, per ricercare le prove della sua estraneità ai fatti di cui era accusato.
Ed ecco che, in poche ore di indagini, il detective Michele La Rosa, ex carabiniere, riesce a raccogliere numerosi elementi che dimostrano la presenza di Marco Guerrieri in una località diversa e ben lontana da quella in cui sarebbe stata prelevata la polacca per essere poi portata in campagna e violentata.
E non soltanto.
Il detective scoprì anche che la donna polacca, il giorno in cui sarebbe stata stuprata, non era neppure uscita di casa!
La Bernadetta, infatti, lavorava come badante da una anziana signora di Modica Alta, e all’orario in cui sarebbe stata violentata, stava preparando il pranzo per la vecchietta.
E dire che aveva pure effettuato un riconoscimento fotografico, dicendosi sicura al cento per cento di avere riconosciuto il suo violentatore in Marco Guerrieri!
Quindi il detective La Rosa in poche ore scoprì l’innocenza di Marco Guerrieri.
Mentre la polizia, come risulta dai vari giornali asserviti, impiegò un anno e mezzo di indagini “accuratissime”, nonché un cospicuo impiego di forze, per trovare elementi di colpevolezza a carico di Marco Guerrieri e degli altri “malviventi” insieme a lui indagati.
E fu così che i genitori di Marco Guerrieri, già, proprio i suoi genitori, finalmente credettero all’innocenza del figlio.
Capito cosa accade in Italia? Un povero cristo viene accusato di fatti mai accaduti, e persino i suoi genitori ci credono.
Ma proseguiamo con la storia di questo povero impiegato dell’Enel, storia che, purtroppo, non è a lieto fine.
Dopo la breve custodia cautelare in carcere, dopo la meno breve detenzione domiciliare, Marco Guerrieri viene rinviato a giudizio con le accuse di sequestro di persona e violenza sessuale.
L’accusa di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina era intanto caduta all’udienza preliminare. Infatti i cittadini polacchi non sono mai stati clandestini, esistendo una convenzione che li esonerava dall’obbligo del visto dal lontano 1991. Ma evidentemente nel 2004, questa notizia non era ancora giunta al tribunale di Modica. Né era giunta la notizia che dal lontano 1 aprile 1998, in virtù del trattato di Schengen cessarono i controlli alle frontiere terrestri e marittime italiane. Cioè non c’era più il posto di frontiera del Brennero dal quale entrano gli autobus provenienti dalla Polonia. Quindi quale sarebbe questa frontiera che i polacchi oltrepassavano clandestinamente, resta un mistero tutto modicano.
Veniamo adesso alla donna stuprata.
All’udienza preliminare si presentò e si costituì parte civile, inventandosi addirittura una scena di pianto alla vista dei suoi “violentatori”.
Alla prima udienza del processo la Bernadetta era ormai latitante, il suo avvocato, un certo Avveduto di Ispica, si giustificò dicendo che questa era assente in quanto la madre era ammalata.
Alla seconda udienza si dileguò anche l’avvocato, rinunciando al mandato, in quanto aveva ormai capito di essere stato raggirato dalla polacca. O forse sapeva fin dall’inizio che si trattava di finzione, e si ritirò semplicemente sapendo di non poter sostenere l’accusa senza la sua cliente.
Evidentemente la polacca pensava di guadagnare qualche centinaio di migliaia di euro a spese dei poveri accusati, ma rendendosi conto che c’era da affrontare un processo, capì che sarebbe stata facilmente smascherata, e preferì dileguarsi.
Comunque il peso di queste infamanti accuse causò il peggioramento delle condizioni di salute di Marco Guerrieri.
Non riusciva a capire come potesse esistere gente così malvagia da arrivare a tanto, da distruggere la vita e la reputazione di un poveraccio per ottenere un vantaggio di natura economica o per esibizionismo, o per chissà quale altro bieco interesse.
Emblematico è un episodio, accaduto durante una delle numerose udienze del processo, che a tutt’oggi è ancora in corso.
Durante una pausa, nell’aula di udienza, Marco Guerrieri fece l’errore di rivolgere lo sguardo al procuratore. Probabilmente voleva vedere che faccia avesse colui che voleva fargli trascorrere i suoi ultimi anni di vita in un carcere.
Ma il procuratore, accortosene, iniziò ad apostrofarlo: “ma lei mi sta guardando”, “perché mi sta guardando?”, “cosa ha da guardare?”, e il povero Marco Guerrieri si difendeva, e il procuratore ancora: “no, lei mi sta guardando”, “perché mi guarda?”. Ovviamente ciò accadeva davanti a decine di presenti, fra cui tutti gli avvocati degli imputati dei vari processi. E davanti al papà di Marco Guerrieri, che come sempre era presente in aula.
Tutto ciò accade a Modica, perché il processo si celebra a Modica, la città natale di Salvatore Quasimodo.
Vale la pena di sottolineare che la polacca Bernadetta è di una bruttezza che non ha eguali. Ma si sa, in Italia padre Fedele fu accusato di aver violentato una suora vecchia e grassa, figuriamoci se uno sconosciuto Marco Guerrieri non può essere accusato di aver violentato una brutta polacca.
Nei tribunali italiani accade di tutto. Nulla di strano quindi, che un impotente violenti una racchia.
Comunque, strano o non strano, Marco Guerrieri di questa terribile vicenda in cui si trovò coinvolto, ne risentì parecchio, al punto di farne un ossessione. Non riusciva a credere che potesse esistere gente così malvagia da volere in galera una persona innocua come lui, uno che durante tutta la sua vita non aveva mai fatto male a nessuno, neppure un litigio, neppure verbale, perché era talmente calmo da non innervosirsi mai, da non avere mai alzato la voce in vita sua.
Praticava il buddismo, era un non violento per eccellenza, sempre disposto ad aiutare chiunque avesse bisogno, era una persona generosa, una persona che non aveva nemici, un uomo dal carattere d’oro.
E non riusciva a capire come in uno stato democratico potessero accadere cose del genere.
Né tanto meno riusciva a capire come non esistesse una sola persona disposta ad ascoltarlo, ad ascoltare la sua storia, a poterlo in qualche modo aiutare.
Distrutto dallo stress e dalla paura di finire il resto della sua vita in galera, le sue condizioni peggiorarono gradualmente, fino a ritrovarsi ricoverato nell’ospedale di Ragusa, in un letto dal quale non si sarebbe più alzato.
E fu così che il 5 del mese di aprile del 2008 si concluse l’esistenza di Marco Guerrieri, all’età di 43 anni. E nel suo letto di morte, lucido fino alla fine, continuava ad essere ossessionato dal pensiero di quel processo, tanto che poco prima di morire aveva espresso la speranza di uscire pulito da questo processo, ed aveva fatto avere al suo avvocato un certificato medico, per poter chiedere il rinvio dell’udienza del 9 aprile, in quanto voleva essere presente alla successiva.
Ma al 9 aprile non ci arrivò. E l’udienza non fu rinviata.
E sembra che il suo avvocato, Enrico Platania di Ragusa, sia intenzionato a prendere parte al processo anche dopo la morte dell’imputato, probabilmente per difenderne la memoria.
La memoria di un uomo che ha avuto la sola colpa di trovarsi a vivere in un Paese incivile e in una provincia della Sicilia abitata da belve feroci. Il riferimento non è alla polacca, ma a chi di questa si è servito. E a chi rende pubbliche le notizie di palesi montature senza mai dar voce alle vittime, e a chi prova piacere a veder incarcerare i propri concittadini.
VITTIMA DI UNA MONTATURA, MUORE PER LO STRESS
UN IMPIEGATO DELL’ENEL ACCUSATO DI VIOLENZA SESSUALE
E’ successo a Modica, la città barocca in provincia di Ragusa, in Sicilia, cittadina che dette i natali a personaggi famosi come il poeta e premio Nobel Salvatore Quasimodo, il filosofo Tommaso Campailla, lo scrittore Carlo Papa, cittadina nota anche per la sua particolare cioccolata.
Ovviamente la vicenda è totalmente ignorata dalla stampa ufficiale italiana che, come è ormai noto in tutta Europa e probabilmente anche oltre, è totalmente asservita ai potenti, e mai dà voce ai poveri disgraziati, cioè alle vittime dei potenti.
Ovviamente la vicenda è totalmente ignorata dalla stampa ufficiale italiana che, come è ormai noto in tutta Europa e probabilmente anche oltre, è totalmente asservita ai potenti, e mai dà voce ai poveri disgraziati, cioè alle vittime dei potenti.
Ed ecco che, nel caso del povero Marco Guerrieri, la stampa si è prodigata a pubblicare le foto del suo arresto (vedasi foto allegata), nelle prime pagine dei giornali regionali, per soddisfare la sete di disgrazie altrui dei malvagi utenti di siffatta stampa.
Ma neppure una parola sulla montatura giudiziaria di cui è rimasto vittima, e a causa della quale montatura è morto prima del suo tempo.
Ma veniamo ai fatti, che ometteremo di commentare poiché i responsabili di una simile azione non meritano neppure questo.
Una mattina del novembre del 2004, Marco Guerrieri riceve la visita della Polizia che lo preleva e lo porta in questura.
Negli uffici della questura l’esterrefatto Guerrieri riceve un fascicolo di un centinaio di pagine, dal titolo –ordinanza di custodia cautelare-, con il quale la giustizia italiana, in questo caso modicana, aveva deciso di porre fine alla sua libertà.
E venne condotto nel carcere di Ragusa, con il suo bravo fascicolo.
Nella solitudine della sua cella, nella sezione del carcere dedicata agli stupratori e ai pedofili, leggendo l’avvincente vicenda contenuta in quel corposo fascicolo, vicenda di cui a sua insaputa fu reso protagonista, scoprì con grande stupore di essere accusato di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, nonché, e questa è la parte più avvincente del racconto, di avere prelevato dalla strada e poi violentato, lui insieme ad altri uomini, una giovane donna polacca a nome Bernadetta.
Purtroppo, ma ovviamente, al momento dell’arresto non gli fu detto che sarebbe finito in carcere, né tanto meno avrebbe potuto immaginarlo non avendo mai commesso alcun reato. Pertanto si ritrovò, oltre che senza vestiario, anche senza carta, penna e senza un calendario.
E siccome la data del fatto di cui era accusato risaliva ad oltre un anno indietro nel tempo, non riuscì a ricordare dove si trovasse, cosa potesse avere fatto in quel fatidico giorno, e a quale giorno della settimana corrispondesse a quella data.
Dopo alcuni giorni di detenzione, ricevette la visita del giudice che lo aveva rinchiuso, non una visita di cortesia, ma un obbligo previsto dalla procedura.
E fu in quel frangente che il giudice venne a conoscenza del fatto che il pericoloso violentatore era affetto da una grave e incurabile malattia, malattia che aveva già da parecchi anni, malattia a causa della quale Marco Guerrieri era gravemente debilitato tanto da pesare qualcosa come 55 chili a fronte di una statura di un metro e novanta.
Malattia e condizioni a causa delle quali non era da anni in grado di avere rapporti sessuali.
E non solo. Si trattava di malattia sessualmente trasmessa, e che quindi avrebbe dovuto contagiare la donna violentata. Ma potrebbe aver usato il preservativo!
Nel giro di pochi giorni venne liberato dal carcere e sottoposto agli arresti domiciliari. Ma non per carità, ma sempre per procedura, in quanto la legge non consente la custodia cautelare in carcere per chi è affetto dalla malattia di Marco Guerrieri.
E finalmente, giunto a casa, consultando il calendario, si rende conto che il giorno in cui avrebbe violentato la polacca, ricadeva di domenica.
E non solo.
Era infatti il giorno in cui in tutta Italia mancò la corrente elettrica, quasi per l’intera giornata. Come si ricordò di tale circostanza? Semplice, Marco Guerrieri da parecchi anni era impiegato dell’Enel.
Ma che strana coincidenza!
Sembra quasi che questo giorno sia stato scelto ad arte. Perché durante la settimana Marco Guerrieri lavorava all’Enel, e spesso faceva degli straordinari. Quindi gli autori della montatura sarebbero potuti incappare in un alibi di ferro con tanto di cartellino timbrato e testimoni.
Ecco allora che Marco Guerrieri si trasforma in violentatore della domenica.
E non solo.
Infatti era anche accusato di aver picchiato la stessa donna che prima aveva violentato, di averla aggredita mentre si trovava insieme alla cugina, sempre polacca, di averla aggredita insieme e con l’ausilio di altri quattro malviventi. Questa volta non a Modica ma a Ragusa.
Una settimana dopo la violenza ma, guarda caso, nuovamente di domenica.
Ma che strana coincidenza!
Quindi, violentatore della domenica, e picchiatore della domenica.
Interessante anche la scelta del giorno del black-out.
Infatti non funzionavano neppure i telefoni cellulari, mancando l’alimentazione a quasi tutte le celle. Sarebbe stato quindi difficile per Marco Guerrieri dimostrare dove si trovasse durante quella giornata, ad esempio consultando i tabulati del suo telefono cellulare.
Ma che strana coincidenza!
Comunque, il malcapitato Marco Guerrieri riuscì a ricordarsi che quel giorno si trovava da tutt’altra parte, in una località fra Catania e Siracusa, a circa 100 chilometri dal luogo in cui si sarebbe verificato il sequestro della polacca e il successivo stupro.
Come peraltro era solito fare infatti, il poveretto, la domenica andava fuori provincia per incontrarsi con altre persone che come lui praticavano il buddismo e altre discipline correlate.
Ma siccome in Italia, contrariamente a tutti gli altri Stati di diritto, vige il principio della presunzione di colpevolezza a capo del sospettato, e che quindi tocca al sospettato stesso provare di essere innocente, ecco che il povero Marco Gurrieri, dalle ristrettezze della detenzione domiciliare, si vide costretto a incaricare un investigatore privato, per ricercare le prove della sua estraneità ai fatti di cui era accusato.
Ed ecco che, in poche ore di indagini, il detective Michele La Rosa, ex carabiniere, riesce a raccogliere numerosi elementi che dimostrano la presenza di Marco Guerrieri in una località diversa e ben lontana da quella in cui sarebbe stata prelevata la polacca per essere poi portata in campagna e violentata.
E non soltanto.
Il detective scoprì anche che la donna polacca, il giorno in cui sarebbe stata stuprata, non era neppure uscita di casa!
La Bernadetta, infatti, lavorava come badante da una anziana signora di Modica Alta, e all’orario in cui sarebbe stata violentata, stava preparando il pranzo per la vecchietta.
E dire che aveva pure effettuato un riconoscimento fotografico, dicendosi sicura al cento per cento di avere riconosciuto il suo violentatore in Marco Guerrieri!
Quindi il detective La Rosa in poche ore scoprì l’innocenza di Marco Guerrieri.
Mentre la polizia, come risulta dai vari giornali asserviti, impiegò un anno e mezzo di indagini “accuratissime”, nonché un cospicuo impiego di forze, per trovare elementi di colpevolezza a carico di Marco Guerrieri e degli altri “malviventi” insieme a lui indagati.
E fu così che i genitori di Marco Guerrieri, già, proprio i suoi genitori, finalmente credettero all’innocenza del figlio.
Capito cosa accade in Italia? Un povero cristo viene accusato di fatti mai accaduti, e persino i suoi genitori ci credono.
Ma proseguiamo con la storia di questo povero impiegato dell’Enel, storia che, purtroppo, non è a lieto fine.
Dopo la breve custodia cautelare in carcere, dopo la meno breve detenzione domiciliare, Marco Guerrieri viene rinviato a giudizio con le accuse di sequestro di persona e violenza sessuale.
L’accusa di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina era intanto caduta all’udienza preliminare. Infatti i cittadini polacchi non sono mai stati clandestini, esistendo una convenzione che li esonerava dall’obbligo del visto dal lontano 1991. Ma evidentemente nel 2004, questa notizia non era ancora giunta al tribunale di Modica. Né era giunta la notizia che dal lontano 1 aprile 1998, in virtù del trattato di Schengen cessarono i controlli alle frontiere terrestri e marittime italiane. Cioè non c’era più il posto di frontiera del Brennero dal quale entrano gli autobus provenienti dalla Polonia. Quindi quale sarebbe questa frontiera che i polacchi oltrepassavano clandestinamente, resta un mistero tutto modicano.
Veniamo adesso alla donna stuprata.
All’udienza preliminare si presentò e si costituì parte civile, inventandosi addirittura una scena di pianto alla vista dei suoi “violentatori”.
Alla prima udienza del processo la Bernadetta era ormai latitante, il suo avvocato, un certo Avveduto di Ispica, si giustificò dicendo che questa era assente in quanto la madre era ammalata.
Alla seconda udienza si dileguò anche l’avvocato, rinunciando al mandato, in quanto aveva ormai capito di essere stato raggirato dalla polacca. O forse sapeva fin dall’inizio che si trattava di finzione, e si ritirò semplicemente sapendo di non poter sostenere l’accusa senza la sua cliente.
Evidentemente la polacca pensava di guadagnare qualche centinaio di migliaia di euro a spese dei poveri accusati, ma rendendosi conto che c’era da affrontare un processo, capì che sarebbe stata facilmente smascherata, e preferì dileguarsi.
Comunque il peso di queste infamanti accuse causò il peggioramento delle condizioni di salute di Marco Guerrieri.
Non riusciva a capire come potesse esistere gente così malvagia da arrivare a tanto, da distruggere la vita e la reputazione di un poveraccio per ottenere un vantaggio di natura economica o per esibizionismo, o per chissà quale altro bieco interesse.
Emblematico è un episodio, accaduto durante una delle numerose udienze del processo, che a tutt’oggi è ancora in corso.
Durante una pausa, nell’aula di udienza, Marco Guerrieri fece l’errore di rivolgere lo sguardo al procuratore. Probabilmente voleva vedere che faccia avesse colui che voleva fargli trascorrere i suoi ultimi anni di vita in un carcere.
Ma il procuratore, accortosene, iniziò ad apostrofarlo: “ma lei mi sta guardando”, “perché mi sta guardando?”, “cosa ha da guardare?”, e il povero Marco Guerrieri si difendeva, e il procuratore ancora: “no, lei mi sta guardando”, “perché mi guarda?”. Ovviamente ciò accadeva davanti a decine di presenti, fra cui tutti gli avvocati degli imputati dei vari processi. E davanti al papà di Marco Guerrieri, che come sempre era presente in aula.
Tutto ciò accade a Modica, perché il processo si celebra a Modica, la città natale di Salvatore Quasimodo.
Vale la pena di sottolineare che la polacca Bernadetta è di una bruttezza che non ha eguali. Ma si sa, in Italia padre Fedele fu accusato di aver violentato una suora vecchia e grassa, figuriamoci se uno sconosciuto Marco Guerrieri non può essere accusato di aver violentato una brutta polacca.
Nei tribunali italiani accade di tutto. Nulla di strano quindi, che un impotente violenti una racchia.
Comunque, strano o non strano, Marco Guerrieri di questa terribile vicenda in cui si trovò coinvolto, ne risentì parecchio, al punto di farne un ossessione. Non riusciva a credere che potesse esistere gente così malvagia da volere in galera una persona innocua come lui, uno che durante tutta la sua vita non aveva mai fatto male a nessuno, neppure un litigio, neppure verbale, perché era talmente calmo da non innervosirsi mai, da non avere mai alzato la voce in vita sua.
Praticava il buddismo, era un non violento per eccellenza, sempre disposto ad aiutare chiunque avesse bisogno, era una persona generosa, una persona che non aveva nemici, un uomo dal carattere d’oro.
E non riusciva a capire come in uno stato democratico potessero accadere cose del genere.
Né tanto meno riusciva a capire come non esistesse una sola persona disposta ad ascoltarlo, ad ascoltare la sua storia, a poterlo in qualche modo aiutare.
Distrutto dallo stress e dalla paura di finire il resto della sua vita in galera, le sue condizioni peggiorarono gradualmente, fino a ritrovarsi ricoverato nell’ospedale di Ragusa, in un letto dal quale non si sarebbe più alzato.
E fu così che il 5 del mese di aprile del 2008 si concluse l’esistenza di Marco Guerrieri, all’età di 43 anni. E nel suo letto di morte, lucido fino alla fine, continuava ad essere ossessionato dal pensiero di quel processo, tanto che poco prima di morire aveva espresso la speranza di uscire pulito da questo processo, ed aveva fatto avere al suo avvocato un certificato medico, per poter chiedere il rinvio dell’udienza del 9 aprile, in quanto voleva essere presente alla successiva.
Ma al 9 aprile non ci arrivò. E l’udienza non fu rinviata.
E sembra che il suo avvocato, Enrico Platania di Ragusa, sia intenzionato a prendere parte al processo anche dopo la morte dell’imputato, probabilmente per difenderne la memoria.
La memoria di un uomo che ha avuto la sola colpa di trovarsi a vivere in un Paese incivile e in una provincia della Sicilia abitata da belve feroci. Il riferimento non è alla polacca, ma a chi di questa si è servito. E a chi rende pubbliche le notizie di palesi montature senza mai dar voce alle vittime, e a chi prova piacere a veder incarcerare i propri concittadini.
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