LA FINI-GIOVANARDI
Il secondo problema è la scelta dell'ultima legge di non fare più alcuna distinzione tra le varie sostanze ai fini della determinazione delle sanzioni, ossia delle pene detentive. Tutte sono state aumentate, indistintamente.
Anche in questo caso, come sempre, ciò provoca l'orientamento della criminalità sulla massimizzazione del profitto. In pratica visto che il rischio di condanna è uguale, meglio spingere le droghe che costano di più e rendono di più. Naturalmente sono quelle dagli effetti più dannosi.
Il punto è che può anche essere una scelta quella di punire tutto allo stesso modo e tutto con pene molto alte. Ma a questa scelta deve accompagnarsi un rigoroso rafforzamento dell'apparato repressivo. Che invece non c'è mai stato. Morale: più di un terzo della popolazione carceraria totale, come sai, è rappresentato da detenuti accusati di reati connessi agli stupefacenti che però, ciononostante, sono soltanto una goccia nell'oceano del mercato della droga.
In sintesi: la nuova legge ha eliminato il criterio della “modica quantità” per uso personale (che pure aveva messo in difficoltà la giurisprudenza che aveva impiegato anni per mettere a punto modelli di valutazione che potessero aiutare a decidere cosa fosse e quando modica quantità e cosa no) per introdurre le soglie massime consentite.
Oltre questa soglia qualunque siano le condizioni soggettive, le circostanze del fatto, non si può mai parlare di detenzione per uso personale ma di spaccio.
Dunque la pena va da 6 a20 anni e, trattandosi di uno spacciatore, sono preclusi i programmi di riabilitazione e cura.
L’unica possibilità è il carcere.
Ecco perché: le tabelle fissano i limiti di possesso personale di “principio attivo” – e non di stupefacente complessivamente inteso - di ciascuna sostanza.
Ora il punto è questo: un assuntore di cannabis (ad esempio) che è riuscito a trovare sostanza più “pura”, dove il principio attivo è al 20 per cento (accade spesso a coloro che se la producono da soli coltivandosi le piantine nell’orto), va in galera per 10 anni se viene beccato con 5/7 spinelli perché si suppone, ope legis, che sia uno spacciatore.
Al contrario (cosa che accade molto frequentemente) le organizzazioni criminali, dopo la legge, hanno quasi dimezzato il principio attivo in modo che uno spacciatore di cocaina sorpreso con 20 dosi pronte per essere vendute possa agevolmente sostenere che si tratti in realtà di uso personale perché il principio attivo non supera la soglia della tabella legislativa.
Ciò provoca due conseguenze:
mettiamo in carcere i consumatori “privati” etichettandoli come spacciatori e lasciamo liberi, e gli paghiamo anche una riabilitazione che in realtà non serve a nulla, degli spacciatori professionisti alle dipendenze della criminalità definendoli semplici consumatori.
Per giunta quella stessa criminalità, diminuendo la quantità di principio attivo, raddoppia i propri guadagni e, come non bastasse, adoperando spesso per il taglio sostanze dannose fa aumentare i morti.
"I tossicodipendenti non dovrebbero stare in carcere, perché non sono in grado di autodeterminarsi e avrebbero bisogno di cure e non certo della violenza di un luogo di reclusione", spiega l'ex sottosegretario Franco Corleone, garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze. Per loro il sovraffollamento è ancora più claustrofobico. Chiamano gli agenti anche venti volte al giorno, soffrono lo spazio angusto e finiscono per cercare lo sballo con quello che trovano in galera. Inalano gas dai fornelletti e a volte muoiono proprio così, nell'indifferenza assoluta: "Il problema non è che sono poche le celle, ma sono troppi i detenuti che non dovrebbero entrare in carcere e soprattutto non starci. È per evitare questo che andrebbero spese le risorse del ministero, mentre il tandem Berlusconi-Alfano progetta, invece, un business bestiale da 80 mila posti: ammasseranno corpi senza acqua, senza luce, senza cucine, senza spazi di socialità, senza educatori. In questo modo il carcere diventerà una discarica sociale e non il luogo di detenzione dei criminali pericolosi".
È del tutto evidente la caratteristica gravemente criminogena di queste nuove disciplina legislative, che contribuiscono ad affollare le carceri italiane, fornendo occasioni di repressione illegale, della quale si sono avuti tragici esempi nel recente passato.
*Ispettore generale dell’amministrazione penitenziaria
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