mercoledì 31 agosto 2011

Chiude il carcere modello di Gorgona. Gli abitanti dell'isola: "Aiutateci a ripartire"

Tutto ruota attorno al carcereE' che tutto sull'isola ruota attorno al carcere. Anche la vita dei (pochissimi) civili. Perché se si rompe un gruppo elettrogeno o se c'e un problema al dissalatore è il carcere che lo deve risolvere...



Le “Cene Galeotte” sbarcano all’isola di Gorgona

Un evento unico dall’alto valore sociale che vedrà coinvolti i detenuti dell’isola di Gorgona, nell’arcipelago toscano, nella preparazione di una cena aperta al pubblico.
In cucina ad aiutare i carcerati, il noto giornalista enogastronomo Leonardo Romanelli. Lunedì 8 agosto, le Cene Galeotte sbarcano nella Colonia Penale dell’isola di Gorgona, per una “summer edition” ancor più ricca di emozioni e di risvolti sociali. L’appuntamento dall’alto valore benefico che vede i carcerati impegnati nella realizzazione di una cena aperta al pubblico, dopo le numerose e fortunate edizioni realizzate nella casa di reclusione di Volterra (PI), fa tappa nella splendida isola dell’arcipelago toscano.
Una evento unico che permetterà ai partecipanti (prenotazione obbligatoria allo 055.2345040) di attraccare sulla piccola isola e vivere un’esperienza indimenticabile come quello di entrare in un carcere particolare come quello di Gorgona, dove le celle non hanno sbarre e i detenuti svolgono numerose attività fuori dalla struttura come l’allevamento delle orate e la coltivazione degli ortaggi.
Un carcere modello a “cielo aperto” che soltanto per una sera trasformerà la Casa del Pescatore, uno spazio vista mare, in un ristorante esclusivo. In cucina la brigata composta da detenuti/cuochi sarà aiutata da Leonardo Romanelli, giornalista enogastronomo e volto noto della fortunata trasmissione chef per un giorno in onda su La7. Il servizio vini sarà affidato alla Fisar, delegazione storica di Volterra, che per l’occasione in abbinamento al menu proporrà i bianchi offerti dall’azienda pisana Podere La Regola di Riparbella (www.laregola.com).



LIVORNO – 
Gli abitanti dell'isola di Gorgona hanno sempre contato sulla presenza del carcere, ma ora che il penitenziario potrebbe avviarsi alla chiusura, si interrogano sul loro futuro e su quello dell'isola.
''I gorgonesi se non vogliono veder ridurre la loro isola a terra di nessuno, devono mobilitarsi da subito per tornare, abitare ed organizzare una vita civile sull'isola'', e' l'appello di alcuni abitanti di Gorgona, l'isola piu' piccola dell'Arcipelago Toscano (e' larga due chilometri e lunga tre), di fronte a Livorno (ne dista 18 miglia) di cui e' frazione.
Il carcere-modello, dove i detenuti lavorano all'aperto, coltivano la terra, allevano animali e pescano, per decisione del ministero della Giustizia potrebbe andarsene – scrivono gli abitanti – dopo 142 anni di convivenza tra la colonia penale e l'isola.
''Tanti pericoli – scrive il comitato 'Abitanti Isola di Gorgona' – potrebbero nascondersi dietro questa chiusura, forse maggiori di quelli attuali, per la sopravvivenza del paese e degli abitanti, se non si sapra' gestire il dopo-carcere''.
Sull'isola, che fa parte del Parco dell'Arcipelago Toscano e il cui nome (dal greco) vuol dire sirena poiche' il suo profilo ricorda il volto di una donna che affiora dall'acqua, vive poco piu' di un centinaio di persone, tra abitanti, detenuti e agenti della polizia penitenziaria. L'accesso e' sottoposto a rigidi controlli e dal primo gennaio non fa neppure piu' scalo il traghetto della Toremar.
fonte: Blitz quotidiano

martedì 30 agosto 2011

Una email per Bruno Vespa


Segnaliamo questa interessante iniziativa nata su Facebook per portare il problema delle carceri all'attenzione dell'opinione pubblica.
 Gli interessati possono modificare a loro piacimento la email ed inviarla a PORTAAPORTA@RAI.IT




ALLA CORTESE ATTENZIONE DEL DOTT. BRUNO VESPA
Egregio Dott. Bruno Vespa,avendo una grande stima e ammirazione per la sua professionalita' e soprattutto per la sua umanita' e sensibilità, mi presento...sono la moglie di un detenuto, ormai stremata non nelle forze fisiche, ma in quelle dell'anima.
le sara' sicuramente nota la reale e grave situazione in cui versano le condizioni disumane dei detenuti, la statistica dei suicidi, delle malattie sia fisiche che mentali,che appaiono invisibili agli occhi di ormai troppe persone.
Mi chiedo..ma L 'Italia è veramente uno stato dove non è prevista la pena di morte?,o è uno stato che ti spinge a cercare la morte da solo? Ponzio Pilato quando finira' di lavarsene le mani?
I detenuti è vero,hanno le loro colpe,ma la Costituzione prevede che l'unica espiazione del reato consista nella Sola privazione della liberta', e non in un trattamento DISUMANO , che li costringe a stare chiusi in 7 o piu' persone in una cella di soli 20MQ per 21ore al giorno.
Le chiedo UMANAMENTE di volerci aiutare, dedicandoci amche solo 30 minuti della sua trasmissione per non dimenticare mai....ci AIUTI , il mare è fatto di tante piccole gocce, e una vs mano tesapotrebbe renderlo piu' limpido..
La ringrazio anticipatamente, e so' che questo mio grido d'aiuto non cadra' nel dimenticatoio.
grazie

firma :....................................

Lo scandalo dei penitenziari “fantasma”


Sembra uno scherzo, ma non c’è davvero nulla da ridere, nulla di che scherzare. E’ un paradosso. Uno di quegli amarissimi paradossi in cui ci si imbatte quando ci si occupa di carcere, di detenuti, di legge, di giustizia. La situazione delle carceri – un collasso che non collassa mai, e lo si deve al senso di responsabilità di detenuti, agenti di custodia, operatori, volontari, comunità penitenziaria – è riassumibile in alcuni dati: 66.942 detenuti, al 31 luglio, 'spalmati' in 207 istituti penitenziari che ne dovrebbero contenere 45.681.
Lo scherzo che non è uno scherzo, il paradosso che non è un paradosso, è questo: secondo i dati raccolti dall’Associazione ’Detenuto Ignoto’, ci sono almeno 40 “carceri fantasma”: da Ferrara a Reggio Calabria, da Pesaro a Monopoli, strutture costruite, talvolta già arredate, e poi lasciate lì, vuote e mai utilizzate. Un “dossier” che Rita Bernardini e gli altri deputati radicali hanno trasformato in interrogazione. Che, al pari di tantissime altre, attende risposta.
Giornalista professionista, attualmente lavora in RAI. Dirige il giornale telematico «Notizie Radicali», è iscritto al Partito Radicale dal 1972, è stato componente del Comitato Nazionale, della Direzione, della Segreteria Nazionale.

Vediamo al dettaglio. A Reggio Calabria, il carcere di Arghillà: costruito ma non raggiungibile, per mancanza della strada di accesso. Ce n’è una, in mezzo alla campagna, ritenuta non idonea al trasporto dei detenuti. Pronto dal 2005, dotato dei più sofisticati sistemi di sorveglianza, costo complessivo intorno a 25 milioni di euro. L’ex Ministro della giustizia, Angelino Alfano, il 18 gennaio del 2010, in visita nella città, aveva assicurato il suo intervento presso il Dipartimento per l’organizzazione penitenziaria per sollecitare l’apertura della struttura. Ristrutturato e chiuso anche il carcere di Squillace.
Carcere di Gela: cinquant’anni di lavori, ben due inaugurazioni: l’ultima nel 2007, con una cerimonia alla presenza dall’allora Ministro della giustizia Clemente Mastella. E’ costato oltre cinque milioni di euro, consegnato all’amministrazione penitenziaria nel 2009, è ancora inutilizzato, e il Comune paga per la sorveglianza.
Carcere di Irsina, vicino Matera: costruito negli anni ‘80 con una spesa di oltre tre miliardi di lire; aperto per un anno, poi chiuso. Come del resto è accaduto in Puglia: il carcere di Minervino Murge, finito, non è mai entrato in funzione. A Monopoli la struttura, abbandonata da 30 anni, è occupata da un gruppo di cittadini sotto sfratto. Il carcere di Volturata Appula, vicino Foggia, è rimasto incompiuto; quello di Castelnuovo della Daunia, finito e arredato, non è mai stato aperto, come quelli di Bovino e Orsara.
Chiuso, dopo essere stato inaugurato e aperto, il carcere campano di Gragnano, in provincia di Napoli. Pronto anche Morcone, in provincia di Benevento, mai messo in funzione. A San Valentino, in provincia di Pescara, c’è una struttura, completata nel 1994, mai aperta, in totale stato di abbandono: circondato da vegetazione incolta, gli abitanti della zona raccontano di avere visto pascolare capre e mucche. In provincia di Mantova, a Revere, i lavori fermi dal 2000; è una struttura da 90 posti, due milioni e mezzo di euro, incompleta, già saccheggiata. E in Emilia Romagna, nel ferrarese, è ancora chiuso il carcere di Codigoro, pronto all’uso già dal 2001.
Tutto questo accade mentre nelle carceri in funzione (si fa per dire) si vive come sardine. Nel carcere di Trieste, segnala il direttore Enrico Sbriglia, segretario nazionale del Sindacato direttori penitenziari, la capienza regolamentare è di 155, ma esiste anche una capienza ritenuta tollerabile (non si sa bene su quali parametri) che è di 190-200 detenuti. “Un dato non proponibile”, dice Sbriglia. “Esiste un equivoco di fondo, se non proprio una vera e propria stortura. Se si va in cinque in una automobile immatricolata per quattro, si viene sanzionati: il principio dovrebbe valere anche per le carceri”. Tutte le carceri del Friuli Venezia Giulia, Trieste, Udine, Pordenone e Tolmezzo, sono sovraffollate, e hanno superato ampiamente il limite regolamentare e quello tollerabile, eccetto Gorizia. Già, Gorizia: ha meno detenuti rispetto la capienza, solo perché il carcere è pericolante, fatiscente.
Non c’è solo il sovraffollamento. Ormai la crisi, il collasso, investe anche il ’quotidiano’, il minimo essenziale. Quasi ottocento confezioni di carta igienica, oltre un migliaio tra spazzolini da denti e saponi per l’igiene personale, oltre seicento dentifrici sono stati regalati dall’Unicoop Tirrenio al carcere delle Sughere, a Livorno, per fronteggiare l’emergenza più volte denunciata negli ultimi mesi dal garante dei detenuti Marco Solimano. “Tante volte”, dice Solimano “abbiamo detto del sovraffollamento inaccettabile per un qualsiasi Paese civile. In più c’è il completo abbandono da parte del Ministero che da più di un anno non rifornisce i magazzini con i prodotti per l’igiene. Questo è un aiuto concreto, ma anche una testimonianza simbolica che vuole richiamare le istituzioni al loro compito”.
Che fare? “Si ricorra in modo più massiccio a misure alternative alla detenzione”, suggerisce il vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura Michele Vietti. Bisogna anzitutto "ripensare alle misure alternative alla detenzione e rimodularne i presupposti, non scaricandone la responsabilità solo sui magistrati di sorveglianza ma fornendo delle precise linee guida". Si suggerisce poi "una moratoria generale sulla introduzione di nuovi reati…abbiamo un sistema sanzionatorio penale molto farraginoso e pesante, che finisce per intasare completamente il sistema processuale. Continuare a moltiplicare i reati come ad esempio ora per quanto riguarda il cosiddetto omicidio stradale, vuol dire diminuire le possibilità di arrivare a effettive condanne dei colpevoli. Non introduciamo più nuovi reati in un arco di tempo, ne abbiamo già a iosa". Sempre Vietti si dice favorevole alla depenalizzazione dei reati minori e osserva che "introdurre il reato di immigrazione clandestina non è servito ad accelerare le espulsioni".
Già, ma questo può riguardare le condizioni di vita dei detenuti. Il problema però è costituito dalle centinaia di migliaia di fascicoli e provvedimenti che piombano sulle scrivanie dei magistrati; migliaia di processi che inevitabilmente finiscono con l’essere prescritti. E’ una lotteria quella della prescrizione; ma chi ha un buon avvocato, con buone amicizie e conoscenze ha qualche possibilità in più di incassare il biglietto vincente. Si chiama prescrizione, cioè amnistia, di classe e di massa. I primi a dolersene e a ribellarsi dovrebbero essere i magistrati; i quali, al contrario, quando va bene, tacciono. A cosa di deve questo loro silenzio, questa apparente, ostentata indifferenza?
fonte: Notizie Radicali

Giovanardi ha cambiato idea????


Sembra incredibile, ma l'autore di una delle leggi più repressive in Europa sulle droghe chiede che le persone con problemi di tossicodipendenza non finiscano in carcere.
 Bene la possibilita' che i tossicodipendenti scontino l'ultimo anno di detenzione in comunita', ma servirebbe 'un po' piu' di coraggio' e prevedere la sospensione del processo e la non applicazione della recidiva ai piccoli spacciatori: cosi' il sottosegretario Carlo Giovanardi commenta all'ANSA gli emendamenti governativi al ddl Alfano sulle carceri. 
'Con l'emendamento introdotto i tossicodipendenti possono, se lo vogliono, scontare l'ultimo anno di pena in una comunita' di recupero. Bastera' la certificazione di tossicodipendenza'. Soddisfatto, quindi? 'Si', era una delle nostre richieste.
Certo se si avesse piu' coraggio si potrebbe arrivare anche a introdurre la sospensione del processo per i tossicodipendenti piccoli spacciatori, una misura che per esempio avrebbe evitato al povero Stefano Cucchi di morire.
 E poi, l'altra nostra richiesta resta quella di non applicare la ex Cirielli, cioe' la recidiva, ai tossicodipendenti che si macchiano di reati di lieve entita' '. D'altro canto, conclude Giovanardi, 'se i piccoli spacciatori potessero essere recuperati in comunita' invece che in carcere, le recidive sarebbero sicuramente piu' basse'.

DOPO CASO GELA BENE APERTURA NUOVE CARCERI


CARCERI: UGL, DOPO CASO GELA BENE APERTURA NUOVE CARCERI

(ANSA) - ROMA, 29 AGO -
 E' ''giusta l'apertura di nuove case circondariali e, ancora piu' nello specifico, di quella di Gela per dare una 'boccata d'ossigeno' a tutti quegli Istituti saturi e invivibili e, soprattutto, per permettere agli agenti di polizia penitenziaria di poter svolgere il proprio lavoro con dignita' e senza dover quotidianamente rispondere a disagi ed ostacoli di ogni genere''.
 Lo afferma il segretario nazionale Ugl polizia penitenziaria, Giuseppe Moretti, commentando, con una nota, il caso del carcere di Gela. 
''Se realmente i lavori di messa in sicurezza ed agibilità che hanno interessato la struttura siciliana sono terminati, ormai da tempo, inutile, a parer nostro, temporeggiare''. 
''Per combattere la piaga del sovraffollamento - continua Moretti - giusto aprire le strutture di nuova costruzione per ridurre il disagio, tenendo per conto della carenza d'organico, un problema che ostacola, e non poco, il lavoro degli Polizia Penitenziaria e che, come nel caso del carcere di Augusta, in Sicilia, li spinge a turni e carichi di lavoro estenuanti''.
 Per il sindacalista ''ogni nuova apertura pone con forza il problema della carenza organica perche' - conclude - se e' vero che sono in molti gli agenti che ambiscono ad essere trasferiti a Gela, stante la generale situazione di carenza, ci creerebbe un maggiore depauperamento di quelle sedi penitenziarie gi fortemente sotto organico''.
 L'Ugl propone pertanto di arruolare il personale necessario all'apertura delle nuove strutture oppure di procedere contestualmente alla dismissione di quelle carceri oggi agibili solo su deroghe alle norme sulla sicurezza e salubrita' dei luoghi detentivi e di lavoro''. (ANSA).

lunedì 29 agosto 2011


OSAPP, emergenza carceri a Bari

Mastrulli: "Casi di tubercolosi e mancanza di personale"

29/08/2011

Casi di tubercolosi e mancanza di personale, questa l'emergenza carceri denunciata dal sindacato OSAPP
I casi di tubercolosi si registrano nell' istituto per minorenni di Bari 'Fornelli': lo rende noto il vicesegretario nazionale del sindacato di Polizia Penitenziaria Osapp, Mimmo Mastrulli, secondo il quale ''ulteriori casi risulterebbero nei penitenziari per adulti del sud Regione, tra cui sicuramente Lecce''.
"In Puglia - sottolinea sempre Mastrulli - sono incarcerate 4.475 persone, di cui 237 donne ed una decina di bambini''. L'Osapp denuncia ''la mancanza di strumenti a tutela dell'incolumita' fisica per il personale penitenziario e rileva l'assenza di assistenza sanitaria" negli istituti. 
Per quanto riguarda invece la mancanza di personale, l'OSAPP rende noto che nei reparti detentivi della Sezione Femminile del carcere di Bari, manca la polizia penitenziaria femminile e si utilizza inopportunamente quella maschile. Parte a causa di tutto questo la protesta del Sindacato di Polizia che ritiene l’impiego scandaloso e fuori dal rispetto umano per la figura della donna reclusa, oltre che per l’integrità e l’immagine del Corpo di Polizia Penitenziaria. 
"Siamo consapevoli - continua Mastrulli - ed auspichiamo che lo sia anche l’Amministrazione Penitenziaria del gravissimo momento di criticità per la Regione Puglia a quota 4.475 detenuti contro le 2.458 regolamentari: sovraffollamento detentivo, spazi ridotti ed obsoleti, sistema inefficiente e progressive riduzioni di stanziamenti che le varie Finanziarie hanno portato nei diversi Dipartimenti dello Stato le cause dell'attuale situazione; ma noi non possiamo certamente accettare ed ingoiare senza alcuna civile e democratica reazione che nei Reparti detentivi femminili, per carenza di Polizia dello stesso sesso, sia impiegato quello maschile. Non rileviamo sul territorio da parte di chi dirige i Penitenziari una politica della 'prevenzione' ma solo quella di tamponare le criticità e le emergenze oramai fatte passare per quotidianità". 
In una nota Sindacale che sarà nelle prossime ore diffusa dall’Organizzazione Sindacale Autonoma della Polizia Penitenziaria- O.S.A.P.P. – Mastrulli oltre a centrare il problema numerico regolamentare e di sovraffollamento del Carcere del Capoluogo Barese, che ha una capienza di 292 unità ma che presenta attualmente 550 reclusi invoca l’intervento urgente del Capo Dipartimento, il Presidente Franco Ionta e chiede alla Direzione Generale dei detenuti la temporanea chiusura del Reparto femminile dove oggi sarebbero ospitate circa 27 donne e che ben potrebbero essere sistemate adeguatamente nelle Sez. Femm. della CRF Trani, Foggia o Lecce, questa come ultima sede penitenziaria più distante rispetto alle prime due.
La nota del Sindacato OSAPP sarà anche indirizzata al Ministro della Giustizia ed al Prefetto della Città di Bari per eventuali urgenti interventi sulla specifica questione sede e teatro del segnalato inopportuno provvedimento di impiego della polizia maschile in supporto a quella femminile, verificatasi a Bari.
Intanto si annuncia una prima manifestazione per il 5 settembre p.v. davanti al Carcere di Foggia, istituto nato per ospitare 371 reclusi e che ne ospita invece 723, con solo 302 agenti.
Una seconda manifestazione di protesta si terrà poi davanti il Carcere di Bari, oggi a quota 550 reclusi contro i 292 regolamentari, e con solo 310 agenti, di cui 31 donne.

fonte:http://www.barilive.it/

“Potrebbe capitare prima o poi anche a loro”


“Potrebbe capitare prima o poi anche a loro”

 Ho visto cose che voi umani non potreste nemmeno immaginare (dal film Blade Runner)

Leggo sul Corriere di domenica 21 agosto 2011 che Alfonso Papa deputato,  del PDL indagato nell’ ambito dell’inchiesta sulla P4 e detenuto del carcere di Poggioreale,  in una lettera pubblicata dal quotidiano “Il mattino” lamenta:
“In questi luoghi vi è un’umanità sovraffollata che sposta tavoli e letti a castello anche a tre per fare attività (…) ventidue ore al giorno chiusi in cella sono una forma di tortura  (…) nelle perigliose e imprevedibili onde della vita, un tale approdo potrebbe capitare prima o poi anche a loro.”

Innanzitutto tengo a trasmettere la mia personale e collettiva solidarietà da parte degli ergastolani ostativi in lotta per la vita di Spoleto all’uomo  Alfonso Papa.
Al deputato Alfonso Papa invece ci viene spontaneo chiedere: dov’era quando lei e la sua maggioranza, per soli scopi elettorali, approvavano leggi liberticide, cancerogene, forcaiole e di parte,  per riempire le carceri di barboni, extracomunitari e tossicodipendenti?
Come mai solo ora si accorge di quello che accade nelle nostre patrie galere?
Non poteva visitare le nostre carceri come parlamentare e non come ospite?
E perché solo ora si accorge che le carceri in Italia sono luoghi spaventosi, pieni di squallore, sporcizia e disperazione?
Spero che l’uomo e deputato Alfonso Papa lasci presto il carcere e che dopo ricordi al suo partito e al  Parlamento che noi non siamo solo detenuti, siamo anche persone con sentimenti e pensieri.
E che per avere una società migliore bisogna iniziare prima ad avere carceri costituzionalmente legali e legittimi.
Spero che l’uomo e deputato Alfonso Papa, una volta fuori, ricordi alla società, cosiddetta civile, che l’ Assassino dei Sogni (come io chiamo  il carcere) è molto più meschino, criminale e violento dei suoi prigionieri.
E che nella stragrande maggioranza dei casi oggi in carcere ci sono poveri, migranti, tossicodipendenti e sofferenti psichici.
I veri criminali, quelli che contano, quelli veri,  lo sappiamo tutti dove sono e dove stanno: liberi felici e potenti, l’importante è che ogni tanto ricordino che  Potrebbe capitare prima o poi anche a loro”.

Carmelo Musumeci
Carcere Spoleto, agosto  2011


Papa, lettera dal carcere: altro che albergo
Solo un onorevole imbecille può dire così

Il deputato arrestato nell'ambito dell'inchiesta P4, scrive da Poggioreale: «La custodia cautelare è una forma
vera di tortura, un'espiazione anticipata»

Alfonso PapaAlfonso Papa

NAPOLI - Anche la P4 ora ha le sue «lettere dal carcere», ma Gramsci non c'entra niente. A scriverne una, in pieno agosto, è stato Alfonso Papa, il deputato del Pdl indagato nell'ambito dell'inchiesta Bisignani, detenuto nel carcere di Poggioreale (Napoli). L'incipt della missiva spedita al «Mattino» è politico-concetrazionario: «Può un Paese consentirsi di tenere per anni decina di migliaia di persone in galera senza che queste abbiano avuto un solo giudizio di condanna?».
SPAZI SOVRAFFOLLATI - «Un collega parlamentare imbecille (anche nella 'casta gli imbecilli dilagano') ha definito il luogo della mia detenzione un albergo a 5 stelle - scrive poi Papa - questo signore non ha solo offeso i miei compagni di cella, i detenuti e gli operatori tutti. Ha dimostrato di non sapere che in questi luoghi vi è una umanità sovraffollata che sposta tavoli e letti a castello anche a tre per fare attività fisica in spazi angusti e dove lo sforzo più grande ed encomiabile lo fanno proprio direzione ed agenti penitenziari». Dopo aver sottolineato di aver aderito il 14 agosto scorso come parlamentare «alla giornata di sciopero della fame e della sete indetto per sensibilizzare Parlamento, istituzioni e pubblica opinione sul problema del sovraffollamento delle carceri», papa rileva: «Lo avrei fatto comunque. Ma il destino ha voluto che lo abbia fatto come primo parlamentare consegnato da presunto innocente, in stato di custodia cautelare, per fatti non di sangue, alle patrie galere».
«PER ME UN'INCOMPARABILE ESPERIENZA UMANA» - Il deputato del PdL evidenzia «l'incomparabile esperienza umana» che sta vivendo «nel Padiglione Firenze del carcere di Poggioreale». «Mi stimola - dice - una riflessione che nasce dalla unica esperienza di solidale condivisione cristiana della reciproca sofferenza che trasuda dalle mura sorde di questo luogo dove le sbarre sembrano ricordare a tutti che oltre quel muro vi è comunque un cielo azzurro nel quale specchiarsi».
CUSTODIA CAUTELARE, ESPIAZIONE ANTICIPATA» - Parlando della custodia cautelare, Papa afferma: «Le ventidue ore al giorno chiusi in cella sono solo una forma di tortura, neppure velata per l'innocente. Esse sono poi un'espiazione anticipata per il colpevole. Ma la domanda è allora se sia giusto per uno Stato carente nell'eseguire le sentenze di condanna per i colpevoli passati in giudicato pretendere, con i tempi che attualmente ha il processo penale, che il presunto innocente debba invece espiare preventivamente in carcere».
«ANCHE GLI IMBECILLI CHE PENSANO SIA UN ALBERGO POTREBBERO FINIRCI» - Conclude Papa: «In questa situazione è allora auspicabile un intervento del Parlamento e della politica, fortunatamente fatta non solo da quegli imbecilli che ci definiscono un albergo a cinque stelle ed ai quali cristianamente auguriamo di non soggiornare mai in alberghi come questo, consapevoli come siamo che, nelle perigliose e imprevedibili onde della vita, un tale approdo potrebbe capitare prima o poi anche a loro».
Redazione online

Poliziotto penitenziario arrestato con l’accusa di violenza sessuale su detenuto


Caserta: poliziotto penitenziario arrestato con l’accusa di violenza sessuale su detenuto
















Un assistente della polizia penitenziaria è stato arrestato oggi dai suoi stessi colleghi nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta). 
Il poliziotto che prestava servizio nell’istituto è accusato di violenza sessuale: secondo quanto accertato dagli agenti, avrebbe avuto rapporti sessuali con un detenuto di origini asiatiche, che era addetto ad alcuni servizi lavorativi.
L’inchiesta è partita alcuni mesi fa quando ai poliziotti del locale carcere, coordinati dal commissario Michele Fioretti, sono giunte alcune voci sulle insane abitudini del collega. Un’indagine discreta, poi l’informativa alla procura e la richiesta firmata dal gip e messa in esecuzione nella giornata di oggi.

fonte: Ansa -http://www.osservatoriorepressione.org/

sabato 27 agosto 2011


Caso Franceschi, madre s'incatena davanti Eliseo: consegna lettera per Carla Bruni

ultimo aggiornamento: 25 agosto, ore 20:57
Viareggio (Adnkronos) - Daniele morì in circostanze mai chiarite nel carcere di Grasse, nel sud della Francia. Dall'autopsia sarebbe morto per cause naturali. Ma la signora Antignano, quando potè vedere la prima volta il figlio, in quell'occasione, per l'autopsia a Nizza, lo trovo' con il volto tumefatto e il naso fratturato
Ricorre oggi il primo anniversario della morte di Daniele Franceschi, il 36enne di Viareggio (Lucca) morto in circostanze mai chiarite nel carcere di Grasse, nel sud della Francia, dove era detenuto con l'accusa di falsificazione e uso improprio di carte di credito in un casino' della Costa Azzurra. La madre, Cira Antignano, accompagnata dall'avvocato Aldo Lasagna, e' tornata a Parigi, dove dice di essere pronta a incatenarsi davanti all'Eliseo per mantenere alta l'attenzione sulla vicenda.
La signora Antignano cerca, da un anno, di riavere indietro dalle autorita' transalpine gli organi del figlio, tuttora in Francia, dove sono stati espiantati per l'autopsia. Dalle lettere del figlio emergerebbero maltrattamenti subiti nella struttura penitenziaria di Grasse, confermati anche da alcune testimonianze raccolte in carcere. Dall'autopsia eseguita in Francia, Daniele sarebbe morto per cause naturali. Ma la signora Antignano, quando pote' vedere la prima volta il figlio, in quell'occasione, per l'autopsia a Nizza, lo trovo' con il volto tumefatto e il naso fratturato.
Elementi confermati dall'esame autoptico svolto in Italia. Il problema, tuttavia, e' quello delle probabili lesioni interne, che i medici e le autorita' del carcere francese avrebbero sottovalutato, fino alla morte di Daniele. L'impossibilita' di svolgere un'ulteriore autopsia e la rimozione degli organi interni dal cadavere, il suo stato di elevata decomposizione, non hanno permesso di chiarire i dubbi. ''Io - afferma Cira Antignano - voglio giustizia, anche se so solo che non potro' mai darmi pace''.
Prima si e' incatenata davanti all'Eliseo, poi e' riuscita a consegnare una lettera per Carla Bruni. ''La speranza e' l'ultima a morire, ma dell'inchiesta non si sa ancora niente'', e' il commento di Cira Antignano, che oggi era a Parigi, in occasione del primo anniversario della morte del figlio Daniele Franceschi, il 36enne di Viareggio (Lucca) deceduto in circostanze mai chiarite nel carcere di Grasse, nel sud della Francia, dove era detenuto con l'accusa di falsificazione e uso improprio di carte di credito in un casino' della Costa Azzurra.
''Sono andata all'Eliseo, mi sono incatenata - racconta la donna - Poi sono arrivati i poliziotti. Non volevano che stessi li'. Poi sono venuti due funzionari e mi hanno detto che potevo entrare, e allora ho lasciato una lettera per Carla Bruni'', nella speranza che la 'premiere dame' si attivi per risolvere la vicenda.
La signora Antignano cerca, da un anno, di riavere indietro dalle autorita' transalpine gli organi del figlio, tuttora in Francia, dove sono stati espiantati per l'autopsia. Dalle lettere del figlio emergerebbero maltrattamenti subiti nella struttura penitenziaria di Grasse, confermati anche da alcune testimonianze raccolte in carcere.
Dall'autopsia eseguita in Francia, Daniele sarebbe morto per cause naturali. Ma la signora Antignano, quando pote' vedere la prima volta il figlio, in quell'occasione, per l'autopsia a Nizza, lo trovo' con il volto tumefatto e il naso fratturato. Elementi confermati dall'esame autoptico svolto in Italia. Il problema, tuttavia, e' quello delle probabili lesioni interne, che i medici e le autorita' del carcere francese avrebbero sottovalutato, fino alla morte di Daniele.
L'impossibilita' di svolgere un'ulteriore autopsia e la rimozione degli organi interni dal cadavere, il suo stato di elevata decomposizione, non hanno permesso di chiarire i dubbi.

fonte: (Adnkronos)

Tbc nella carceri


Carcere di Montorio, quinto caso di Tbc

27/08/2011
Zoom Foto
Interni del carcere di Montorio
Verona. Nella casa circondariale di Verona è stato registrato un nuovo caso di Tbc, si tratta del quinto in pochi mesi. A segnalarlo è Eugenio Sarno, segretario generale della Uil Pa, che rileva come a Verona siano incarcerate 930 persone, di cui molti extracomunitari, a fronte di una capienza di 580 detenuti. Sarno, che ritorna a denunciare la mancanza di strumenti a tutela dell’incolumità fisica per il personale penitenziario rileva che «purtroppo, dopo il rumore dei quattro casi di maggio, nulla di sostanziale e strutturale è stato fatto in tema di prevenzione sanitaria».
«Non si registrano interventi di profilassi e tantomeno al personale - rileva - è stata fornita la prevista dotazione individuale di protezione. Niente mascherine, niente guanti in lattice, niente occhialini protettivi». «Ci si arrabatta e ci si arrangia - conclude - con guanti per uso alimentare ben consci della loro inadeguatezza».
fonte: http://www.larena.it/

Carceri italiane contrarie all’articolo 27 della Costituzione


Carceri italiane contrarie all’articolo 27 della Costituzione

Reggio Calabria - Una interrogazione parlamentare dei “Radicali” ha messo in luce una questione di carattere nazionale già nota e di estrema gravità: le carceri italiane rischiano il collasso. Al 31 luglio 2011, infatti, secondo i dati dell’associazione “Detenuto Ignoto”, il numero dei reclusi era di 66.942 unità, sparsi per i 207 istituti penitenziari italiani, mentre la capienza massima prevista è di 45.681 unità. Conti alla mano, ben21.261 detenuti risultano in esubero. Una situazione, dunque, di effettivo sovraffollamento che sta interrogando il mondo della politica dopo il monito lanciato dal Capo della Stato Giorgio Napolitano.
Il tema del sovraffollamento si lega, poi, con la questione delle “carceri fantasma”. In Italia sono ben 40 le strutture penitenziarie costruite e lasciate incompiute. Ed un caso concreto di malfunzionamento è proprio il carcere di Arghillà (nella foto), mai operativo e caratterizzato da una serie infinita di problemi.
A confermare l’emergenza sovraffollamento, sono giunti in supporto i numeri del Sindacato autonomo di polizia penitenziaria, enunciati dal segretario generale Donato Capece. Nello specifico, i dati si riferiscono alle 12 carceri calabresi. Sui 1.875 posti disponibili, i penitenziari della nostra Regione ospitano 3.045 detenuti, con un esubero di ben 1.170 unità. Ma non finisce qui. I dati del sindacato Sappe mettono in luce diverse situazioni critiche: nell’ultimo anno 49 detenuti hanno tentato il suicidio, 143 hanno compiuto atti di autolesionismo, 50hanno posto in essere ferimenti, sono morti suicidi e per cause naturali.
Dati che illustrano una incidenza tra il sovraffollamento e gli episodi di una certa drammaticità che avvengono nelle mura delle carceri.
“Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità” recita l’articolo 27 della Costituzione Italiana. Ed a questo punto, è bene che il mondo politico accolga l’appello del Presidente Napolitano per una seria riflessione e per mettere in atto interventi risolutivi.
Sergio Notaro
fonte:http://www.reggiotv.it/index.php

venerdì 26 agosto 2011

Quel carcere a Morcone, abbandonato e mai utilizzato

Carcere fantasma ad Arghillà (Reggio Calabria)
Ci sono posti per almeno trecento detenuti, i computer negli uffici e persino i televisori nelle celle. Peccato che il nuovo e spazioso carcere di Arghillà non abbia mai funzionato. Mentre le carceri italiane scoppiano, qui è tutto fermo così da più di cinque anni.

In un momento in cui politica e istituzioni, sollecitate dal monito del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si interrogano sulle possibili soluzioni al drammatico sovraffollamento delle carceri, si scopre che a Morcone, in provincia di Benevento, c’è un carcere pronto all’uso. Verrebbe da compiacersene. E, invece, si tratta di una delle quaranta ‘carceri fantasma’ d’Italia. Ce ne sono da Ferrara a Reggio Calabria, da Pesaro a Monopoli.
Sono strutture costruite, talvolta già arredate, e poi lasciate lì, vuote e mai utilizzate. La notizia è stata resa nota da un’interrogazione parlamentare fatta dai Radicali, fondata sui dati raccolti dall’Associazione ‘Detenuto Ignoto’. Un paradosso in un sistema al collasso: 66.942 detenuti, al 31 luglio, nei 207 istituti penitenziari italiani, a fronte di una capienza regolamentare di 45.681 unità. In Campania, oltre alla struttura di Morcone, mai messa in funzione, è stato chiuso, dopo essere stato inaugurato e aperto, il carcere di Gragnano, in provincia di Napoli.
FONTE: Sanniopress

Nuovo carcere, presidio anarchico a Trento

TRENTO. Un presidio di area anarchica è annunciato per il 3 settembre alle 15 al carcere di Trento, a Spini, il primo dall'apertura del nuovo istituto, a dicembre. Volantini in proposito sono stati distribuiti ieri davanti alla struttura ai parenti dei detenuti, in quello che è uno dei due
giorni di accesso per i colloqui, insieme al sabato.


"Libertà:
la privazione della libertà non 'educa' nessuno" è l'esordio, in cui si paventa un eventuale ritorno al sovraffollamento e una carenza di servizi rispetto alle prospettive iniziali presentate. Si chiude con un invito a detenuti e familiari a fare conoscere le proprie situazioni, con la promessa di farsene carico e sostenere eventuali proteste.

I volantini sono firmati dalla "Assemblea dei parenti, amici e solidali di Stefano Frapporti", operaio edile di Rovereto, cinquantenne, deceduto in carcere poche ore dopo l'arresto nel luglio del 2009. Un suicidio che i familiari contestarono, mettendolo in dubbio, su cui venne aperta e poi archiviata un'indagine. Nel volantino viene riaffermata la volontà di lottare per lui.

La risposta dei vertici del carcere non si è fatta attendere. "Per com'erano i vecchi carceri di Trento e Rovereto avevano ragione, fermo restando che disapprovo le modalità e l'assenza di proposte alternative". Cosi' il direttore della casa circondariale di Trento, a Spini, Antonella Forgione, commenta l'annunciata protesta di area anarchica in programma il 3 settembre al nuovo istituto di pena.

"Disapprovo - prosegue - come hanno cavalcato il caso di Stefano Frapporti. Quanto alla loro nota posizione di un assoluto 'no al carcere' e 'tutti fuori', chiedo cosa propongano in alternativa, quale risposta a chi dei reati è stato vittima. Le istituzioni sono tutte contestabili in un sistema democratico, ma non mi sembra di averli mai visti proporsi per accogliere forme di detenzione alternativa. Così diventano solo strumentali".



Di protesta intanto una c'è stata dall'interno nei giorni scorsi, quando le televisioni sono state spente all'1 di notte, anziché alle 2. ''Il prolungamento dell'orario - ha chiarito Forgione - era stato chiesto da chi, durante il Ramadan, dorme di giorno per sopportare meglio il digiuno e sta più sveglio la notte. Il ritorno dalle ferie di un operatore ha causato il disguido. Non sapeva del prolungamento e ha spento all'1. Un addetto alla vigilanza però l'ha informato non appena si è accorto che i detenuti battevano sulle sbarre e ne ha chiesta la ragione, così il malinteso è finito e le tv sono state riaccese".

Neppure è l'unica delle rimostranze dei detenuti, che protestano ad esempio quando intendono aggiudicarsi all'interno i lavori migliori, i più remunerati e di fiducia, come quello della cucina, tra i più contesi. Un'altra richiesta di questi giorni è nell'usare la palestra, che partirà a fine settembre.

"Certo è che le proteste - ha aggiunto Forgione - me le trovo pure dai sindacati, perché l'aumento delle attività cambia il lavoro degli operatori. E' diverso vedere gente chiusa tutto il giorno in una cella o doverla fare entrare e uscire, accompagnarla, perquisirla, per le attività, ma è fondamentale ed è in questo che c'impegnamo, anche nei periodi di ferie, in cui l'organico è ridotto, come ora. per ragioni esterne è sospesa qualche attività formativa, però una serie di
laboratori proseguono, come quelli di ceramica, di assemblaggio e di digitalizzazione dell'Archivio storico delle acque, finanziato dalla Provincia".

Partite non risolte d'altra parte ce ne sono, spiega Forgione col comandante della polizia penitenziaria, Domenico Gorla. "Una è quella dei rifiuti, che alcuni gettano dalle finestre, giù nei prati delle aree comuni, che non hanno accessi e che dobbiamo provvedere a pulire. E non si riescono a individuare i responsabili. Eppure stiamo pensando anche alla differenziata e ci stiamo muovendo per avere anche un compattatore, così come per ottenere un ritorno economico da carta e cartone".



fonte: http://trentinocorrierealpi.gelocal.it/