sabato 6 agosto 2011

Emergenza carceri: dichiarazioni false e realtà

LA NOTA - Suicidi in cella, emergenza nelle carceri
2011-08-06 03:15:14
 di ITALO DI SABATO* - “Emergenza carcere a Campobasso. Due detenuti tentano il suicidio”.
 
 La notizia ribalza sulle agenzie e nei media, una delle tante notizie drammatiche che quotidianamente provengono dagli istituti di pena del nostro paese.
Non si ha memoria, nella storia repubblicana, di un periodo più nero per il sistema penitenziario. Gli ultimi anni hanno oscurato persino il travagliato scorcio del dopoguerra, quando almeno gli episodi critici e cruenti erano accompagnati da una forte volontà di rinascita.
Cosa non funziona nelle carceri italiane? Dietro le storie di disperazione individuali che hanno fatto contare già 39 suicidi nel 2011 c’è senz’altro qualcosa che non dipende dalle individualità bensì dalla sciatteria del sistema, per non dire di peggio.
Il sovraffollamento carcerario, la violenza istituzionale, la carcerazione di massa del disagio sociale non sono eventi naturali. Sono il frutto di politiche pubbliche scellerate decise per ottenere consenso.
La tragedia attuale sconta una evidente schizofrenia: alla criticità della situazione fanno da controcanto le dichiarazioni dei responsabili dell'Amministrazione, a partire dal nuovo Ministro della Giustizia, che descrivono una ripresa delle iniziative che nessuno degli addetti ai lavori riesce seriamente ad intravedere. E così si susseguono le dichiarazioni sullo stato di emergenza che lasciano il tempo che trovano, le enunciazioni di buoni propositi conseguenti agli annunci sugli effetti miracolistici che avrebbe dovuto avere la legge sulla detenzione domiciliare per l'ultimo anno di pena.
La realtà è molto diversa: la legge 199/2010 ha fino ad ora prodotto la scarcerazione di appena qualche centinaio di detenuti e non è servita a frenare il crescente sovraffollamento, siamo infatti alla soglia dei 73.000 detenuti; la stessa norma vincola l'assunzione dei promessi duemila agenti, che nel frattempo sono diventati 1800. Il provvedimento inoltre grava sul lavoro degli educatori e degli assistenti sociali la cui carenza di organico è nota, e per i quali non è previsto alcun incremento. Il blocco del turn-over stabilito dalla finanziaria non potrà che aggravare questa situazione.
Negli istituti sono stati preannunciati ulteriori tagli sui capitoli che garantivano, con il lavoro domestico dei detenuti, le condizioni igieniche e di decoro.
I parlamentari e consiglieri regionali di destra e sinistra che hanno visitato le carceri  un anno fa a ferragosto non hanno prodotto una che sia una proposta di soluzione del problema.
Il tanto strombazzato piano-carceri, che essenzialmente si fondava sulla creazione di nuovi posti detentivi con l'ampliamento dei reparti di alcuni istituti, non si sa che fine abbia fatto. Si sa della ristrutturazione solo di alcuni reparti, mentre proseguono le inchieste giudiziarie sulla legittimità di appalti affidati con procedure anomale alle cricche di vario genere.
Occorre tornare al dettato costituzionale: la detenzione carceraria va ritenuta pena di "ultima istanza". L'area della cosiddetta "detenzione sociale" (tossicodipendenti, migranti, poveri) incide per i 2/3 della popolazione detenuta. Più del 50 per cento è in stato di carcerazione preventiva. Bisognerà agire, allora, anche sul piano normativo: abrogando la Bossi-Fini e gli inasprimenti successivi dei vari pacchetti sicurezza; abrogando la Fini-Giovanardi contro i tossicodipendenti, costruendo percorsi di comunità, di auto-aiuto, di socialità; abrogando la norma sulla recidiva, che ha contenuti assolutamente classisti. Per molti casi possono essere previste sanzioni non carcerarie o pene non detentive.
E' necessario, quindi, invertire la tendenza politica che dagli anni Novanta in poi ha operato sotto l'insegna dell'ipertrofia legislativa e della bulimia carceraria, se non torniamo a pensare che il vero senso dello Stato è la prevenzione del crimine e del disagio, è la promozione delle politiche sociali per "rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana" (art. 3 della Costituzione), non risolveremo mai il dramma del carcere e del disagio sociale.

*Osservatorio sulla Repressione

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