domenica 10 aprile 2011

Detenuti stipati come galline in letti a tre piani: “Non possiamo alzarci in piedi”

9 aprile 2011
Continuano le rivolte nelle carceri, solo il Partito Radicale è attento al tema. Ricordate quando portò dell’Utri a visitare le galere?
Pare che ieri la polizia tramite i NAS abbia salvato “un milione e centomila galline” stipate in gabbie sovraffollate. E pare che però delle vere galline in sovraffollamento, quelle con occhi, bocca e orecchie, non si curi nessuno. Si parla dei detenuti, quelli sì, stipati davvero in quadrati di mura e sbarre al di là di ogni dignità. Si parla delle carceri italiane, dove in strutture con una possibilità di accoglienza teorica di poco più che 150 persone, sono stipati oltre 300 detenuti.
SOVRAFFOLLAMENTI – E’ il Fatto Quotidiano a raccontarci le condizioni disperate dei prigionieri dello Stato che espiano le loro colpe verso la comunità. In palese violazione della Costituzione, che pretende la dignità del detenuto e la tensione della pena verso la rieducazione: ci si chiede come sia possibile essere rieducati ad un futuro migliore, dentro un cubo di cemento armato dove si dorme in otto persone.
In cella non si vive, costretti a stare anche in otto persone, in letti a castello a tre piani, senza neanche la possibilità di stare tutti in piedi contemporaneamente. Con i cessi accanto alla branda, con gli spazi comuni che diventano formicai per poche decine di minuti al giorno. Senza attività ricreative,senza rieducazione, senz’aria. Rispetto a una capienza media di 45 mila, quasi 68 mila persone (67.648 secondo i dati dell’asso – ciazione “A buon diritto”) vivono così, anzi, non vivono così. Ecco perché sono quotidiane le risse, così come i suicidi.
 E si capisce: abbandonati dallo Stato, il senso di colpevolezza ha la meglio. Anche perchè, se si è prigionieri e non si ha modo di uscire, se la sentenza è stata emessa e la vita non è possibile in quelle condizioni, è realistico che il grande passo sia un’opzione che a molti viene in mente.

RIVOLTE – Anche perchè, a lottare, ci si prova, ma non ci si riesce. Suicidi, abbiamo detto, ma anche rivolte, e risse: cortei interni, manifestazioni spontanee di chi ha sbagliato ma non per questo ha visto i suoi diritti di essere umano scomparire, scontri nelle celle all’arma bianca. E nella lotta, le lamette da rasoio che vengono consegnate ai detenuti diventano armi improvvisate e davvero pericolose. Ancora il Fatto ci racconta quelle che definisce “scene da Far West”.
Otto detenuti si fronteggiano con l’uso di lamette, alcune delle quali applicate a piccole aste, in modo da formare rudimentali rasoi. Alcuni di loro rimangono feriti. A dividerli i troppo pochi agenti penitenziari. Accade il 10 marzo, nel carcere di Reggio Emilia, in cui vivono 322 persone, 150 in più rispetto al numero previsto. Due giorni dopo parte la protesta nella casa circondariale di Porto Azzurro, sull’Iso – la d’Elba: a orari stabiliti i detenuti percuotono i cancelli delle celle con pentole e ogni oggetto reperibile. Sono rinchiuse qui 310 persone contro una capienza di 238. Il 21 marzo il teatro della rivolta è il Marassi di Genova : due risse nell’arco di una sola giornata, tunisini contro albanesi, anche in questo caso tutti armati di lamette. Uno di loro rimane sfigurato al volto. Lo scorso fine settimana, a Novara , un detenuto aggredisce due sovrintendenti della polizia penitenziaria. Nello stesso giorno, a Sollicciano, un agente si è ritrovato con la frattura del setto nasale. Proteste pacifiche invece a Venezia , dove il vicesindaco ha chiesto l’in – tervento del ministero della Giustizia e l’Ordine degli Avvocati la chiusura della struttura
E’ la politica che dovrebbe muoversi.
DELL’UTRI IN GALERA – Quella delle Carceri è una vecchia battaglia del Partito Radicale, che ogni anno organizza la rituale visita ferragostana dei parlamentari agli istituti penitenziari della penisola, che però molti esponenti della politica ormai prendono come poco più di unapasserella – altrimenti qualcosa di concreto sarebbe saltato fuori. Invece, è solo il movimento di Largo Argentina ad insistere sul tema, anche se, di risultati se ne vedono pochi.
La deputata radicale Rita Bernardini qualche mese fa ha depositato un disegno di legge per estendere anche ai sindaci e ai presidenti delle Province la prerogativa di sindacato ispettivo. “Se anche i primi cittadini potessero entrare in carcere come i parlamentari – p ro s e g u e Testa – forse si renderebbero conto dell’emer genza”. Finora alla proposta hanno aderito 62 sindaci e 21 presidenti di Provincia.
Avevamo intervistato Rita Bernardini proprio l’estate scorsa sul tema delle carceri, al tempo in cui nell’ambito di Ferragosto in Carcere, il PR era riuscito a portare a visitare una cella anche il senatore Marcello Dell’Utri, uno che in galera, visti i processi che ha sulle spalle, rischia di andarci, e veramente.
Giornalettismo.com



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