mercoledì 4 maggio 2011

Amnistia indispensabile per far funzionare la Giustizia


MARCO PANNELLA

Pannella: Amnistia indispensabile per far funzionare la Giustizia

04-05-2011
Amnistia: provvedimento necessario e indispensabile per far funzionare la Giustizia. Perché i magistrati possano lavorare, contro la giustizia di classe e di massa che assicura milioni di prescrizioni.
(Quella che segue è la trascrizione del lungo intervento di Marco Pannella alla trasmissione “Radio Carcere” in onda su “Radio Radicale”. Il testo non è stato rivisto dall’autore)
…Dobbiamo avere la coscienza, lo dico compagni e compagne detenuti, e ai compagni, lo sottolineo, della polizia penitenziaria, che oggi partecipano al dramma di questa situazione della giustizia e delle carceri italiane...lo stesso presidente della Repubblica Giorgio Napolitano credo ricordi che un giorno di Natale marciò con noi,. per l’indulto e l’amnistia con tanti altri. E ricordo che anche il ministro della giustizia Clemente Mastella,al tempo del governo di Romano Prodi, aveva fatto proprio l’obiettivo dell’amnistia; dopodichè fecero cadere la legislazione e ci troviamo nella situazione… Ecco, allora compagne e compagni detenuti: un terzo di voi si trova in carcere a causa della legge Fini-Giovanardi; un altro terzo per la Fini-Bossi. Un altro terzo infine, è in attesa di giudizio; e metà, lo dicono le statistiche, saranno dichiarati innocenti. Ci sono, tra processi penali e civili, dieci milioni di arretrati. Il che fa di questo Stato, uno Stato fuorilegge. La Giurisdizione Europea, infatti, ritiene che per quel che riguarda la celerità dei processi, che sono la parte costitutiva della certezza del diritto, quelli italiani sono assolutamente contrari agli accordi costitutivi dell’Unione Europea.
Giacinto Pannella detto Marco (Teramo, 2 maggio 1930) è un politico e giornalista italiano, che si definisce radicale, socialista, liberale, federalista europeo, anticlericale, antiproibizionista, nonviolento, e gandhiano. Leader nonviolento del Partito Radicale Nonviolento Transpartito Transanzionale.
E’ una cosa ignobile, questa dei detenuti in attesa di giudizio e in espiazione anticipata di una pena che non ci sarà. In condizioni che sono illegali, sapete che un cittadino serbo-bosniaco ha fatto ricorso alla Corte Europea per le condizioni in cui era detenuto, e ha avuto ragione. Quindi, tranne rarissime eccezioni, come per i detenuti sottoposti al regime del 41-bis, c’è una illegalità di massa…
Cosa voglio dire? Un grande Pontefice, Giovanni Paolo II, che domenica scorsa è stato proclamato beato, quando venne invitato al Parlamento italiano, a un certo punto chiese una misura di clemenza per i detenuti; e il Parlamento esplose in una ovazione, sembrava di stare a uno spettacolo di Vasco Rossi, non smettevano più di applaudire. Quello Parlamento non ha poi fatto nulla, fino a quando non abbiamo ingaggiato la lotta per l’indulto e l’amnistia – vincendola in parte – culminata nella marcia di Natale con la partecipazione dell’attuale presidente della Repubblica, dell’ex presidente Francesco Cossiga, don Antonio Galli, tanti altri… Quel Pontefice invocava un provvedimento di clemenza che non è solo un provvedimento umanitario; è un’iniziativa tecnicamente necessaria per il funzionamento della giustizia dello stato italiano. E’ lo strumento necessario, la decisione che ci può consentire di uscire da una situazione incostituzionale: l’attuale detenzione di oggi è per la stragrande maggioranza dei carcerati, un dato oggettivo di violenza da parte dello Stato; e occorre consentire ai magistrati che possano fare il loro lavoro, possano esaurire mano a mano che arrivano a maturazione i processi. Lo dico a muso duro alla Lega, ad Antonio Di Pietro, alla minoranza del PdL e del PD che si dicono contrari all’indulto e all’amnistia: loro se ne fottono, letteralmente, dei problemi dello stato, si interessano solo dei loro piccoli affari di bottega...
L’amnistia è necessaria ai magistrati: ogni anno almeno 200mila processi sono annullati, grazie alla prescrizione. Una prescrizione di classe oltre che di massa, per chi si può permettere avvocati buoni e bravi, chi li può pagare. Noi l’amnistia la vogliamo per l’85 per cento dei reati, anche quelli che riguardano Silvio Berlusconi. L’amnistia è l’unico modo per impedire che ci migliaia, milioni di persone, magari colpevoli dei peggiori reati, se ne vadano, liberi, puliti, grazie alla prescrizione.
L’amnistia prima ancora che interessare i detenuti, interessa tutti coloro che sono “fuori” e che non sanno lo stato in cui si trova la Giustizia. Quindi il mio appello a tutti voi detenuti, pur in mezzo agli inconvenienti, alle sofferenze alle quali siete condannati (voi e i vostri tutori dell’ordine, anche loro condannati - sono una ventina che si sono suicidati - i buoni direttori e assistenti e dell’amministrazione penitenziaria, che ci sono, e sentono), un appello dicevo a lottare con serenità, senza rabbia. Vorrei che comprendeste bene: sono al 15 giorno di sciopero della fame anche per l’obiettivo dell’amnistia; per convertire le grandi lotte dei compagni radicali per la difesa dei diritti dei detenuti.
Ditelo ai vostri compagni, traducetelo a quelli che sono stranieri e ancora non comprendono bene la nostra lingua: io qui vorrei ringraziare quel detenuto egiziano che al terzo braccio del carcere di San Vittore a Milano ha cercato di organizzare un’iniziativa rifiutando il cibo: merita di essere applaudito, è il mio compagno.
Con la nonviolenza, anche simbolica di un giorno, bisogna cercare di dar corpo a questo obiettivo. Ripeto: prima ancora che una necessità dei detenuti, è una necessità dello Stato. Non bisogna mollare. Se mi fate, ci fate fiducia, vedrete che anche questa volta ce la faremo a riformare una giustizia che fa ancora più schifo, è ancora più repellente, di quella dell’infame ventennio fascista: sono, lo ripeto, consistenti, gravissimi nuclei di shoah. Amnistia, dunque: una richiesta che dovremo far esplodere con la nonviolenza. Per noi, voi, in modo nonviolento. Se per un minimo conta la nostra storia: tenete conto che ogni volta che fate violenza a voi o ad altri è anche una prova di sfiducia sostanziale nei nostri confronti: vuol dire che ci ritenete incapaci di fare le cose da fare. La nostra storia dimostra che è il contrario. Con serenità, allegria, anche: perché prenda corpo anche nelle carceri la parola d’ordine di cittadini che dicono: non siamo qui per la democrazia e la libertà.

Fonte: Notizie Radicali

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