lunedì 22 agosto 2011


L’appello di Macrì «Carcere invivibile lavori necessari»

Intervista al direttore che dopo 29 anni va in pensione «Si deve intervenire subito, è una questione di umanità»

E’ subito necessario il restauro della sezione femminile». Questo l'auspicio di Francesco Macrì, direttore dal 1982 della Casa circondariale di Udine, incarico che lascerà dal prossimo primo settembre per la pensione. Nulla trapela sul successore, la cui nomina dovrebbe arrivare a giorni. Intanto l’annunciato sciopero della fame dei detenuti (azione promossa dai Radicali la vigilia di Ferragosto) trova anche l'appoggio di Macrì che dice: «Vedo ogni giorno le difficoltà di chi è costretto a vivere assieme ad altre cinque persone in celle pensate per tre. E’ davvero una questione di umanità».
Nel 2003 il Ministero ha avviato il primo di due lotti di lavori all'interno del carcere di via Spalato, una struttura inaugurata ancora nel 1925. «La sezione maschile è stata completata - spiega Macrì - ma per quanto riguarda quella femminile, gli spazi per la semi libertà, la cappella e le aule, i lavori non sono nemmeno stati iniziati perché mancavano i fondi. Non so neppure se esista già un progetto o debba essere redatto da capo. In ogni caso quegli spazi sono indispensabili alla struttura. Mi auguro non passi ancora molto tempo per il completamento della ristrutturazione». E il caldo certo non aiuta. «In questi giorni ho dato disposizione per consentire qualche ora d'aria suppletiva - dice Macrì - mentre durante l'orario notturno facciamo in modo che alcune porte rimangano aperte affinché l'aria possa passare attraverso i cancelli. Purtroppo più di queste misure di buon senso non è consentito andare».
La carriera udinese del dottor Macrì iniziò pochi anni dopo il barbaro omicidio del maresciallo capo Antonio Santoro, rivendicato dai Pac (Proletari armati per il comunismo), nel 1978. Anni non semplici e infatti il direttore confessa di aver avuto nel carcere anche criminali di una certa pericolosità, terroristi e affiliati alla malavita organizzata. «Non posso scendere nei dettagli - dice -, ma non si trattava certo di detenuti ordinari. A parte il pericolo corso sia da me sia dai tutti i miei collaboratori, mi sono sentito gratificato da queste persone perché si sono dimostrate disponibili all'autocritica e sono stati stabiliti rapporti chiari. Questi episodi e più in generale l'ambiente del carcere mi hanno fatto crescere molto dal punto di vista personale: i volti dei detenuti, la paura, la voglia di cambiare che si vedono e respirano fra queste pareti, portano a rivedersi anche dentro».
I giorni e i tanti anni passati in via Spalato servono anche a capire gli errori e a far cambiare vita. Ecco perché l'indice udinese di recidiva (un detenuto su quattro commette ancora reati) è fra i più bassi d'Italia. «La vita nel carcere è come quella di una grande famiglia - conclude il direttore Macrì - in cui noi siamo i genitori che cercano di fare di tutto per i figli. Ultimo in ordine di tempo è l'accordo con il Centro edile per la formazione e la sicurezza che ha consentito a otto detenuti di conseguire un attestato spendibile immediatamente nel mondo del lavoro».
Michela Zanutto
fonte:http://messaggeroveneto.gelocal.it/

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